A 23 anni dalla sua messa al bando l’amianto rappresenta ancora un grave problema sanitario per gli italiani. Secondo dati forniti da Legambiente questo materiale causa ogni anni circa 4.000 morti. Per questo è ancora necessario, oggi anche di più in occasione della Giornata mondiale delle vittime da amianto, attirare l’attenzione delle istituzioni a tutti i livelli, degli imprenditori e dei privati cittadini sull’urgenza di procedere più velocemente possibile allo smaltimento delle 32 milioni di tonnellate ancora presenti sul territorio italiano. E secondo le stime dell’Inail (Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro), seguendo il ritmo attuale, per farlo serviranno ancora 85 anni.
L’amianto è un materiale che in passato è stato usato in maniera intensiva non solo nell’edilizia ma anche, tra le altre cose, nel confezionamento di abiti resistenti al calore e come componente delle pasticche dei freni delle automobili. La sua natura fibrosa e le sue caratteristiche fisiche lo rendevano particolarmente adatto all’utilizzo in questi ambiti ma anche molto pericoloso per la salute. Le particelle che lo compongono, infatti, sono estremamente sottili e quindi capaci di penetrare molto in profondità all’interno dei polmoni, fino agli alveoli. Qui sono in grado di innescare processi infiammatori, e soprattutto tumorali, provocando il temuto mesotelioma.
Secondo il registro nazionale della malattia redatto dall’Inail, questo tipo di cancro ha colpito dal 1993 al 2008 15.845 italiani. “Il risanamento ambientale, la bonifica e il corretto smaltimento dei materiali contenenti amianto”, ha dichiarato il responsabile scientifico di Legambiente Giorgio Zampetti, “devono essere le priorità per portare a zero il rischio connesso con l’esposizione alla pericolosa fibra. Per questo però occorre un serio impegno da parte innanzitutto delle Regioni e degli altri enti locali e nazionali competenti. Fino ad oggi, purtroppo, i risultati ottenuti sono molto scarsi. È urgente intervenire tanto sui grandi siti industriali quanto sugli edifici pubblici e privati; bisogna completare il censimento e gestire con attenzione i sistemi e gli impianti per il trattamento e lo smaltimento dei materiali contenenti amianto. È poi necessario promuovere una corretta informazione sul problema amianto, su come comportarsi per eseguire interventi corretti e sui rischi derivanti dall’esposizione alle fibre dovuta al deterioramento delle strutture ma anche allo smaltimento illegale dei materiali”.
Non si tratta di un problema di facile risoluzione, vista la quantità di amianto ancora presente. Nel marzo del 2013 con la firma congiunta dei ministeri di Salute e Ambiente, è stato approvato il Piano nazionale amianto. Questo prevede la velocizzazione nella mappatura dei siti contaminati e il supporto previdenziale e sanitario alla persone già malate. L’articolo 10 della legge 257/1992 imponeva alle Regioni e alle Province autonome di redigere, entro 180 dalla sua pubblicazione, il censimento dei materiali presenti sul proprio territorio e i relativi programmi di smaltimento. Tuttavia, a oggi, fa sapere Legambiente, Abruzzo, Calabria, Lazio, Molise, Puglia e Sardegna non li hanno ancora approvati.
“Facciamo appello al Governo”, ha aggiunto Zampetti, “affinché si impegni concretamente nel dare risposte e giustizia alle vittime dell’amianto, come promesso all’indomani dell’assurda sentenza di assoluzione che ha messo la parola fine al processo Eternit nel novembre scorso. Per far questo occorre consentire al più presto l’avvio delle bonifiche dei siti industriali e la rimozione dell’amianto dagli edifici ancora contaminati, attraverso l’attuazione di quanto previsto nel Piano nazionale stesso. Un primo passo utile sarebbe lo stanziamento di circa 20 milioni di euro, da attuare con il sistema degli incentivi per la sostituzione eternit/fotovoltaico, che porterebbe alla bonifica di oltre 10 milioni di metri quadri di coperture in cemento amianto”.
Credits immagine: Marco Romagnuolo/Flickr CC