Piante elettroniche: sbocciate le prime rose

Rosse, profumate, con le spine. E da oggi anche bioniche. In Svezia sono sbocciate le prime rose con circuiti elettrici e sensori inseriti nella rete vascolare, in cui scorre la linfa. L’annuncio arriva dalle pagine della rivista Science Advances, grazie al team di ricercatori guidato da Magnus Berggren, dell’Università svedese di Linkoping.

Non si tratta dell’ultima stramberia tecnologica, ma uno studio frutto di anni di ricerca. L’idea è nata negli anni Novanta, ma solo oggi si apre un campo completamente nuovo: un filone di ricerca che combina elettronica organica e biologia vegetale. Per realizzare queste rose bioniche, gli scienziati svedesi non hanno inserito dei normali fili elettrici nel fusto e nelle foglie della comune rosa da giardino Rosa floribunda, ma dei sottilissimi filamenti di polimeri appositamente creati in laboratorio. Questi nuovi composti, solubili in acqua, sono stati assorbiti direttamente dalle piante attraverso lo xilema, il canale che porta l’acqua alle foglie. Gli autori hanno quindi sfruttato il processo naturale usato dalla pianta per nutrirsi, in modo molto simile a quello utilizzato per colorare i fiori. Dopo aver provato più di una dozzina di diversi polimeri che non hanno funzionato, i ricercatori sono arrivati alla soluzione: il materiale PEDOT, capace di crescere all’interno della rete di vasi linfatici delle piante senza danneggiarli, intasarli e senza avvelenare la pianta.
All’interno dello xilema, PEDOT è in grado di auto-organizzarsi formando filamenti lunghi fino a dieci centimetri, in grado di trasportare segnali elettrici nel fusto e nelle foglie della pianta, mentre questa continua ad assorbire acqua e altre sostanze nutritive normalmente. Così anche ogni punto della superficie delle foglie può essere sollecitato elettricamente, trasformandolo in una sorta di “biopixel” capace per esempio di cambiare colore a comando, solo con l’applicazione di una tensione elettrica.

Ora, grazie a questa nuova tecnologia, si potrà cercare di raccogliere l’energia derivata dalla fotosintesi e realizzare una nuova generazione di celle solari: piante ibride con elementi artificiali, in grado di convertire in elettricità lo zucchero prodotto nella fotosintesi. Oppure provare a ottimizzare e controllare la crescita delle piante, anche di quelle medicinali, accelerando così lo sviluppo di nuovi farmaci.

Riferimenti: Science Advance DOI: 10.1126/sciadv.1501136

Credits immagine: Linköping University

3 Commenti

  1. Nella seconda metà degli anni sessanta, giovane borsista CNR presso il centro miglioramento piante da frutto iniziai a studiare la biblografia relativa alle correnti statiche dei vegetali. Trovai lavori fatti in USA sutale argomento e con mezzi….primitivi acquistati a mie spese iniziai a…..fare qualcosa, ma tempi immaturi …dovetti abbandonare tale campo di ricerca. Nemo profeta in Patria….. Oggi le cose sono cambiate ? Forse si, ma la diffidenza è tanta in troppi addetti ai lavori?

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