Nel 2007 il matematico Michael A. B. Deakin della Monash University a Melbourne in Australia pubblicò un libro dal titolo “Hypathia of Alexandria, mathematician and Martyr” (Prometheus Books, NY). Nella prefazione così scriveva: “Immaginate un tempo quando il più importante matematico vivente era una donna, peraltro una donna molto attraente, e una donna che era contemporaneamnte il migliore astronomo del mondo di allora.
Immaginate che abbia condotta la sua vita ed il suo lavoro professionale in una città così turbolenta e problematica come sono oggi Beirut o Baghdad. Immaginate che questa donna matematica abbia raggiunto la fama non solo nel suo campo specialistico, ma anche come filosofo e pensatore religioso, capace di attrarre un largo numero di seguaci. Immaginate lei come una vergine martire ma non per la sua Cristianità, ma da parte dei Cristiani perché non era una di loro. E immaginate che il colpevole della sua morte sia stato accolto tra i santi più onorati e significativi della Cristianità.
Non avremmo dovuto sentirne parlare? Non sarebbe dovuto succedere che in ogni libreria fosse stato possibile comprare una sua biografia? La sua vita non avrebbe dovuto essere nota a tutti? Potreste pensare che avrebbe dovuto essere così, ma non è questo il caso. Ed è questa la ragione per la quale ho scritto questo libro.
E fu la insegnante riverita di Sinesio di Cirene che si convertì al Cristianesimo e collaborò a formulare la dottrina Cristiana della Trinità, utilizzando le idee neoplatoniche che aveva appreso da lei”.
In realtà di Ipazia, qualcuno aveva parlato, almeno gli storici e i matematici conoscono il suo nome. “Un giorno fatale, nella sacra stagione della quaresima, fu strappata dalla sua carrozza, spogliata e trascinata alla chiesa e uccisa da Pietro il lettore e da una turba di selvaggi spietati e fanatici. Le fu staccata la carne dalle ossa con gusci d’ostrica, e furono abbandonate alle fiamme le sue membra ancora palpitanti. L’inchiesta sul delitto e la sua giusta punizione furono fermate con opportuni donativi; ma l’assassinio di Ipazia ha impresso una macchia indelebile sul carattere e sulla religione di Cirillo Alessandrino”.
Chi scrive queste parole è il famoso storico inglese Edward Gibbon nella sua monumentale “History of the Decline and Fall of the Roman Empire”(Storia della decadenza e caduta dell’impero romano, Einaudi, 1967) i cui volumi vennero pubblicato tra il 1766 e il 1788. Sta parlando di Ipazia, della sua tragica morte, a proposito della quale aggiunge in una nota che “gusci d’ostrica erano sparsi sulle rive del mare, posso dunque attenermi qui al senso letterale, senza rifiutare la versione metaforica di tegole; non so se Ipazia fosse ancora viva, probabilmente gli assassini non se ne curarono”.
Ipazia eroina cinematografica
Chi era Ipazia e perchè viene uccisa in questo modo così tremendo? Ce lo racconta “Agorà”, film presentato l’anno scorso al festival del cinema di Cannes dal 23 aprile nelle sale italiane. Diretto da Alejandro Amenabar, sceneggiato dal regista insieme con Mateo Gil, con Rachel Weisz nella parte di Ipazia e tra gli attori Max Minghella, Oscar Isaac e Ashraf Barhum, è un filmone di più di due ore, che presenta una ricostruzione fedele della città di Alessandria, e masse di comparse. Insomma, una grande produzione per un drammone d’altri tempi. Un film molto retorico, non molto riuscito, troppo didascalico, in cui l’unica novità è la ferocia dei cristiani che cercano di distruggere il pensiero libero, la libertà di ricercare, e soprattutto, la provocazione di una donna che afferma di cogliere la verità e di credere nella filosofia e nella scienza. Un filmone che avrebbe potuto essere molto più essenziale, metaforico, simbolico e invece diventa un fumettone romantico.
Il film inizia nel 391 quando ad Alessandria Ipazia insegnava nella biblioteca a Sinesio, Oreste e altri giovani. E mette in scena da subito la contrapposizione fra il padre Teone, che non vuole i cristiani, i portatori di croce estremisti, tra i suoi discepoli e Ipazia, che invece dice a tutti gli studenti che sono fratelli. I giovani cristiani vengono frustati da Teone e confortati da Ipazia, che insegna loro il sistema di Tolomeo. Si passa poi a raccontare come i cristiani fanatici, rappresentati tutti vestiti di nero come fossero dei moderni estremisti, vogliano distruggere la biblioteca annessa al tempio di Serapide, dove Ipazia, pur assediata, continua a parlare di Aristarco di Samo e della possibilità che il Sole sia fisso e non la Terra. I Romani se ne lavano le mani e così Teone; Ipazia e i giovani studiosi cercano di portare fuori dalla biblioteca il maggior numero di pergamene. Ma tutto viene distrutto, le opere radunate al centro della biblioteca e bruciate. E della biblioteca si farà una stalla.
Mentre le lotte fra le diverse fazioni religiose continuano a funestare Alessandria, Ipazia continua a studiare, a sperimentare: il gusto della sapienza è più forte di tutto. E interrogata sul perchè non creda in Dio, risponde: “credo nella filosofia”. Finchè, potere della fiction, Ipazia ha la rivelazione: la Terra si muove intorno al Sole, vi sono due fuochi intorno ai quali si muove lungo un’orbita ellittica. Ha scoperto una delle leggi di Keplero! Più di milleduecento anni prima. Infine, i sicari cristiani la denudano, la lapidano e il suo corpo è fatto a pezzi.
Un’ultima annotazione. In una delle scene iniziali del film Ipazia fa un bagno in una vasca, aiutata da uno dei suoi discepoli. Primo piano del sedere dell’attrice che la interpreta. Scena che poi spiega il finale del film con l’allievo divenuto un cristiano estremista.
Vedremo presto, per par condicio, un film su Pitagora che ci mostrerà il fondo schiena del famoso matematico uomo?
Libertà alla cultura, libertà alle donne!