Con la prova costume incombente, quanti di noi stanno ricorrendo a una dieta, sperando di tornare in fretta al culmine della forma fisica? Sulla carta sembra facile, ma quando si tratta di fatto di seguire la dieta… uno spuntino è sempre dietro l’angolo, pronto a tentarci. Tranquilli, la colpa non è vostra, ma dei cosiddetti neuroni Agrp, le cellule responsabili per la fame contenute nel nostro cervello. Secondo un nuovo studio, pubblicato su Nature, sarebbero questi neuroni la causa di quello sgradevole senso di fame che ci rende impossibile resistere a uno snack.
In un ambiente dove cibo appetitoso è sempre a portata di mano, spiega Scott Sternson, autore principale dello studio, ignorare questi stimoli può risultare fastidioso. Da un punto di vista evolutivoperò hanno perfettamente senso. Per i primi esseri umani, infatti, trovare cibo e acqua voleva dire avventurarsi in un ambiente pericoloso, cosa che richiedeva un certo incoraggiamento psicologico.
“Quello che sospettiamo è che questi neuroni agiscano come un antico sistema motivazionale che ci forza a soddisfare i nostri bisogni fisiologici,” ha aggiunto Sternson, il cui team ha anche dimostrato che un altro gruppo di neuroni, chiamati neuroni Sfo, e’ invece responsabile per la sensazione della sete.
I neuroni Agrp, infatti, non ci spingono direttamente a mangiare, ma piuttosto a rispondere ai segnalisensoriali che indicano la presenza di cibo. Nonostante la fame colpisca quasi ogni cellula del corpo, ed esistano diversi tipi di neuroni che si occupano di assicurarsi che ci nutriamo quando le riserve energetiche sono basse, fino ad ora gli scienziati non erano riusciti a collegare il senso della fame alla sgradevole sensazione psicologica ad essa collegata.
Nello studio, consistente in una serie di esperimenti comportamentali, i ricercatori hanno offerto a un gruppo di topi ben nutriti due gel, uno al sapore di fragola e l’altro al sapore di arancia. Nessuno dei due gel conteneva alcun fattore nutritivo, ma entrambi sono stati assaggiati dai topi.
In seguito, gli scienziati hanno attivato i neuroniAgrp presenti nel cervello dei topi mentre essi consumavano uno dei due sapori, generando una falsa sensazione di fame. Nei test successivi, gli animali hanno evitato il sapore associato all’attivazione delle cellule.
Nell’esperimento opposto, gli scienziati hanno invece disattivato i neuroniAgrpmentre topi affamati consumavano uno dei due sapori, e hanno osservato che questo spingeva gli animali a sviluppare una preferenza nei confronti di questo sapore.
In generale, i topi tendevano ad evitare situazioni in cui le cellule Agrp erano attive, e a cercare quelle in cui questi neuroni erano “spenti”. In particolare, dallo studio è emerso che i neuroni Agrp cessavano la loro attività non appena gli animali vedevano del cibo, o anche solo un segnale che indicava la presenza di cibo.
Secondo Sternson, questo mostrerebbe come il ruolo di questi neuroni sarebbe quello di generare una sensazione di fastidio, che viene spenta solo una volta che il cibo viene consumato.
Ma allora, come combattere questa sensazione? Uno studio, pubblicato su Nature Neuroscience, ha individuato un circuito cerebrale (Mc4r), controllato dagli stessi neuroni Agrp studiati da Sternson, in grado di inibire e controllare il mangiare.
“Uno dei motivi per cui stare a dieta è così difficile è la fastidiosa sensazione causata dalla fame,” ha spiegato Bradford Lowell, co-autore dello studio, “I nostri risultati mostrano che l’attivazione artificiale di questo particolare circuito può ridurre il bisogno di mangiare, praticamente ottenendo lo stesso risultato di una dieta ma senza soffrire perennemente un senso di fame.
Per accedere e controllare questo circuito neuronale, gli scienziati hanno usato un gruppo di topi geneticamente modificati in modo da poter controllare selettivamente l’attività dei neuroni Agrp coinvolti nei loro cervelli.
“Nonostante questi topi avessero mangiato una quantità di calorie sufficiente per un giorno intero e fossero quindi sazi, quando abbiamo disattivato le cellule del circuito gli animali hanno cominciato a mangiare voracemente cibo di cui non avevano bisogno,” ha spiegato Alastain Garfield, autore principale della ricerca, aggiungendo che l’attivazione dei neuroni invece faceva si che i topi evitassero di mangiare.
Secondo Lowell, i risultati del loro studio mostrano che prendendo di mira queste cellule durante le terapie potrebbe ridurre sia il consumo di cibo che la sgradevole sensazione di fame, e potrebbe di conseguenza essere un trattamento effettivo per le persone affette da obesita’.
Riferimenti: Nature doi: 10.1038/nature14416 e Nature Neuroscience doi: 10.1038/nn.4011
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