Guidare l’auto o altri veicoli e tenere lo smartphone in mano è un binomio da sempre impossibile secondo il buon senso e vietato dalla legge. Ed oggi, una nuova evidenza scientifica va ancora oltre, affermando che nemmeno parlare con un auricolare o con il viva voce, comportamenti che invece sono entrambi permessi dal codice, ripristinerebbero una piena capacità di guida. Lo studio, condotto dall’Università dell’Iowa, è pubblicato su Psychonomic Bulletin & Review.
In Italia, oltre ad essere una delle più frequenti causa di incidente, l’uso improprio del cellulare rappresenta anche una delle violazioni del Codice della Strada più sanzionate. La legislazione vieta di utilizzare apparecchi radiotelefonici, cuffie sonore e telefonini che richiedano l’uso della mano destra o sinistra, mentre consente l’uso del cellulare con auricolari e viva voce al conducente che abbia normali capacità uditive.
È noto, dunque, che tenere lo smartphone all’orecchio per parlare riduce la presa sul volante o sul manubrio della moto e il controllo del mezzo. Ma non è tutto. Secondo gli autori del paper su Psychonomic Bulletin & Review, infatti, parlare al cellulare o interagire attivamente con un passeggero presente in macchina – un’attività che sembrerebbe senza costi per una corretta guida – crea di per sé un lavoro per il cervello, che deve assorbire informazioni. Quando il soggetto, intento nella conversazione, viene sollecitato da un nuovo stimolo, come la comparsa di un nuovo oggetto o di un ostacolo nella guida, si verificherebbe un ritardo di risposta, pari al tempo necessario per disimpegnarsi dalla prima azione e concentrarsi sulla sollecitazione sopraggiunta.
Per studiare il fenomeno, gli autori dello studio hanno selezionato un gruppo di volontari, che dovevano ascoltare e rispondere ad alcune domande vero/falso, semplici e più complesse. Contemporaneamente, veniva richiesto ai partecipanti di visualizzare un’immagine – dunque un nuovo oggetto visivo – che appariva sullo schermo del computer. I volontari sono stati divisi in tre gruppi: il primo esercitava un ascolto attivo, ovvero doveva comprendere e rispondere alle domande, il secondo gruppo prestava un ascolto passivo, che cioè non prevedeva una risposta alle domande poste, mentre il terzo gruppo guardava soltanto il nuovo elemento sullo schermo senza ricevere alcuna domanda. Fra le domande vero/falso considerate più semplici, “C-3P0 è il nome di un alto robot dorato, presente nel famoso film Star Wars”, mentre fra quelle più complesse “La Magna Carta è stata scritta come un proclama di legge, soggetta alla legge del re”. L’obiettivo dei ricercatori era quello di tracciare il profilo del movimento oculare dei soggetti sottoposti al test, misurando, tramite telecamere ad alta velocità, il tempo impiegato per spostare lo sguardo in direzione del nuovo elemento sullo schermo.
Analizzando i risultati dei test, è emerso che ai soggetti a cui era richiesto un ascolto attivo il tempo necessario per disimpegnarsi dalla conversazione e focalizzare lo schermo risultava doppio rispetto a quello impiegato dalle altre due categorie di partecipanti. Il ritardo registrato nell’esperimento è in media pari a circa 100 millisecondi, ovvero un decimo di secondo: un intervallo temporale che, seppure apparentemente molto breve, può avere un impatto sulla capacità di reagire del guidatore e dunque sul rischio di incidenti stradali. Secondo uno studio precedente, la velocità dei riflessi di un conducente giovane intento a una conversazione attiva potrebbe essere paragonabile a quella di un guidatore anziano con declino cognitivo.
La soluzione? Non rispondere al cellulare mentre si guida, per non mettere a rischio la propria vita e quella degli altri. Ma non solo. Un ulteriore step, secondo l’autore Vecera, potrebbe essere quello di non parlare del tutto al telefono quando si guida. Non ci sono prove scientifiche che sia possibile esercitarsi al fine di una conversazione al cellulare che non distragga, aggiunge l’autore, anche se la questione deve essere ancora studiata. Un campo ancora da approfondire, dunque, quello delle sorgenti di distrazione in macchina o in moto, con risultati che potrebbero essere utili agli oltre 49 milioni di guidatori italiani (dato Aci 2015).
Riferimenti: Psychonomic Bulletin & Review