Fumare marijuana fa male? E quanto? È un tema su cui si discute da decenni, ma i dati scientifici a riguardo continuano a rimanere contraddittori. Oggi, uno studio della Northwestern University sembra portare nuove prove in favore dei possibili effetti negativi a lungo termine della sostanza. I risultati, pubblicati sulle pagine del Journal of Neuroscience, dimostrerebbero infatti che nei giovani il consumo ricreativo della cannabis può provocare l’alterazione della densità e del volume di alcune specifiche aree cerebrali, coinvolte nelle emozioni e nei meccanismi di ricompensa cerebrale. Serviranno però ulteriori studi per confermare le conclusioni degli scienziati.
Fino ad oggi, gli studi svolti sugli animali sembravano indicare che il principio attivo della cannabis, il Thc, può influenzare il cervello, generando dipendenza dalla sostanza. Nessuna ricerca però è riuscita ancora a dimostrare che questo avvenga anche negli esseri umani. I ricercatori della Northwestern University hanno deciso di approcciare la questione studiando non tanto il comportamento dei consumatori di cannabis, quanto la morfologia del loro cervello.
Nello studio, 40 giovani tra i 18 e i 25 anni sono stati sottoposti ad imaging a risonanza magnetica, una tecnica che permette di verificare il volume e la densità delle aree cerebrali su cui agisce il thc. 20 dei partecipanti erano consumatori abituali o occasionali di marijuana (almeno uno spinello a settimana), mentre gli altri non avevano utilizzato la sostanza più di cinque volte nel corso della loro vita. I ricercatori hanno quindi messo a confronto i risultati delle analisi, scoprendo che esistevano diverse differenze morfologiche rilevabili tra i cervelli dei consumatori e dei non consumatori, concentrate in particolare in due aree precise: nucleus accumbens e amigdala, regioni coinvolte nelle emozioni, nei meccanismi di ricompensa cerebrali e di dipendenza da sostanze psicoattive.
L’intensità delle differenze morfologiche osservate è risultata inoltre proporzionale alla quantità di cannabis consumata abitualmente dai partecipanti. I ricercatori hanno quindi valutato i consumatori di marijuana con tecniche psichiatriche, ma nessuno di loro è risultato però dipendente dalla sostanza. Cosa ci dicono dunque questi risultati? Secondo gli autori dello studio, dimostrerebbero l’esistenza di effetti negativi a lungo termine legati ad un consumo anche moderato di cannabis.
Nello studio però, i ricercatori non avevano a disposizione dati sulla morfologia dei cervelli dei partecipanti risalenti a prima che iniziassero a consumare la marijuana. Per questo, è difficile stabilire se le differenze rilevate siano dovute all’utilizzo della sostanza, o se non siano piuttosto loro stesse a causare una maggiore predisposizione al consumo di cannabis. Gli stessi autori della ricerca ammettono quindi che saranno necessari ulteriori studi per verificare la rilevanza dei loro risultati.
Riferimenti: The Journal of Neuroscience
Credits immagine: Andrew Mason/Flickr
Solite minchiate, io dopo aver iniziato a fumare una canna al giorno ho visto i profitti universitari lievitare e di parecchio….
Fascistoni di ricercatori,
La canna fa bene, punto e basta
E guai a chi dice il contrario