Il primo uomo sulla Luna ci ha lasciato. Sabato scorso Neil Armstrong è morto all’età di 82 anni. Ma quanto è pericolosa ora la vita di un astronauta, con il suo andirivieni dallo spazio? Dall’impresa lunare del 1969, ormai i viaggi spaziali sono diventati routine. E con questi anche i problemi di salute. Gli autori di fantascienza immaginano da sempre pericoli di ogni tipo pronti a piombare sugli incauti astronauti durante i loro lunghi viaggi interplanetari. Nella realtà, ovviamente, i problemi degli astronauti sono di tutt’altra natura, ma non per questo necessariamente meno gravi.
Il corpo umano d’altronde si è evoluto per sopravvivere all’interno dell’atmosfera e del campo gravitazionale terrestre. Osteoporosi, esposizione alle radiazioni solari, disfunzioni del sistema immunitario, sono solo alcune delle conseguenze a cui l’essere umano va in contro quando viaggia nello spazio, al di fuori del suo ambiente naturale. Se mai vorremo compiere lunghi viaggi interplanetari, come ad esempio quello verso Marte, gli scienziati dovranno prima trovare la soluzione a tutti questi problemi. Come fa notare Wired.com.
Nausea spaziale
Come marinai che si abituano al rollare delle onde, gli astronauti hanno bisogno di tempo per abituarsi all’assenza di gravità. Spesso questo porta effetti spiacevoli come: nausea, illusioni visive e disorientamento. La sindrome da adattamento allo Spazio (Sas), colpisce circa metà dei soggetti che si trovano a viaggiare nello spazio, con livelli diversi di gravità. I sintomi sono classificati scherzosamente sulla scala Garn, così chiamata in onore di Jake Garn, astronauta che nel 1985, durante un viaggio sullo space shuttle, sembra abbia patito il caso più grave di nausea spaziale nella storia della Nasa.
Il malessere dura di solito solo per qualche giorno, ma può comunque risultare pericoloso. Per esempio gli astronauti sono obbligati a prendere antiemetici prima di indossare le tute spaziali per missioni all’esterno della nave, perché il vomito all’interno della tuta, in assenza di gravità, rappresenterebbe un rischio molto concreto di rimanere strozzati. Oggi che diverse aziende private promettono di farsperimentare l’assenza di peso durante i viaggi turistici nello spazio, l’effetto della Sas potrebbe diventare una realtà concreta nella vita di un numero crescente di persone. Dopotutto, chi vorrebbe andarsene in giro in una elegante cabina della Virgin Galactic, piena di passeggeri e del loro vomito fluttuante?
I piedi che si spellano e altre situazioni imbarazzanti
Anche quando un astronauta inizia ad abituarsi alla vita nello Spazio, il suo corpo continua a subire diversi strani cambiamenti. L’assenza di peso fa sì che i fluidi all’interno del corpo si muovano più liberamente, concentrandosi in particolare nel busto e nella testa. Questo conferisce alla faccia degli astronauti un aspetto gonfio, che oltre a risultare buffo può causare irritazioni delle mucose e naso chiuso.
Anche la postura si modifica, e un po’ alla volta tutti si trovano a passare il tempo in una strana posizione ingobbita, simile alla posizione fetale. Ma quello che è sicuramente l’effetto più strano della permanenza nello Spazio avviene solitamente a metà missione, quando la pianta dei piedi dell’astronauta si spella come durante la muta di un rettile. Questo avviene perché i calli sotto la pianta del piedi risultano inutili dopo mesi in cui ci si aggira fluttuando, senza poggiare i piedi in terra, e conclusa la loro utilità cadono, lasciando Spazio alla pelle sottostante, giovane e rosea.
Ultimo imbarazzante problema: l’assenza di peso causa un rilassamento progressivo dei muscoli addominali che provoca il rilascio di un gran numero di quelle che vengono definite flatulenze dell’astronauta.
Microbi nello Spazio
I microbi, che sulla Terra si trovano in ogni crepa e fessura, apparentemente sono riusciti a colonizzare anche lo Spazio. Un test eseguito sulla stazione spaziale russa Mir ha scoperto, per esempio, la presenza di 234 specie di batteri e funghi microscopici che vivevano a bordo con gli astronauti. Molti dei batteri erano probabilmente innocui, se non benefici, ma può sempre esserci qualche mela marcia. E infatti il personale della Stazione in servizio tra il 1995 e il ’98 ha riportato un numero significativo di infezioni microbiche, come congiuntiviti, difficoltà respiratorie acute e infezioni dentali.
Test medici hanno dimostrato anche che gli antibiotici sono meno efficaci nello Spazio, e vanno presi in concentrazioni maggiori perché abbiano effetto. Ma più inquietante ancora è stata probabilmente la scoperta che il batterio della salmonella diviene ancora più virulento vivendo in assenza di gravità.
Una missione spaziale di lunga durata, come un viaggio verso Marte, può soltanto aumentare le probabilità che malattie infettive pericolose possano svilupparsi e infettare l’equipaggio. A peggiorare il quadro vi è il fatto che i viaggi spaziali compromettono il sistema immunitario degli astronauti, rendendoli più sensibili agli effetti dei microbi. I ricercatori sperano che gli antiossidanti si rivelino efficaci per contrastare alcuni di questi effetti pericolosi.
Perdita di massa ossea e muscolare
Probabilmente l’effetto più noto dell’assenza di gravità è il progressivo deterioramento dei muscoli e delle ossa. Un astronauta perde in media dall’uno al due per cento della sua massa ossea per ogni mese che trascorre nello Spazio, e anche la massa muscolare svanisce, al ritmo molto più sostenuto del cinque percento a settimana. Non è dunque un caso che la Nasa consideri questo problema uno dei pericoli principali per i voli spaziali di lunga durata.
L’effetto è comunque molto soggettivo. Se alcuni astronauti hanno perso anche il 20 percento della loro massa ossea in 6 mesi, dovendo poi essere trasportati in barella al loro rientro sulla Terra, altri sono più fortunati. Il russo Valery Polyakov, attuale detentore del record di permanenza nello Spazio, riuscì a camminare dalla sua capsula fino ad una sedia al ritorno da un viaggio di 438 giorni nello Spazio.
Al momento un diligente esercizio fisico rimane la miglior terapia a disposizione degli astronauti per mantenersi in forze durante i viaggi spaziali. Sulla Stazione Spaziale Internazionale (Iss) gli astronauti si legano a un tapis roulant progettato per minimizzare le vibrazioni, che potrebbero rovinare i sensibilissimi esperimenti a microgravità che vengono svolti sull’Iss: il Combined Operational Load Bearing External Resistance Treadmill, o più confidenzialmente Colbert. Il nome viene dal comico Stephen Colbert, che riuscì a piazzare il suo nome al primo posto in un concorso per battezzare un nuovo ambiente della stazione spaziale, facendosi votare in massa dai suoi fan. Dopo una contrattazione con la Nasa, e la minaccia che avrebbero dato il suo nome al gabinetto spaziale della stazione, dovette accontentarsi di dare il suo nome al tapis roulant degli astronauti.
Cecità spaziale
Forse un giorno un equipaggio intrepido riuscirà a superare il lungo viaggio di otto mesi per Marte, per scoprire solo una volta in orbita che nessuno, pilota incluso, è più in grado di vedere i comandi della nave. La colpa allora sarebbe di quella che in mancanza di un termine migliore possiamo definire cecità spaziale, cioè la graduale perdita della vista sperimentata da moltissimi astronauti durante le missioni in assenza di gravità.
L’effetto sembra essere proporzionale alla quantità di tempo trascorso nello Spazio: circa il 30 percento degli astronauti impegnati in missioni brevi ha riferito di avere subito un calo della vista, mentre la percentuale raddoppia nel caso di astronauti impegnati in missioni di lunga durata.
La cecità spaziale è una sindrome venuta alla luce solo di recente, per colpa della reticenza delle precedenti generazioni di astronauti, spaventati dall’idea di poter essere considerati non più idonei per le missioni spaziali per via del calo della vista.
Gli scienziati non sono ancora riusciti a comprendere cosa causi questi sintomi, ma hanno suggerito che potrebbero essere collegati a un aumento della pressione dei fluidi all’interno del cranio, che andando a premere sul nervo ottico provocherebbero una sindrome conosciuta come papilledema, disturbo può portare anche alla perdita completa della vista. Sebbene parlare di cecità sia forse esagerato, anche un semplice calo della vista potrebbe essere un problema serio per gli astronauti, soprattutto in missioni di una certa durata.
Tempeste solari e radiazioni
Circa tre mesi dopo il ritorno dell’Apollo 16 dalla Luna, un’enorme esplosione sconvolse la superficie solare, lanciando terribili radiazioni e miliardi di particelle cariche in direzione della Terra. In quel caso fu solo la fortuna a evitare che la tempesta solare, una delle più grandi e pericolose dell’era spaziale, colpisse l’Apollo 16 o l’Apollo 17, che sarebbe stato lanciato solo quattro mesi dopo.
Le tempeste solari e le radiazioni che queste generano sono uno dei più grandi ostacoli per i viaggi spaziali di lungo periodo. Se durante la super tempesta del ’72 gli astronauti si fossero trovati al di fuori del campo magnetico terrestre, sarebbero quasi sicuramente rimasti uccisi dalle radiazioni.
La Nasa è quindi tenuta per legge a proteggere i suoi equipaggi da eventi del genere, nonché dagli effetti a lungo termine delle radiazioni con cui vengono in contatto nello Spazio. Infatti, anche l’esposizione cumulativa alle radiazioni che si ha nello Spazio è un rischio concreto per la salute, poiché aumenta sensibilmente le probabilità di sviluppare tumori. Le linee guida della NASA stimano che per rimanere al di sotto di una percentuale di rischio del tre percento, un uomo dovrebbe passare al massimo 268 giorni nello Spazio, e una donna 159. Una missione per Marte impiegherebbe invece 520 giorni tra andata e ritorno, troppi perché oggi si possa tentare senza correre un serio pericolo.
Polvere tossica
La maggior parte dei rischi dei viaggi spaziali deriva dall’assenza di gravità, ma neppure quando riescono a raggiungere la relativa sicurezza offerta da pianeti e satelliti gli astronauti possono ritenersi al sicuro. Infatti anche questi portano con loro tutta una serie di pericoli strani e potenzialmente letali, derivanti principalmente dalla polvere.
La superficie lunare, per esempio, è completamente ricoperta di regolith, particelle di polvere microscopiche generate dalle eruzioni vulcaniche e dall’impatto dei meteoriti, che hanno la spiacevole tendenza ad appiccicarsi a qualunque superficie. Durante la loro permanenza sul satellite, gli astronauti dell’Apollo si trovarono ben presto sommersi da questa polvere lunare, che può irritare gli occhi, la pelle, o peggio ancora, se respirata, può creare un disturbo molto serio chiamato silicosi.
Nonostante i rischi della polvere lunare, quella marziana potrebbe dimostrarsi ancora più pericolosa. Il Pianeta Rosso è così chiamato perché è ricoperto da una sottile polvere di ossido di ferro, che alcuni ricercatori ritengono sia in grado di corrodere i composti organici come la plastica e la gomma, e di produrre bruciature sulla pelle umana. Gli astronauti che in futuro si troveranno a viaggiare verso queste due destinazioni dovranno quindi prendere serie precauzioni per sigillare a dovere le loro basi.
La psicologia nello Spazio
Viaggiare verso una stazione spaziale su una specie di petardo gigante, sottoposto ad accelerazioni e decelerazioni estreme. Oppure vivere in condizioni disagevoli, confinato e isolato da familiari e amici: sono alcune delle esperienze stressanti che possono diventare veri e propri traumi psicologici per gli astronauti.
Una lista dei sintomi psicologici sperimentati dagli astronauti russi e statunitensi durante le missioni spaziali comprende: affaticamento, letargia, paura di avere l’appendicite, dolori ai denti comparsi dopo avere sognato di avere dolore ai denti, paura di diventare impotenti.
Ad esempio, in passato il comando missione dello Skylab imponeva ritmi di lavoro massacranti all’equipaggio, spesso accorciando le pause pranzo e proibendo agli astronauti di dedicarsi alla loro attività preferita: guardare la Terra e lo Spazio dai finestrini della stazione. Stremato da questo trattamento inumano, nel dicembre del 1973 l’equipaggio dello Skylab scioperò, arrivando ad atteggiamenti di aperta ostilità e minaccia nei confronti dei loro superiori.
Per fortuna esistono anche effetti psicologici positivi dei viaggi spaziali. Durante la loro permanenza nello Spazio, molti astronauti hanno infatti sperimentato quello che Frank White ha definito effetto visione totale. L’effetto è un senso di meraviglia e soggezione nei confronti dell’Universo, che porta a sperimentare epifanie spirituali come un sentimento di unità con la natura, di trascendenza, e di fratellanza universale.
Lo Spazio dunque regala anche esperienze incredibili, e gli psicologi della Nasa stanno cercando di sfruttarle per scopi terapeutici. Ad esempio fare foto della Terra dalla Stazione Spaziale Internazionale potrebbe avere degli effetti benefici sulla mente degli astronauti.
via wired.it
Credit immagine a NeilFraudstrong
Addio Neil…hai scritto la storia!