23 milioni di chilometri cubi, ben conservati nelle rocce sotto i nostri piedi. A tanto ammonta il volume d’acqua nascosto nelle viscere della Terra. Una quantità che potrebbe coprire il nostro pianeta con uno strato spesso 180 metri: a svelarlo, in uno studio appena pubblicato sulla rivista Nature Geoscience, un’équipe di scienziati canadesi della University of Victoria. Peccato che appena il 6% di questa massa d’acqua sia utile alla nostra specie: la restante porzione, fanno notare gli autori dello studio, è troppo lontana dalla superficie per poter essere estratta e utilizzata. “La porzione d’acqua utile, la cosiddetta acqua sotterranea moderna”, ammonisce sulle pagine della Bbc Tom Gleeson, uno degli autori dello studio, “è quella che si rinnova più velocemente, su scale temporali paragonabili alla vita umana, ed è la più sensibile ai cambiamenti climatici e alle contaminazioni ambientali: si tratta quindi di una risorsa preziosissima, che dobbiamo gestire al meglio”.
Per quantificare l’acqua immagazzinata nei primi 2 chilometri della superficie terrestre, l’équipe di Gleeson ha analizzato un vasto insieme di dati geologici e messo a punto un modello fisico predittivo, che teneva conto di permeabilità e porosità del suolo e serie storiche delle precipitazioni. Combinando queste informazioni, i ricercatori hanno messo a punto una mappa che che mostra la distribuzione di acqua sotterranea nel mondo.
Le zone blu scuro sono quelle di acqua moderna, in cui le riserve sono più fresche e si rinnovano più di frequente. Le zone più chiare sono quelle con acqua stagnante e non rinnovabile, “più salina di quella degli oceani e in cui sono dissolti molti metalli e altre sostanze chimiche”, spiega ancora Gleeson. “Tutti elementi che rendono quest’acqua inservibile per il consumo alimentare o agricolo”. Ed è per questo che tutti gli sforzi devono concentrarsi alla conservazione della porzione moderna dell’acqua, ricordando sempre, come sottolinea Ying Fan, della Rutgers University, in un pezzo a commento del lavoro, che si tratta di una risorsa finita ed estremamente sensibile alle attività antropiche inquinanti. Siamo avvisati.
Via: Wired.it