La Sardegna crocevia del Mediterraneo antico

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Navicella, bronzo della Prima età del ferro Nuragico, Museo Archeologico Nazionale di Cagliari. © Polo Museale della Sardegna.

Sardegna, 1400 a. C., età del bronzo: una nave partita da Cipro approda con un prezioso carico di lingotti di rame. Lunghi un braccio, spessi quasi un palmo, hanno la caratteristica forma di una pelle di animale tesa per le zampe, da cui la denominazione “a pelle di bue”. Di questi lingotti se ne sono ritrovati una quarantina in giro per l’isola, tra villaggi nuragici e nuraghe, come in quello di Albucciu di Arzachena. In questi giorni se ne può vedere uno alla mostra Le civiltà e il Mediterraneo allestita a Cagliari con oltre 550 manufatti – ceramiche, monili, strumenti, statuette – provenienti dai musei archeologici di Cagliari, Sassari e Nuoro, e poi Napoli, Salonicco, Tunisi, dal Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo e dal Museo della Preistoria e Storia Antica di Berlino. Divisa tra il Museo Archeologico Nazionale di Cagliari e il Palazzo di Città, la mostra racconta l’intensa rete di scambi culturali e commerciali che si sviluppò nel bacino del Mediterraneo a partire dalla protostoria, seimila anni fa, fino all’avvento di Roma. Rivelando una Sardegna inedita, punto di incontro di culture e know how tecnologico nel Mediterraneo antico.

Sardegna, un approdo sulla rotta dell’Ovest

Circondata dal mare aperto, la Sardegna era difficile e pericolosa da raggiungere. Ma nella rotta che dal Mediterraneo orientale portava fino all’estremo Ovest, in Spagna, era una tappa obbligata. “La Sardegna si trova in una posizione relativamente centrale tra le isole Baleari, l’Italia, le sponde dell’Africa e la Spagna, dove al sud fioriva la cultura di El Argar”, spiega Manfred Nawroth del museo di Preistoria e Storia antica di Berlino, curatore della mostra.  Era un approdo sicuro per chi si muoveva tra rotte pericolose, in mare aperto, da Oriente a Occidente”. Inoltre, l’isola era ricca di materie prime, argento, zinco, ferro e in particolar modo di rame, necessario per fabbricare il bronzo.

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Lottatori, statuetta in bronzo, Prima età del ferro, da Monte Arcosu, Uta, Museo Archeologico Nazionale di Cagliari. @ Polo Museale della Sardegna. Foto Luigi Corda.

L’isola era abitata dai popoli nuragici, organizzati in clan. Pastori, contadini, abili navigatori e guerrieri che riconosciamo in alcune statuette di bronzo, nelle figure stilizzate di un soldato con un elmo dalle lunghe corna e uno scudo circolare, o di un capotribù con un ampio mantello e che impone la mano –  esposte a Cagliari insieme a piccole riproduzioni di imbarcazioni con la prua a forma di cervo.

Via mare la civiltà nuragica intratteneva intensi scambi commerciali, soprattutto con Cipro e con il Mar Egeo, come testimoniano proprio i lingotti a pelle di bue rinvenuti in trentuno insediamenti diversi: “Sappiamo attraverso l’analisi del metallo che è stato usato rame di Cipro per fabbricare i lingotti di rame trovati in Sardegna. Erano forme pronte per la fusione, ma forse anche una sorta di moneta di scambio”.

L’Egeo centro del mondo antico

“All’epoca il centro di irradiazione era il Mar Egeo”, racconta l’archeologo. Da quell’area si era sviluppata la cultura minoica e da lì partivano le navi della potente Micene. I micenei esportavano ceramiche, manufatti e know how. “Alcuni oggetti sono di straordinaria fattura” racconta l’archeologo “come una piccola riproduzione in avorio di un elmo miceneo, ritrovato a Mitza Purdia, uno dei pezzi più importanti dell’esposizione: qualcosa di simile lo si può vedere soltanto ad Atene”. Ma ad Antigori di Sarroch oltre a molti oggetti provenienti dal Peloponneso, da Creta e da Cipro, sono state trovate ceramiche di produzione locale che imitano quelle micenee.  Forse qui e in diversi luoghi della Sardegna si erano stabiliti artigiani micenei, anche prima  del declino di Micene e dei centri dell’Est.

Esposte ci sono anche numerose fibule ad arco in bronzo e le più antiche sono appunto micenee ma simili e di età successiva sono state trovate in Sardegna e nella penisola italiana. “Una di queste fibule, però, viene da più lontano – sorride Nawroth – e porta inciso un uccellino: un motivo ricorrente in Caucaso”. Il Caucaso, dove fioriva la cultura di Koban, era infatti in contatto con il mondo del Mediterraneo attraverso le sponde del mar Nero. Il Caucaso che poi ritornerà nei miti greci: là fu incatenato Prometeo, colui che donò il fuoco agli uomini.

Le rotte dell’innovazione

I manufatti micenei tracciano le vie degli scambi di merci, conoscenze e mode tra Sicilia, Italia, Sardegna, Africa Settentrionale e Anatolia. “Sappiamo che imparavano gli uni dagli altri. Arrivavano notizie di nuove tecniche di lavorazione dei metalli, nuovi oggetti – aggiunge il curatore – un po’ come oggi: vengo a sapere che è uscito un nuovo telefono e lo voglio”. Per esempio  lingotti di rame a pelle di bue come quelli rinvenuti in Sardegna si ritrovano in alcune pitture egizie, dipinti sulle spalle di portatori. E al largo della Turchia tra i resti di un antico naufragio se ne sono trovati oltre trecento: la nave probabilmente era salpata da Cipro e il carico era diretto a Micene.

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La processione dei tributari: sulla seconda fascia, ultimo a destra, si vede un lingotto “a pelle di bue” portato a spalla. Necropoli tebana, Egitto (acquerello di George Alexander Hoskins -1802/1863-) Pubblico dominio

Lungo queste stesse rotte assistiamo anche all’emergere dell’architettura monumentale. Nel Sud della Spagna con le città fortificate della cultura di El Argar, in Sardegna con i nuraghe, nel Caucaso, con la fortezza di Kalakent, dotata di ben sette anelli di mura ciclopiche. I nuraghe rispondevano a necessità simili in un mondo Mediterraneo luogo di scambi ma anche di conflitti, dove era necessario difendersi. “Sono sviluppi dell’architettura significativi, strutture connesse” dice Nawroth, “anche se la cultura nuragica ha avuto una individualità fortissima, proprio per la posizione in mezzo al mare della Sardegna”.

La mostra

Fino al 16 giugno prossimo la mostra “Le civiltà del Mediterraneo” è visitabile nelle due sedi di Museo Archeologico Nazionale di Cagliari e  di Palazzo di Città. Il percorso espositivo è un viaggio nel tempo scandito da luci e colori che ricreano le diverse fasi del giorno. Dalla prima sala, la più oscura, dove sono raccolte tazze, coltelli, pendenti in zanna di cinghiale del Neolitico (5000 a.C.) e provenienti dalla Sardegna e dalla Grecia, si attraversano le culture dell’età del bronzo, seguendone le rotte mediterranee e inoltrandosi sulla terra ferma fino al Caucaso: qui troviamo oggetti in bronzo, a volte straordinariamente decorati. Le ultime sale, al tramonto, ci portano fino alla metà del primo millennio a. C. e all’affermarsi di alcune culture sulle altre, fino all’epilogo: l’avvento di Roma.

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