(UniTrento) – Internet e i social network sono ampiamente utilizzati nella tratta di esseri umani e nel traffico di migranti e richiedenti asilo: a denunciarlo sono i risultati del progetto europeo “Surf&Sound”, condotto dal gruppo di ricerca ecrime dell’Università di Trento, che oggi sono stati presentati alla Facoltà di Giurisprudenza nel corso di una conferenza rivolta in particolare a rappresentanti delle forze dell’ordine e di organizzazioni non governative. Il progetto ha impegnato il gruppo di ricerca per tre anni e ha ricevuto un finanziamento di 300mila euro, con un obiettivo: monitorare le strategie di trafficanti e organizzazioni criminali per attirare migranti e rifugiati e aiutare così operatori e forze dell’ordine a svolgere meglio il proprio lavoro.
La tratta di esseri umani e il traffico di migranti due attività criminali organizzate a livello internazionale molto redditizie e in rapida espansione. Fenomeni che negli ultimi anni si sono evoluti, adattandosi ai continui cambiamenti del contesto geopolitico, sociale e tecnologico. Internet viene impiegato in modo massiccio nelle varie fasi di reclutamento, trasporto e – in riferimento alla tratta – sfruttamento, sia nei Paesi di origine/transito sia in quelli di destinazione. Questo perché la rete permette ai criminali di rimanere distanti dalla transazione illecita, favorendo il contatto diretto tra i compratori del sesso a pagamento con le vittime di tratta.
“Dall’analisi degli annunci in internet – si spiega nel progetto – risulta evidente come i criminali coinvolti nel traffico di migranti conoscano molto bene le normative nazionali, sovranazionali e internazionali legate ai visti e alle procedure per richiedere asilo e come riescano a sfruttare le vulnerabilità di tali legislazioni. Sono state infatti trovate numerose pagine internet (specialmente sui social network) in cui vengono forniti suggerimenti su dove e come fare la richiesta d’asilo e sui Paesi in cui emigrare”. Un dato che è stato confermato anche dalle conversazioni al telefono tra i ricercatori e le ricercatrici di eCrime con i trafficanti e partite da annunci presenti nei social network. Nel dark web (la parte di internet che non può essere raggiunta attraverso i comuni motori di ricerca) il gruppo di ricerca ha trovato persino un manuale con una serie di suggerimenti utili per le persone che vogliono dedicarsi a questa attività illegale.
“Dai risultati del progetto – si rileva nelle conclusioni – emerge la necessità di mettere in atto un approccio coordinato e multidisciplinare, in cui giuristi, criminologi, appartenenti alle forze dell’ordine e alle organizzazioni non governative, scienziati/e dell’informazione ed esperti/e di informatica fondano le loro competenze per elaborare adeguate strategie di prevenzione e contrasto al fenomeno”.
Le informazioni raccolte durante il progetto offrono importanti spunti sul come si possano condurre indagini mirate, rendendo più efficace ed efficiente il lavoro delle forze dell’ordine. L’elaborazione e l’utilizzo di adeguati strumenti informatici, inoltre, potrebbe aiutare le forze di polizia e le altre istituzioni nelle attività di intelligence grazie al monitoraggio e all’analisi costante di simili contenuti online.
Allo stesso tempo risulta necessario il contributo del diritto nazionale, europeo e internazionale. Dai risultati emerge infatti che i trafficanti conoscono le normative sul diritto d’asilo in modo molto puntuale e che sfruttano le vulnerabilità oggi esistenti. La riflessione che si apre pone degli interrogativi anche a livello istituzionale: come migliorare la normativa in modo da renderla più “a prova di criminale”? Quali obblighi e quali sanzioni possono essere previsti per i siti e per i social network che ospitano gli annunci dei trafficanti? Come creare, inoltre, adeguati strumenti di cooperazione giudiziaria in questi fenomeni che sono, per loro natura, transnazionali?
La tratta di esseri umani: fenomeno sempre più vasto e grave
La tratta di esseri umani – come riportato nel progetto – può essere considerata come una moderna forma di schiavitù e comporta “il reclutamento, trasporto, trasferimento, l’ospitare o accogliere persone, tramite l’impiego o la minaccia di impiego della forza o di altre forme di coercizione a scopo di sfruttamento”. Le vittime di tratta sono spostate fisicamente da un luogo all’altro e sfruttate a fini sessuali, lavorativi, per schiavitù o prelievo di organi.
In alcune parti del mondo persiste ancora una predominanza del reclutamento offline, ad esempio la maggior parte delle vittime di tratta nigeriane sfruttate per la prostituzione. Tuttavia l’emergere del reclutamento online ha ampliato la platea di potenziali vittime, aumentato il numero dei Paesi di provenienza delle vittime stesse e ha abbassato la loro età media (che oggi, molto più spesso di prima, sono minorenni). I social network sono stati i canali che prevalentemente hanno permesso di identificare elementi inerenti al reclutamento. Tra questi Facebook è quello di maggior utilizzo, seguito da Instagram e Twitter. Proprio su questi social network non sempre è facile distinguere tra annunci leciti con reali offerte di lavoro da quelli che nascondono invece reclutamento a fini di tratta.
Per questo durante il progetto sono stati elaborati degli indicatori che potessero guidare ricercatori e ricercatrici (ma anche, in un futuro, le forze dell’ordine o le organizzazioni non governative) nel riconoscere gli annunci più “a rischio”. Tra questi: la pubblicizzazione di lavori offerti locali/aziende con foto diverse in annunci diversi, l’assenza di informazioni dettagliate sulle mansioni da svolgere, sui pagamenti, sul luogo di svolgimento della prestazione e sul datore di lavoro.
La forma di sfruttamento che sembra maggiormente influenzata dall’avvento di internet è quella sessuale. Anche in questo caso il canale principale utilizzato sono i social network, soprattutto Facebook. Sono numerosi i siti e gli annunci online (anche in lingua italiana) in cui vengono pubblicizzati i servizi sessuali delle vittime di tratta, spesso simulati da annunci per altre attività.
L’avvento di internet sta facendo emergere nuove forme di sfruttamento sessuale interamente online, come le video-chat a sfondo erotico. Come per la fase di reclutamento, non è sempre facile distinguere un annuncio internet che pubblicizza servizi posti in essere da vittime di tratta da uno che pubblicizza prestazioni volontarie.
Anche in questo caso sono stati creati degli indicatori ad hoc. Tra questi: l’utilizzo di foto uguali in siti/annunci diversi con informazioni diverse sulla persona e sulle prestazioni (come costi o numeri di telefono), incongruenze tra la persona presente nella foto dell’annuncio e le informazioni presenti (ad esempio nazionalità, o età), l’utilizzo di immagini di persone molto giovani (probabilmente minorenni), annunci che pubblicizzano servizi (soprattutto sessuali) offerti da persone diverse da quella che scrive l’annuncio.
La difficoltà di distinguere tra annunci leciti e annunci che nascondono lo sfruttamento delle vittime di tratta è particolarmente elevata nel caso di sfruttamento a fini lavorativi. Le informazioni prevalenti raccolte su questo punto nel corso del progetto derivano infatti dalle interviste in profondità con gli esperti. I due gruppi etnici che prevalentemente emergono dalle interviste sono quella egiziana, nel caso dei minori, e la nigeriana, per le donne, con un aumento di casi di persone dall’est Europa. Gli ambiti di lavoro spaziano in base al genere: per le donne, specialmente dell’est e dall’Africa centrale, è tipico trovare lavori come badante, parrucchiera o babysitter; gli uomini invece è più frequente vengano utilizzati nel settore dell’edilizia e dell’agricoltura (in special modo quella stagionale) e nel commercio. Una delle interviste in particolare, solleva la questione dei campi di lavoro siciliani, dove le ragazze rumene oltre ad essere sfruttate in ambito lavorativo nelle serre, vengono sessualmente abusate e violentate dai propri datori di lavori. Si crea quindi una sovrapposizione tra le due tipologie di sfruttamento.
Traffico di migranti e richiedenti asilo: ecco le trappole online
Il traffico di migranti e di richiedenti asilo, invece, si basa su un rapporto contrattuale tra il trafficante e il potenziale migrante. A differenza della tratta, nel traffico di migranti l’elemento della transnazionalità è essenziale e solo occasionalmente i migranti sono destinati a una qualche forma di sfruttamento nel Paese di arrivo.
Sono centinaia i profili, le pagine e i post sui social network (specialmente Facebook, ma anche Instagram e Twitter) attraverso cui i trafficanti di uomini promuovono e pubblicizzano i loro servizi. Una promozione che avviene (a differenza della tratta) “alla luce del sole”, come se il servizio venisse offerto da una normale agenzia di viaggi.
Presenti anche contenuti web meno espliciti ma comunque connessi al fenomeno per cui sono stati elaborati degli indicatori di rischio. Ad esempio: la presenza nell’annuncio di alcune immagini specifiche (la bandiera europea o il visto); la dicitura “visa schengen” nel nome del profilo, della pagina o del post; la proposta e/o l’offerta di vendita di documenti, l’offerta di viaggi per l’Europa; la presenza di contenuti concisi che fanno riferimento a determinate tratte o luoghi (quali Turchia, Siria e Libia); la richiesta da parte del responsabile dell’annuncio di essere contattato solo tramite social network o applicazioni mobili.
Molto spesso questi annunci sono in lingua araba e contengono numeri telefonici da chiamare per avere maggiori informazioni, sfruttando forme di comunicazione difficili (se non impossibili) da intercettare (ad esempio Viber o WhatsApp).
Grazie al contributo di un ricercatore di madrelingua araba, nel corso del progetto è stato possibile contattare i trafficanti. Durante la telefonata sono state fornite informazioni relative ai “pacchetti di viaggio” (diverse rotte e mezzi a cui corrispondono prezzi diversi), orari e giorni di partenza e documenti che possono essere forniti illegalmente. La maggior parte dei servizi di viaggio offerti online dai trafficanti partono da Turchia, Libia e Siria. Dato confermato anche dall’analisi delle parole più ricorrenti negli annunci analizzati.