Al momento del Big Bang, c’era tanta materia quanta antimateria. Ma se tutto fosse rimasto così, le due contendenti si sarebbero annullate l’una con l’altra e non ci sarebbe l’universo come lo conosciamo. Per questo da tempo gli scienziati si interrogano su cosa abbia portato alla rottura dell’equilibrio e alla prevalenza della materia (le particelle) rispetto all’antimateria (le antiparticelle).
Oggi, a fornire un tassello in più verso la comprensione di cosa sia successo è un gruppo di scienziati della T2K Collaboration, un esperimento in Giappone che studia il comportamento dei neutrini, elusive particelle elementari senza carica e gli scienziati hanno mostrato che una delle chiavi del fenomeno potrebbe trovarsi proprio in queste particelle. Il dettaglio del risultato è pubblicato su Nature. All’interno della Collaborazione T2K c’è un ampio contributo italiano, con diverse sezioni dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) e i Laboratori nazionali di Legnaro sempre dell’Infn, l’università di Napoli, Padova e Roma Sapienza, università e Politecnico di Bari.
Verso la rottura dell’equilibrio
Da tempo i ricercatori di T2K – nome che sta per Tokai to Kamioka, che sono le località di partenza e arrivo dei neutrini – studiano la cosiddetta violazione della simmetria CP o più semplicemente violazione di CP,un complesso meccanismo fisico alla base della rottura dell’equilibrio fra la materia e l’antimateria. Finora la violazione di CP è stata osservata soltanto in particelle subatomiche chiamate quark, ma il livello di questa violazione non è sufficiente a spiegare la prevalenza della materia sull’antimateria. In altre parole, considerando solo i quark, la bilancia è ancora troppo in equilibrio.
Il ruolo dei neutrini
Per questo, gli autori hanno cercato di capire se anche i neutrini abbiano contribuito a spostare l’ago della bilancia. In particolare, è noto che queste particelle sono soggette a oscillazioni, ovvero passaggi o trasformazioni in cui un neutrino di un certo tipo e con certe caratteristiche fisiche si trasforma in un neutrino con altre caratteristiche – un po’ come dire che una persona con i capelli scuri si tinge e inizia ad averli chiari. Gli scienziati cercavano di scoprire se proprio in queste trasformazioni ci sia qualcosa che possa portare al disequilibrio e allo sbilanciamento alla base della prevalenza della materia sull’antimateria.
Cosa ha visto l’esperimento
I neutrini possono essere di tre tipi (in fisica chiamati sapori, ciascuno definito da una particolare simmetria della particella): il neutrino elettronico, muonico e tauonico. In pratica, l’esperimento ha inviato un potente fascio di neutrini e di antineutrini muonici da Tokai, un villaggio sulla costa orientale del Giappone, verso Kamioka, in prossimità della costa occidentale del Giappone, che si trova a 295 km di distanza. I neutrini e gli antineutrini, misurati vicino al luogo di produzione, sono intercettati dal gigantesco rivelatore sotterraneo Super-Kamiokande, che si trova a Kamioka ed è il più grande rivelatore sotterraneo di neutrini. Durante il tragitto da Tokai a Kamioka, può avvenire però il fenomeno di oscillazione dei neutrini e degli antineutrini: quelli muonici possono trasformarsi in neutrini di tipo elettronico. L’esperimento è in grado di studiare le oscillazioni di neutrini (materia) e antineutrini (antimateria) separatamente, in modo da individuare eventuali anomalie.
Materia vs antimateria, i risultati
Nel rilevare questo fenomeno, i ricercatori si sono accorti che “il fenomeno dell’oscillazione, con cui i neutrini si trasformano in neutrini di un altro tipo, si verifica con probabilità diverse per i neutrini rispetto agli antineutrini”, spiegano gli scienziati dell’Infn. Entrando nel dettaglio tecnico, l’esperimento T2K ha dimostrato che gli antineutrini muonici si trasformano in antineutrini elettronici più lentamente rispetto a quanto avviene per i neutrini. In pratica, il tasso di neutrini risulta molto accresciuto e i neutrini sarebbero favoriti rispetto agli antineutrini (la materia rispetto all’antimateria). E questo potrebbe rappresentare una violazione di CP e una rottura della simmetria che potrebbe aver contribuito allo squilibrio fra materia e antimateria – anche se il risultato deve essere ancora confermato.
Quanto è certo il risultato?
Il dato è frutto di un lungo lavoro di analisi. “Dopo aver esaminato i dati di nove anni”, spiegano i ricercatori Infn, “l’esperimento T2K ha raggiunto un livello di significatività statistica sufficientemente alta da poter fornire un’indicazione abbastanza stringente sull’esistenza della violazione della CP in queste particelle fondamentali. In particolare la probabilità che questo fenomeno non esista è inferiore allo 0,3 %”. Molto bassa, dunque, anche se misurazioni più precise sono necessarie per confermare queste indicazioni, come sottolineano gli autori.
Patricia Vahle, spokesperson di un esperimento concorrente chiamato NOνA, richiama alla cautela. E spiega che dal 2014 ad oggi nell’esperimento NOνA, sparando neutrini muonici dal Fermilab a un rivelatore a 810 km di distanza i risultati mostrano, anche se con minore precisione, che non ci sarebbe alcuna violazione di CP, il fenomeno osservato oggi. Insomma, la prudenza è d’obbligo anche se lo studio di oggi su Nature fornisce un segnale molto favorevole.
Via: Wired.it
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