L’ultimo aggiornamento rilasciato dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) parla di 131 casi di infezioni e di 32 morti per il virus H7N9, responsabile dell’influenza aviaria che sta colpendo la Cina. La curva epidemiologica, consultando il documento, si è abbassata, con il numero di casi registrati in netta diminuzione dai picchi di aprile. Ma questo non significa che bisogna abbassare la guardia su H7N9, perché, come ha recentemente precisato Margaret Chan, direttore generale dell’Oms: “I virus si reinventano costantemente. Nessuno può prevedere il corso futuro di questa epidemia”. Oggi però, qualcosa di più sulle caratteristiche di questo virus arriva da uno studio pubblicato su Science, che ne ha indagato il profilo di patogenicità nei mammiferi.
Come ha affermato la stessa Chan, la possibilità di trasmissione da uomo a uomo è trascurabile, non essendo stata osservata, e questo, almeno per ora, scongiura il rischio di pandemia. Per indagare a fondo l’infettività del virus, un team di ricercatori ha studiato cosa accadeva però infettando col virus dei furetti, un modello animale per le influenze umane.
Inoculando il virus (prelevato da una vittima dell’ influenza) in alcuni di questi animali gli scienziati guidati da H. Zhu dello Shantou University Medical College hanno osservato come la carica virale presente nel muco nasale dei furetti raggiunga livelli elevati già prima della comparsa dei sintomi tipici della malattia. Questo, suggeriscono i ricercatori potrebbe indicare che siano presenti più casi di contagi in giro di quelli registrati.
Gli scienziati hanno poi osservato che il contatto tra gli animali promuove la diffusione del virus, mentre questa non è efficiente per via aerea e che gli organi più interessati dall’infezione sono principalmente le basse e alte vie aeree, i linfonodi, ma anche il cervello. Nei maiali invece, i ricercatori hanno mostrato come il virus non riesca a trasmettersi da questi animali infettati ad altri maiali o a furetti sani.
Le analisi svolte dal team di Zhu mostrano quindi che il virus nei mammiferi può per ora, con le dovute limitazioni, considerarsi comunque infettivo, e che per impedire una possibile, ulteriore, diffusione il primo passo sarebbe evitare che l’H7N9 diventi endemico nel pollame (la fonte più probabile del virus). E farlo, significherebbe riconsiderare la gestione dei mercati stessi di pollame, soprattutto nelle aree urbane, concludono i ricercatori. Non a caso, la diminuzione dei casi di infezione da H7N9 si è cominciata a vedere soprattutto dopo la chiusura dei mercati di uccelli vivi.
Via: Wired.it
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