Per diagnosticare la malattia di Alzheimer in futuro potrebbe bastare un semplice esame del sangue. Un test economico e semplice da utilizzare, efficace già nelle fasi più precoci della malattia. Questa almeno è la speranza di un team di ricercatori dell’Università di Lund, che sulle pagine di Jama Neurology hanno appena descritto i risultati ottenuti con una nuova tecnologia, che permette di identificare nel flusso sanguigno i marcatori caratteristici dell’accumulo di proteina beta amiloide nel cervello. Un indizio prezioso – spiegano – per riconoscere gli stadi precoci dell’Alzheimer, e iniziare quindi le terapie quando hanno maggiori possibilità di risultare efficaci. E l’attesa, in questo caso, potrebbe essere minima: in autunno partirà infatti un trial clinico che valuterà l’efficacia del test negli studi dei medici di famiglia svedesi.
La diagnosi dell’Alzheimer
Attualmente, gli unici test diagnostici disponibili sono piuttosto invasivi. Necessitano infatti di un prelievo di fluido cerebrospinale, la cosiddetta puntura lombare, o un esame di imaging cerebrale, realizzato con la risonanza magnetica funzionale, o con la Pet. Procedure costose che possono essere realizzate solamente da uno specialista. E che spesso finiscono per essere utilizzate quando la malattia ormai non è più nei suoi stadi iniziali. “Si tratta di metodologie costose, disponibili solamente in seguito a visita specialistica”, spiega Sebastian Palmqvist, coordinatore dello studio. “È per questo che la ricerca indaga da tempo la possibilità di utilizzare alternative più semplici”.
Un esame del sangue
Una delle alternative più studiate in effetti sono proprio i test del sangue. Semplici, facili da realizzare e prescrivere anche per il medico di famiglia, la figura più adatta per intercettare precocemente i casi sospetti. Purtroppo, nessuno di quelli sviluppati fino ad oggi aveva ancora mantenuto le promesse. La metodologia utilizzata dai ricercatori svedesi, però, è differente. Come i suoi predecessori cerca le tracce di proteina beta amiloide nel sangue dei pazienti. Ma lo fa attraverso una procedura automatizzata, che aumenta l’efficacia del test, e lo rende più economico e semplice da utilizzare. Messo alla prova su 842 malati svedesi e 237 tedeschi, rappresentativi di tutti gli stadi di sviluppo della malattia, ha mostrato una precisione diagnostica paragonabile a quella delle tecniche utilizzate attualmente.
Presto un trial clinico
Tra le carte vincenti del nuovo test c’è anche una partnership importante: una casa farmaceutica, particolare che rende più probabile un passaggio veloce della tecnologia alla fase di sperimentazione clinica. “Collaboriamo con la Roche da moltissimo tempo – racconta Oskar Hansson, neurologo dell’Università di Lund che ha collaborato alla ricerca – e finalmente ci stiamo avvicinando al livello di accuratezza che permetterebbe di utilizzare il test come routine clinica in tutti gli studi medici del mondo”. In autunno – assicurano i ricercatori svedesi – prenderà il via il primo trial clinico della tecnologia, che testerà l’efficacia del test coinvolgendo un ampio numero di medici di famiglia. Se tutto andrà come sperato, la nuova tecnologia potrebbe presto venire utilizzata per la diagnosi precoce dell’Alzheimer. E potrebbe dare una spinta importante anche allo sviluppo di nuovi farmaci, perché aiuterebbe il reclutamento di pazienti per la sperimentazione di nuove molecole nelle primissime fasi della malattia.