Forse fu troppo pessimista Frank Drake, il radioastronomo americano che nel 1961 stimò per primo, con un’equazione che prese il suo nome, il numero di civiltà extraterrestri esistenti in grado di interagire con la nostra galassia. Oggi infatti uno studio diretto da due scienziati della University of Rochester e della University of Washington, rivede quella equazione ed il risultato è sorprendente: le probabilità che siano esistite civiltà extraterrestri sono elevatissime, anche se, sfortunatamente, sarà molto difficile per noi riuscire a incontrarle.
Gli autori dello studio, l’astronomo Adam Frank e l’astrobiologo Woodruff Sullivan, hanno aggiratole grandi incertezze di cui soffrono le variabili dell’Equazione di Drake, affrontando la dibattuta questione sull’esistenza di civiltà tecnologicamente avanzate nell’universo da un punto di vista archeologico. I due ricercatori hanno modificato le indicazioni di Drake in modo da arrivare a stimare non la probabilità che una civiltà aliena tecnologicamente avanzata esista ai giorni nostri, ma che sia effettivamente esistita sin dagli inizi dell’universo.
I risultati indicano che l’evoluzione della nostra specie non è stata l’unica e che probabilmente molte altre si sono evolute in passato. Quindi non siamo soli nell’universo? Stando alla nuova formula è probabile che, quanto meno, non lo siamo sempre stati. Il risultato di questo studio potrebbe inoltre avere applicazioni pratiche: secondo i ricercatori, infatti, aiuterà a mettere a punto dei modelli di studio sulle interazioni tra civiltà tecnologicamente avanzate ad alto impatto energetico e il pianeta che li ospita. Considerando che secondo questa ricerca un ampio campione di civiltà tecnologicamente avanzate potrebbe essersi già estinto nell’universo, chissà se gli studiosi potranno un giorno dirci quali errori evitare e per quanto ancora saremo in grado di sopravvivere su questa terra.
Riferimenti: Astrobiology
Articolo prodotto in collaborazione con il Master in Giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza dell’Università di Ferrara
Nell’Universo c’è un asimmetria fondamentale:
mentre (con l’energia Atomica) si può produrre un’enorme quantità di energia con una quantità modesta di materia,
occorre invece una quantità enorme di energia per produrre una piccola quantità di materia.
Il che comporta che anche una ipotetica civiltà aliena molto più avanzata di noi mentre potrebbe produrre in “proprio” l’energia che gli serve, dovrebbe comunque andare a prendersi le “materie prime” dove ci ha già pensato “madre Natura” a produrle.
Questo comporta un espansione Galattica diversa da quella che le civiltà umane hanno realizzato sulla Terra:
mentre le civiltà umane tendono di solito ad espandersi “a macchia d’olio” un’espansione galattica si
dovrebbe realizzarsi a “macchia di leopardo”, selezionando i sistemi planetari capaci di mantenerle milioni di anni e scartando quelli che potrebbero mantenerli pochi migliaia di anni.
Ovvero se una rete di civiltà si estende nella galassia,
allora sarà una rete dalle maglie molto larghe, e noi potremmo essere al
centro di una delle immense “enclavi galattiche dimenticate”
Ovviamente nulla vieta di pensare che vengano mandati veicoli guidati da robot a fare qualche “ricognizione” nelle zone “dimenticate”.
Semmai dovremmo ipotizzare un sistema di comunicazioni quantistico in cui i messaggi viaggiano attraverso altre dimensioni, altrimenti le comunicazioni di questa civiltà le avremmo comunque già intercettate.