Alfred Bernhard Nobel è nome universalmente noto per l’invenzione della dinamite e per aver dato vita al premio che ogni anno conferisce riconoscimenti ai più importanti personaggi della cultura e della scienza di tutto il mondo; ma avrebbe goduto di tanta popolarità e prestigio senza il contributo del piemontese Ascanio Sobrero, quasi ormai dimenticato dal grande pubblico? Eppure, fu lui a inventare la nitroglicerina, dalla quale Nobel ricavò la dinamite e costruì la sua fama. A conferma dell’importanza delle scoperte del grande chimico piemontese nella successiva opera di Alfred Nobel è il fatto che nel Museo Nobel di Sanremo, allestito nella villa nella quale lo scienziato svedese visse gli ultimi anni della sua vita e nella quale morì nel 1896, è conservata l’ampolla con il campione della nitroglicerina scoperta da Ascanio Sobrero, insieme al busto marmoreo del chimico italiano. Del resto, Sobrero e Nobel furono sempre rispettosi l’uno dell’altro e tennero tra loro una cordiale corrispondenza. E anzi Alfred Nobel, divenuto ricco grazie alla nitroglicerina, riconobbe al piemontese una pensione vitalizia quale ringraziamento.
Ascanio Sobrero nacque a Casale Monferrato, in Piemonte, il 12 ottobre 1812 da una famiglia notabile originaria di Cavallermaggiore, con importanti relazioni sociali e rapporti di parentela; una sua nipote di Casale sposò lo statista Giovanni Giolitti. Ascanio Sobrero compì i primi studi nel Real Collegio di Educazione della sua città natale; quindi, la famiglia si trasferì a Torino, dove il professor Giuseppe Sobrero, padre di Ascanio, era stato nominato segretario della Regia Università; e Ascanio, nel 1828, si iscrisse al Magistero, passando per un esame che meritò la lode. Conseguita la laurea in medicina nel 1832 e chirurgia nel 1833, grazie all’interessamento dello zio Carlo Raffaello, direttore del Laboratorio chimico dell’Arsenale di Torino iniziò a occuparsi di questioni chimiche. Nel 1835, si presentò all’esame per ottenere il titolo di «dottore aggregato all’Università di Torino»; lo fece con una tesi di 160 pagine, tutta in latino, sui nervi, spiegando la loro funzione e le caratteristiche patologiche delle neuriti, in relazione all’anatomia umana. La tesi, molto apprezzata e lodata da scienziati italiani e stranieri, non venne giudicata sufficiente per consentirgli l’accesso al posto cui aspirava. Fu l’episodio che mutò il corso della sua vita. Sobrero,infatti, anche su consiglio di Vittorio Michelotti e dello zio paterno Carlo Raffaele, abbandonò la medicina, per dedicarsi alla chimica; e ne guadagnò la scienza.
Nel 1840 si recò a Parigi per lavorare presso il laboratorio di Théophile Pelouze, dove assai sviluppate erano le ricerche sull’azione dell’acido nitrico sulle sostanze organiche e sugli effetti esplosivi che ne derivavano. Nel 1843 si trasferì presso il celebre laboratorio di Justus von Liebig a Giessen.
Rientrato a Torino, assunse l’incarico di assistente alla cattedra di chimica generale e docente di chimica presso la Scuola di meccanica e chimica applicata alle arti. Nel 1847, la sua grande invenzione: la nitroglicerina, inizialmente da lui chiamata «piroglicerina». Ascanio Sobrero realizzò la sua invenzione nel laboratorio della Scuola Meccanica e Chimica applicata alle arti di Torino; la presentò, sigillata in una boccetta contenente 300 centimetri cubi della sua “creatura” alla Reale Accademia delle Scienze. Il chimico piemontese giunse alla sua invenzione attraverso studi attenti e rigorosi. Un suo biografo scrive: «Prima della nitroglicerina, egli diede vita al nitro saccarosio fulminante, meno energico, chiamato anche “vixorite” e continuò gli studi sopra i composti detonanti prodotti con l’acido nitrico e lo zucchero, sopra la destrina, la lactina, la mannite e la nitroglicerina». Soprattutto la nitroglicerina fu invenzione veramente rivoluzionaria; c’è chi ha ricordato quanto abbia beneficamente influito nella realizzazione di importanti opere pubbliche, particolarmente per gli sbancamenti per la costruzione di strade e ferrovie, di trafori e gallerie. Ma Ascanio Sobrero, prima di dedicarsi alla chimica, era stato anche medico e fondamentale fu proprio la sua capacità di osservazione appresa con gli studi di medicina, ad aver dato vita alla nitroglicerina; sperimentandola su se stesso, constatò l’azione della sua invenzione sui vasi sanguigni, con funzioni vasodilatatrici. Sobrero diede così inizio al processo che gradualmente portò all’applicazione clinica della nitroglicerina, che, insieme ai suoi derivati, hanno più diffuso impiego nelle malattie cardiovascolari, in particolare nella cardiopatia ischemica,molto diffusa con significative percentuali di casi mortali. Va detto che le malattie cardiovascolari sono ancora oggi curate con la nitroglicerina e i suoi derivati; ma le preparazioni farmacologiche dei nitroderivati vanno dalla pillola– che contiene 0,4 mg di nitroglicerina – allo spray, ai cerotti transdermici.
In una pubblicazione edita all’indomani delle celebrazioni per il primo centenario della morte di Ascanio Sobrero, si legge: «I meccanismi generati dalla NTG e dai suoi derivati quali l’isorbide i-nitrato e mononitrato, trovano applicazione clinica, oltre che nell’angina pectoris, anche nelle insufficienze cardiache, nell’infarto miocardico acuto, sia a livello vascolare periferico che centrale; nella dispnea parossistica notturna, nel morbo di Raynaud, nell’ambiopia tossica nonché durante lo studio emodinamico, per eliminare eventuali spasmi». Poco dopo la nitroglicerina, preparò anche la “nitro mannite”, utilizzata come esplosivo in luogo del fulminato di mercurio; avrebbe dato luogo ad altri importanti lavori scientifici: nitro mannite, nitro saccarosio, l’olivile. Dal 1848 insegnò chimica docimastica all’Università di Torino. Nel 1851 fece nascere il sobrerolo, idrato di pirrolo, successivamente rinominato sobrerolo in suo onore e ancora oggi usato farmacologicamente come stimolante respiratorio.
Dal 1860 al 1882 fu alla Scuola di Applicazione per ingegneri del Valentino. Collaborò a lungo con Francesco Selmi, esule a Torino dopo i moti del 1848. Fu anche membro dell’Accademia Nazionale delle Scienze. Ascanio Sobrero fece studi accurati sulle acque minerali, in particolare sulle fonti di Montecatini, e sulle acque in generale; studi che si rivelarono di importanza fondamentale. Si occupò anche della produzione del ghiaccio e di refrigerazione. L’industria frigorifera era ai primordi e disporre di ghiaccio una necessità. Sobrero sottolineò l’esigenza di «possedere ghiaccio in tutte le stagioni per conservare cibi e mitigare la temperatura del corpo. Le esperienze di questi ultimi quarant’anni, dacché fummo visitati dal colera, hanno evidenziato la necessità di avere ghiaccio da somministrare abbondantemente agli infermi di questa tristissima malattia»; illustrò anche le conseguenze che il gelo comporta sulle costruzioni e sui materiali impiegati e mise in guardia i futuri ingegneri: «Se voi ricoprite un muro con una arricciatura di malta e calce e, se dopo l’operazione sopravviene il gelo, vedrete nella primavera questa arricciatura staccarsi e cadere. Ecco perché i muratori, durante l’inverno, vanno cauti a compiere certi lavori». E aggiunse un’avvertenza: «i cibi congelati, allorquando disgelano, si trovano tutti scomposti, né possono conservarsi siccome tali e si guastano tosto, perché le cellule che contengono gli umori vegetali alterate e rotte», ciò che non si verifica oggi con la pratica allora sconosciuta della surgelazione.
Sulle proprietà dell’acqua – a temperatura normale, ghiacciata e bollente – svolse studi e osservazioni, giungendo a conclusioni che oggi ci appaiono assolutamente naturali, ma che allora erano sconosciute. Uno studio di Sobrero sulle fognature torinesi fu anticipatore della lotta contro l’inquinamento e la contaminazione chimica e microbiologica del sottosuolo provocata dall’infiltrazione, nella falda idrica, di oltre quattromila pozzi neri. Molto importante fu l’attenzione che il chimico piemontese rivolse ai problemi dell’agricoltura, al punto da venire nominato, nel 1872, presidente della Reale Accademia di Agricoltura; Sobrero, a seguito di una perdurante siccità, rilevò alcuni difetti da correggere: «nessun insilamento era praticato per conservare il mais ed altri foraggi per uso invernale; scarse rotazioni delle colture agrarie; pochi aratri di ferro chiamati a sostituire quelli di legno; nessuna falciatrice o mietitrice meccanica, ma soltanto alcune trebbie; assenti le concimaie ed i maceratoi sociali». Il grande chimico, smantellando le convinzioni dell’epoca che erroneamente consideravano l’oidio «un falso parassita, che si insedia nell’umore vischioso presente negli organi della pianta», suggerì la solforazione delle viti, che, grazie ai risultati dei suoi studi, divenne pratica consueta.
Sobrero fu anche ecologo; osservò: «Nei corsi d’acqua, nei quali la macerazione della canapa si pratica muoiono tutti gli animali ac-quatici e ciò per l’acido solfidrico che proviene dalla putrefazione e per il diluirsi nelle acque di quel principio narcotico che caratterizza le piante del genere cannabis. Dopo il periodo di macerazione i torrenti non hanno più pesci e se non si corre ai ripari a poco servono le restrizioni alla pesca e gli incoraggiamenti alla piscicoltura. Inoltre, le infiltrazioni avvelenano le acque dei pozzi, che si arricchiscono di germi di crittogame, con danno per la salute umana». E fu anche ambientalista allorquando trattò il tema della selvaggina legato all’ambiente e alla caccia. Sobrero scrisse: «L’agricoltura e le rotazioni, che non lasciano un solo palmo di terreno tranquillo, tolgono agli animali selvatici la quiete necessaria per dimorare e nidificare. Si aggiunga a tutto questo la distruzione dei boschi e delle sorgenti d’acqua… Si caccia abusivamente, sicché quando si apre la stagione venatoria la selvaggina è già scomparsa. L’accresciuto numero del porto d’armi e del permesso di caccia non ha fatto che aumentare il numero dei cacciatori di frodo, che sono i peggiori distruttori di selvaggina». Il chimico piemontese sottolineò con forza «l’uso oculato e razionale dei prodotti parassitari e chimici in genere a largo spettro d’azione»; e, a proposito di un flagello di farfalle che aveva colpito il Piemonte, sentenziò che la tossicità era «riconducibile, non già agli insetti, che danneggiano il grano, bensì alle sostanze chimiche (arseniati e solfati) usate per distruggerle».
Ascanio Sobrero fu buon poliglotta: conosceva bene il latino, greco e, tra le lingue “vive” oltre all’italiano, il francese, il tedesco, l’inglese; fece parte di tutte le commissioni tecniche delle esposizioni pubbliche di Torino; e, su incarico di Cavour, si recò per l’Esposizione internazionale di Londra, in altre località dell’Inghilterra, in Scozia e Irlanda per studi su prodotti chimici e diverse industrie agricole.
Sobrero, lavoratore instancabile e innamorato del proprio lavoro e del proprio paese, pur sofferente di cuore e di disturbi circolatori, nel 1884 venne eletto presidente della commissione delle industrie chimiche e si impegnò anche sul piano amministrativo, venendo eletto assessore all’igiene di Torino. In precedenza, era stato insegnante di chimica del futuro re Umberto I.
Ascanio Sobrero si spense a Torino il 26 dicembre 1888, all’età di 76 anni.
Articolo pubblicato su Sapere di Dicembre 2012, con il titolo originale “Il nonno italiano della dinamite”. Ecco come abbonarsi alla rivista
Waldimaro Fiorentino è giornalista.
Bell’articolo, è molto interessante scoprire queste figure semisconosciute tuttavia fondamentali per la scienza