Dal 2 dicembre scorso, i grandi del mondo sono riuniti a Madrid per la Cop25, il vertice sul clima organizzato dalle Nazioni Unite. In agenda tutte le priorità mondiali per fronteggiare i cambiamenti climatici, tra cui la riduzione delle emissioni, il raggiungimento della cosiddetta neutralità climatica e la diminuzione del consumo di plastica. Anche Greta Thunberg, naturalmente, ha raggiunto la capitale spagnola per ammonire i politici ad agire subito e senza compromessi: “Stiamo scioperando da un anno ma non è successo ancora nulla”, ha dichiarato. “Si sta ignorando la crisi climatica e finora non c’è una soluzione sostenibile. Non possiamo continuare così, vogliamo azione e subito perché la gente sta soffrendo e morendo per questa emergenza climatica. Non possiamo aspettare ancora”. L’attivista svedese non ha torto: stando a uno studio appena pubblicato da un’équipe di scienziati del Global Systems Instutute alla University of Exeter, al momento oltre la metà dei cosiddetti climate tipping points – una sorta di “punti di non ritorno” – sono stati attivati. E dunque sì: non possiamo aspettare ancora. Per corroborare questa tesi, abbiamo provato a calcolare – spannometricamente, s’intende, senza alcuna pretesa di spaccare il capello – come cambierà il pianeta nei 12 giorni di Cop25. Spoiler: in peggio.
Alberi? Giù!
Non è semplice quantificare esattamente quanti alberi siano tagliati in un determinato lasso di tempo. Come si anticipava qualche riga fa, ci si può quindi affidare solo a stime spannometriche: secondo un report della Food and Agricolture Organizazion delle Nazioni Unite ogni anno si perdono circa 7 milioni di ettari di foreste; un altro studio ha misurato in circa 70mila chilometri quadri per anno – più o meno la dimensione del Costa Rica – la diminuzione dell’area occupata da foreste intatte. Dal momento che ogni chilometro quadrato di foresta ospita tra 50 e 100mila alberi, una cifra verosimile oscilla tra i 3 miliardi e mezzo e i 7 miliardi di alberi tagliati ogni anno. Il che, considerando un valore medio, implica che nei 12 giorni di Cop25 cadranno all’incirca 200 milioni di alberi. Non bene.
Mare? Su!
Una delle conseguenze dei cambiamenti climatici, e in particolare dell’aumento delle temperature, è lo scioglimento dei ghiacci, il che provoca, a cascata (è il caso di dirlo), un innalzamento del livello del mare. Che mette a rischio allagamento milioni di chilometri quadrati di aree costiere. Anche in questo caso, una quantificazione precisa è molto difficile. Sappiamo che dal 1880 il livello del mare si è alzato di circa 23 centimetri, 7 e mezzo dei quali negli ultimi 25 anni. Le stime più recenti e attendibili parlano di un innalzamento di circa 3,2 millimetri ogni anno, il che vuol dire che durante la Cop25 il livello degli oceani salirà di poco più di un decimo di millimetro. In appena 12 giorni non è affatto poco. Non bene.
Tanta CO2 nell’atmosfera
Nel 2017, stando ai dati del Global Carbon Atlas, siamo stati in grado di emettere la bellezza di 36,15 miliardi di tonnellate di anidride carbonica nell’atmosfera (ricordiamo che l’anidride carbonica è il principale gas serra, responsabile di soffocare il nostro pianeta in una cappa che si fa sempre più pericolosamente calda). L’Asia, nel complesso, ha emesso oltre 12 miliardi di tonnellate di anidride carbonica (la sola Cina è arrivata a quasi 10 miliardi di tonnellate); gli Stati Uniti ne hanno emesso oltre 5 miliardi di tonnellate, più o meno quanto l’Europa. Per dare qualche altro dato: ciascun italiano ha emesso, in media, 6 tonnellate di anidride carbonica l’anno. Vuol dire che nei 12 giorni di Cop25 la nostra atmosfera si accollerà un altro miliardo di tonnellate di anidride carbonica. Ed è una stima per difetto. Non bene.
Più caldo
Funziona così. Gli oceani del nostro pianeta sono una sorta di enorme serbatoio di calore, in grado di accumulare grandi quantità di energia. Proprio in virtù di questo effetto di accumulazione, il calore necessario a far aumentare anche solo di poco la temperatura superficiale è molto alto; ripercorrendo all’indietro il ragionamento, è evidente quindi che dietro un aumento anche (apparentemente) piccolo delle temperature si nasconde il fatto che il calore accumulato dai nostri oceani si è significativamente accresciuto. Passiamo ai numeri: dal 1901, la superficie del pianeta si è riscaldata di 0,7-0,9 °C per secolo, ma il tasso di riscaldamento è quasi raddoppiato dal 1975, arrivando a 1,5-1.8 °C per secolo, stando a un report elaborato dalla National Oceanic and Atmospheric Administration (Noaa) statunitense. Prendiamo per buono quest’ultimo dato, facendo finta che le cose non siano troppo peggiorate: vuol dire che in media le temperature aumentano di 0,015 °C l’anno, il che corrisponde a un riscaldamento di 0,4 millesimi di grado centigrado nei 12 giorni della Cop25. Non bene.
Rifiuti su rifiuti
Avete idea di quanti rifiuti produce l’umanità? Tantissimi. Più di due miliardi di tonnellate, globalmente. Un rapporto Eurostat dice che in Europa abbiamo generato oltre 5 tonnellate di immondizia a testa nel solo 2016. Di cui siamo riusciti a riciclare solo il 37,8%. Mentre i potenti del mondo sono in conciliabolo a Madrid, il nostro pianeta si sarà appesantito di altri 66 milioni di tonnellate di monnezza. Non bene.
Via: Wired.it
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