[…]Ma il corpo animato, che riceve tali operazioni, sente diverse affezzioni secondo che in diverse parti vien tocco: e venendo toccato, verbigrazia, sotto le piante de’ piedi, sopra le ginocchia o sotto l’ascelle, sente, oltre al commun toccamento, un’altra affezzione, alla quale noi abbiamo imposto un nome particolare, chiamandola solletico […]. Galileo lo chiamava “affezione”, senza riuscire davvero a spiegare di che si trattasse. Perché in effetti il solletico, questo riflesso incontrollato che scatena il riso, a volte fino al pianto, rimane un mistero affascinante per la scienza. Ma perché è importante svelarne i meccanismi?
“Il solletico è legato alla nostra capacità di ridere, di giocare, di sentirci bene, eppure non possiamo solleticare noi stessi. Questa abilità è invece un sintomo rivelatore della schizofrenia, ci sono quindi importanti ragioni neurologiche e psicologiche per indagarlo” ha spiegato Shimpei Ishiyama, il neuroscienziato della Humboldt University di Berlino a capo di uno studio, pubblicato su Science, secondo cui si ride del solletico solo se si è di buonumore.
Ishiyama e il suo team hanno condotto i loro studi nei topi. “Sebbene possa sembrare audace, in realtà è una scelta sostenuta da un’ampia letteratura. In più, gli esperimenti hanno evidenziato che ai roditori piace” sottolinea il neuroscienziato. Un piacere che parte dalla testa, il solletico infatti scatena l’attivazione del circuito dopaminico della ricompensa: il topo sta bene, e lo manifesta con le classiche espressioni positive che si ritrovano in molte specie, come i cani, le volpi, gli agnelli, i porcellini d’india e i bambini, i cosiddetti salti di gioia. La gioia provocata dalla sollecitazione poi funge da stimolo per il futuro: i topi infatti cercano la mano che li ha solleticati.
È per questo che nello studio sono stati presi in considerazione tre tipi di sollecitazione: il solletico vero e proprio, un tocco gentile sul ventre e la vista della mano. Tutti infatti scatenano nei topi una risposta che si pensava tipica solo di pochissimi mammiferi: ridono, emettendo uno squittio con varie frequenze, ma solo al segnale a 50 kHz è stata attribuita una valenza emotiva positiva. Queste risate, articolate in varie tipologie di vocalizzi ultrasonici (UVs), sono state misurate e utilizzate come parametro chiave nello studio della risposta al solletico.
Ma che succede a livello cerebrale? Il centro su cui si è focalizzata la ricerca è la corteccia somatosensoriale, l’area deputata alla ricezione degli stimoli sensitivi del tatto. È qui che sono stati inseriti degli elettrodi, dopo due settimane di allenamento in cui i topi sono stati abituati a essere solleticati sulla schiena e sul ventre. La risposta più intensa è stata registrata proprio durante il solletico: la maggior parte dei neuroni aumentava la propria attività, ovvero il tasso di produzione di potenziali d’azione, i rapidi cambiamenti di carica tra l’interno e l’esterno della membrana cellulare che consentono a queste cellule di comunicare. Un incremento osservato anche dopo il solletico, con il topo alla ricerca della mano che lo ha fatto ridere. “Un risultato che contraddice l’idea tradizionale della corteccia somatosensoriale coinvolta solo nel processamento delle informazioni sensoriali” sottolinea Ishiyama. Non solo, il team ha verificato che la microstimolazione della corteccia, senza il contatto diretto con il ricercatore, fa sì che i topi ridano, e i vocalizzi diventano addirittura più frequenti se la microstimolazione è preceduta dal solletico, che funge quindi da amplificatore dell’effetto.
Eppure in situazioni di stress o infelicità, non c’è stimolazione che tenga. Anche Darwin osservava che “la mente deve essere in una condizione di piacere” per potersi lasciare andare alla risata del solletico. Un aspetto affascinante su questa affezione è proprio il suo essere così dipendente dall’umore. È così anche per i topi: posti in una situazione di stress, su una piattaforma rialzata sotto una luce intensa, il solletico non faceva ridere i topi, che non hanno emesso alcun vocalizzo, una risposta negativa osservata anche a livello neurale.
“La scoperta del coinvolgimento della corteccia somatosensoriale nella risposta al solletico fa pensare che quest’area sia implicata più profondamente di quanto si pensasse nel processamento delle emozioni” conclude Ishiyama, “identificare le correlazioni tra cervello e sensibilità al solletico ci permetterà di approcciarci a questo fenomeno in termini neurali, per cercare di svelarne gli aspetti più misteriosi.”
Riferimenti: Science