L’asteroide Bennu perde i pezzi, rilasciando costantemente nello spazio piccoli frammenti di materiale. A rivelarlo sono stati i potenti occhi di Osiris-Rex, la missione della Nasa partita nel 2018 per studiare da vicino questo asteroide. A differenza di quanto avveniva in passato, quando le osservazioni erano limitate solo a fenomeni più grandi, per la prima volta le telecamere a bordo della navicella sono riuscite a catturare immagini ravvicinate di materiale espulso dalla superficie dell’asteroide, offrendoci così uno sguardo più dettagliato anche su fenomeni di più piccola portata. Quali, appunto l’espulsione di frammenti di appena 10 cm di diametro, dalla superficie di Bennu. Ma perché l’asteroide libera queste particelle? A provare a rispondere su Science sono stati i ricercatori della Nasa, che ha proposto tre possibili spiegazioni.
Bennu, l’asteroide che libera particelle
A prima vista, le particelle sembrano essere stelle dietro l’asteroide, ma da un esame più attento svolto dal team di ricercatori coordinato da Dante Lauretta, principale investigatore della missione Osiris-Rex, è emerso che l’asteroide stava rilasciando materiale dalla sua superficie. “Tra le molte sorprese di Bennu, le espulsioni di particelle hanno suscitato la nostra curiosità e abbiamo trascorso gli ultimi mesi a indagare su questo mistero”, ha spiegato Lauretta. “Questa è una grande opportunità per espandere la nostra conoscenza di come si comportano gli asteroidi”.
Dalle analisi, il team ha individuato tre fenomeni associati all’espulsione dei frammenti, nati in diverse regioni dell’asteroide. Il primo evento ha avuto origine nell’emisfero meridionale, mentre il secondo e il terzo si sono verificati vicino all’equatore. Dopo la loro espulsione le particelle orbitavano per poco tempo su Bennu, per poi ricadere sulla superficie dell’asteroide oppure fuggire nello spazio. Tutti gli eventi avevano luogo durante le ore pomeridiane su Bennu.
I possibili meccanismi
Il team ha così ipotizzato 3 meccanismi che avrebbero potuto dar luogo a questi eventi: gli impatti di meteoroidi, le fratture da stress termico e il rilascio di vapore acqueo. Gli impatti di meteoridi spiegano i ricercatori, sono comuni nella porzione di spazio dove si trova Bennu ed è possibile che questi piccoli frammenti di roccia spaziale possano colpire l’asteroide dove Osiris-Rex non è in grado di osservarlo.
Anche la frattura da stress termico potrebbe essere un’altra spiegazione plausibile: sebbene la superficie di Bennu sia estremamente fredda durante le ore notturne, si riscalda in modo significativo nel pomeriggio, proprio quando si sono verificati i tre eventi di espulsione delle particelle. Come risultato della variazione di temperatura, infatti, le rocce possono iniziare a rompersi, rilasciando di conseguenza particelle dalla superficie. Infine, come ultima spiegazione, quando il materiale argilloso di Bennu viene riscaldato, l’acqua, che si accumula nelle fessure e nei pori delle rocce, potrebbe iniziare a generare pressione, provocandone l’esplosione.
Bisognerà aspettare il 2023
Per poter riuscire a svelare il mistero dell’espulsione di materiale, quindi, dovremo aspettare il 2020, quando Osiris-Rex comincerà a raccogliere campioni, che arriveranno sulla Terra, se tutta andrà secondo i piani, a settembre del 2023. “Bennu mostra che un asteroide apparentemente inattivo dalla Terra può invece avere complesse dinamiche interne che incidono sulla superficie, con implicazioni per noi ancora sconosciute”, ha concluso Jessica Agarwal, del Max Planck Institute for Solar System Research, in un commento pubblicato a corredo dello studio.
Riferimenti: Science
(Credits immagine copertina: Nasa/Goddard/University of Arizona/Lockheed Martin)