Piergiorgio Odifreddi,
Hai vinto, Galileo!
La vita, il pensiero, il dibattito su scienza e fede
Mondadori 2009, pp. 134, euro 17,50
Un nuovo libro di Odifreddi, la cui prolificità letteraria è davvero eccezionale e nondimeno mantiene livelli di non comune decoro. Un ennesimo discorso su Galileo, soggetto di frequente interesse per l’autore, benché logico matematico e non fisico. La frase più incisiva si trova in chiusura del libro a proposito della mancata visita di Ratzinger all’Università Sapienza di Roma a seguito della lettera di 67 docenti che sconsigliavano il rettore di affidare a persona così intellettualmente chiusa e antigalileiana il discorso di apertura dell’Anno Accademico 2008-9. Dice Odifreddi: “Per una volta, nel nome di Galileo, è stato dunque zittito l’erede di coloro che, per secoli, dal Sant’Uffizio e dalla cattedra di Pietro, hanno zittito lui, e continuano a pretendere di zittire i suoi eredi”. Come accettare una lezione da colui che parla di “dittatura del relativismo”, mostrando di non saper (o non voler) distinguere tra relativismo etico (qualunquismo morale) e relativismo epistemico (ingrediente base della conoscenza)? Come accettarla da un personaggio che propugna una “dittatura dell’assolutismo”, come recita un gustoso epigramma del mio amico Giorgio Rossini su parole di Cristo:
“Io son la via, la verità e la vita”:
con ciò l’intolleranza è garantita.
Ma veniamo al resto del libro, che naturalmente è concepito con quel sano spirito laico e anticlericale che caratterizza tutte le opere di Odifreddi. Mi è accaduto di argomentare con l’autore per il suo vezzo di “sminuire” i meriti del Nostro, quasi ad amplificare la critica di viltà che Brecht gli muove contro, (in modo, si sa, del tutto strumentale); ma devo ammettere che le più approfondite letture delle opere di Galileo, cui lo ha spinto forse il suo ruolo attivo al recente Festival della Mente di Sarzana, hanno indotto Odifreddi a rettificare in larga parte la sua visione, nel senso di dare a Galileo quanto gli spetta. Che è il merito enorme di aver ribaltato la logica del principio di autorità, il dictat dell’ipse dixit, e di aver inventato la messa in discussione di qualsiasi passo conoscitivo, di aver respinto il dogma in quanto espressione di avvilimento morale per l’uomo, che dalla natura è stato dotato di “occhi nella fronte e nella mente”, di aver inventato la ricerca scientifica sistematica, di essere stato il più grande divulgatore scientifico di ogni tempo (una divulgazione fatta, inoltre, a un livello di scrittura che pone Galileo tra i massimi autori nella nostra lingua). Meriti, tutti questi, che gli sono universalmente riconosciuti, come Newton stesso sancì, collocando Galileo sopra Cartesio persino nell’enunciazione del principio di inerzia, che pure nel Nostro fu afflitta dalla pecca dell’inerzialità del moto circolare. Che dire poi delle frequenti premonizioni a lunga scadenza, come quella del corpo in caduta libera che non avverte il suo peso, idea che fu ripresa tre secoli più tardi da Einstein per giustificare il principio di equivalenza in relatività generale?
Odifreddi afferma l’indispensabilità di leggere a fondo le opere di Galileo onde evitare di condannare senza conoscere o conoscere senza capire, posizioni tenute dai tanti denigratori cattolici del Nostro. Leggendo a fondo non solo le sue opere ufficiali, ma anche e soprattutto la corrispondenza privata, si scopriranno quante sono le false leggende che avvolgono il personaggio, a cominciare da quella che fosse un sincero cattolico e non semplicemente un agnostico che, per mera prudenza, teneva per sé i suoi reali convincimenti (questa è una mia convinzione). Se Galileo avesse avuto una fede qualsivoglia, se avesse creduto anche in un solo dogma, sarebbe stato in totale contraddizione con se stesso. E una mente così sopraffina non avrebbe potuto non avvedersene. Purtroppo la leggenda di un Galileo zelante uomo di chiesa continua a sopravvivere ed è essa che consente a taluni studiosi di sponda cattolica di cercare di appropriarsi di Galileo, come si è visto in questo 2009, anno internazionale dell’astronomia: si pensi soltanto alla squallida mostra galileiana che è stata allestita a Roma nella chiesa di S. Maria degli Angeli per ispirazione di Antonino Zichichi.
Per evitare di cadere nello stesso errore della denigrazione di matrice cristiana, Odifreddi percorre l’intera strada che ha portato alla vittoria dell’eliocentrismo: l’antica formulazione di Aristarco, quella moderna di Copernico, l’eroica resistenza di Bruno ai suoi spietati aguzzini, lo sviluppo più sistematico di Keplero e di Galileo stesso, la guerra che fu mossa al primo da Urbano VIII e Bellarmino e al secondo dalla chiesa luterana, la definitiva messa a punto della materia da parte di Newton, le verifiche sperimentali di Bessel e Foucault, la subdola riscrittura della vicenda di Galileo ad opera degli ultimi due papi (fatta passare ipocritamente per “riabilitazione”, senza riconoscere l’indebita condanna emanata della Chiesa in un’area nella quale non aveva né competenza, né legittimità). Cose che non tutti conoscono nella loro completezza e che Odifreddi espone con critica lucidità. Fisica e matematica si intrecciano con la storia a un livello accessibile al lettore comune, con la consueta abilità e brillantezza che si riconoscono all’autore.
Insomma, bel libro semplice e conciso, che propone un rapido ma assai documentato sguardo su una delle vicende più importanti e drammatiche del genere umano e della sua avventura conoscitiva. Un libro dove si illustrano una ad una le principali opere galileiane, non celando quelli che furono i suoi veri errori, e ve ne furono parecchi, data la vastità enciclopedica del suoi studi, a cominciare dall’applicazione del principio d’inerzia, per venire alla natura delle comete o infine, baco più grave, all’errata teoria delle maree. Un libro che insegna più di molti esaustivi trattati sul grande scienziato. Un libro che, in particolare nel capitolo finale, addita in modo schietto le gravi colpe della Chiesa di quel tempo e di quella odierna, chiarendo bene come tra scienza e fede non possa esservi conciliazione. Insomma si legga e, per una volta, si presti fede.