È uno dei concetti di base della meccanica quantistica. Ma non per questo non poco insidioso. Si tratta della cosiddetta dualità onda particella, il meccanismo in virtù del quale qualsiasi entità quantistica si comporta contemporaneamente sia come un’onda che come una particella, esibendo proprietà peculiari sia dell’una che dell’altra. Che è molto più di una speculazione: il fenomeno è stato infatti dimostrato in laboratorio con diversi esperimenti, primo fra tutti quello della doppia fenditura. In cui si vede chiaramente che i fotoni – le particelle che compongono la luce – sono in grado di formare figure di interferenza come quelle create dalle onde in uno specchio d’acqua. Un preambolo necessario a introdurre la notizia di oggi: un’équipe di ricercatori della University of Vienna è riuscita, per la prima volta al mondo, a osservare l’interferenza quantistica – la prova tangibile della dualità onda particella – in una biomolecola piuttosto grande, la gramicidina, un antibiotico naturale composto da 15 amminoacidi. Un risultato, dicono gli autori del lavoro (per ora caricato sul server di pre-print ArXiv in attesa della peer-review), estremamente importante nel campo della biologia quantistica, e in particolare della comprensione delle proprietà quantistiche di macromolecole come enzimi, dna e addirittura di semplici forme di vita come i virus.
L’esperimento condotto dai ricercatori di Vienna, guidati da Armin Shayeghi, e raccontato sulle pagine del Mit Technology Review, è piuttosto semplice, almeno in linea di principio. Gli scienziati hanno raffreddato a temperature bassissime un fascio di molecole di gramicidina e hanno quindi provato a farle interferire con se stesse (per continuare l’analogia con le onde: è come se si lanciassero due sassi in uno stagno e si osservasse cosa succede quando le onde si urtano tra loro). Se si osserva un pattern di interferenza vuol dire che le particelle si comportano effettivamente come se fossero un’onda.
Come sempre, passare dalla teoria alla pratica non è semplice. Il primo problema di un esperimento del genere sta nella creazione del fascio di biomolecole, che sono particolarmente fragili e si rompono molto facilmente in molecole più piccole. Per riuscirci, Shayeghi e colleghi hanno ricoperto il bordo di una ruota con uno strato sottilissimo di gramicidina; successivamente, vi hanno inviato una serie di impulsi laser molto brevi – dell’ordine dei femtosecondi – per far sì che le biomolecole si staccassero dalla ruota senza danneggiarsi. A questo punto, la gramicidina fluttuante viene spazzata via da un fascio di atomi di argon che viaggia a 600 metri al secondo.
A questo punto arriva la parte più difficile, ossia misurare il pattern di interferenza creato dalle molecole di gramicidina. Un’operazione particolarmente complicata perché la lunghezza d’onda delle biomolecole è di circa 350 femtometri (un femtometro è 10-15 metri) e la lunghezza d’onda del fascio di argon è mille volte più piccola. Per riuscirci, il team si è servito di una tecnica estremamente precisa e sensibile, la cosiddetta interferometria di Talbot-Lou, con la quale è riuscita a osservare l’effetto sperato: “La coerenza molecolare”, dicono gli scienziati, “è delocalizzata su uno spazio 20 volte maggiore rispetto alle dimensioni delle molecole”. In altre parole, la biomolecola interferisce con se stessa delocalizzandosi su un’area relativamente ampia, un fenomeno che non potrebbe accadere se questa avesse una natura soltanto corpuscolare. Quindi deve necessariamente trattarsi anche di un’onda. “La riuscita dell’esperimento”, concludono i ricercatori, “getta le basi per la misura delle proprietà quantistiche delle biomolecole, particolarmente interessante nel caso di molecole che hanno un ruolo cruciale nei meccanismi biologici”.
Via: Wired.it
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