Russia, 20mila tonnellate di diesel sono finite nell’Artico: una catastrofe senza precedenti

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E’ stato di emergenza in Russia. Più di 20 mila tonnellate di carburante diesel contenute in una cisterna di una centrale energetica nella città di Norilsk sono finite sul terreno e nel fiume Ambarnaya arrivando al fiume Pyasina e al lago Pyasino a valle, inquinando complessivamente – si stima – 350 mila chilometri quadrati di ecosistema artico. Una vera e propria catastrofe ambientale che secondo alcune associazioni poteva e doveva essere evitata. Senza considerare che persino il presidente Vladimir Putin, ora su tutte le furie, sarebbe stato messo a conoscenza dell’incidente (avvenuto il 29 maggio) solo qualche giorno dopo, quando le immagini hanno cominciato a circolare sui social network.

Le cause del disastro nell’Artico

Dalle prime ricostruzioni sembra che l’incidente sia stato causato dal cedimento della struttura di sostegno della cisterna: i pali, piantati nel terreno, avrebbero cominciato a affondare per via dello scioglimento (accelerato dal cambiamento climatico) del permafrost

Come siano andate davvero le cose è ancora da verificare, ma secondo l’esperto del Wwf Alexei Knizhnikov non si può liquidare l’incidente solo come una delle tante conseguenze del riscaldamento globale. Se le norme di sicurezza fossero state rispettate (ogni cisterna di carburante dovrebbe avere attorno una struttura di contenimento per evitare o limitare eventuali fuoriuscite) il disastro ambientale sarebbe stato evitato, o quantomeno avrebbe avuto altre proporzioni.

Per l’accaduto è stato arrestato il responsabile della centrale energetica della controllata della compagnia mineraria Norilsk Nickel. Putin – riporta l’agenzia Reuter – averebbe però smentito l’ipotesi di provvedimenti contro il gigante mondiale della produzione di nickel e il suo numero uno Vladimir Potanin, tra gli oligarchi più ricchi della Russia e intimo del presidente russo, il quale si sarebbe impegnato a intervenire nelle operazioni di contenimento, al momento stimate in circa 10 miliardi di rubli.

Il più grave disastro ambientale nell’Artico

Per Greenpeace Russia si tratta del “primo incidente di tale portata nell’Artico”, paragonabile al disastro di Exxon Valdez al largo delle coste dell’Alaska nel 1989. E il secondo per gravità e portata dello sversamento in Russia, dopo che nel ‘94 nella repubblica di Komi ci fu una fuoriuscita di greggio durata mesi con 94 mila tonnellate riversate nel fiume Pechora e nel mare di Barents.

Se non si interverrà rapidamente i danni ambientali per la regione saranno incalcolabili. Già ora, secondo diversi esperti interpellati dai media russi, il carburante si starebbe dissolvendo nell’acqua e molto sarebbe affondato e avrebbe raggiunto il lago a valle, tanto che per ripristinare il sistema idrico inquinato potrebbero volerci decenni e costi esorbitanti.

Il servizio di soccorso marittimo russo è riuscito a intervenire nella zona – che è impervia, ventosa e paludosa, priva di collegamenti – solo da giovedì scorso e ha installato barriere di contenimento nel fiume nel tentativo di fermare il gasolio e ha utilizzato solventi, mentre appositi macchinari di filtraggio lo separano dall’acqua.

Scartata dal capo della sorveglianza ambientale russa Svetlana Radionova l’idea di dare fuoco al combustibile. Sarà invece consultata la comunità scientifica per concordare il miglior modo di agire.

Uno dei posti più inquinati del mondo

Fondata nel 1935 come campo di lavoro in un angolo remoto della Siberia, su un vasto deposito metallifero, Norilsk è il primo centro mondiale per la produzione di nickel e platino nonché uno dei luoghi più inquinati al mondo. Nel 2016 divennero virali sul web alcune foto in cui le acque del vicino fiume Daldykan apparivano di un inquietante colore rosso, probabile conseguenza di perdite dalle vetuste condutture di scarico, ricche di ossido di ferro, degli impianti Nadezhda Metallurgical, attivi dal 1979. E come poi si scoprì, non era la prima volta.

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L’area di Norilsk fotografata da Landsat nel 2001: sono già visibili le acque rosse del fiume Daldykan (Nasa Earth Observatory image by Jesse Allen).

Ma c’è di più: le fonderie attive nella zona, secondo il ricercatore Nasa Nickolay Krotkov, sono la più grande fonte antropica di anidride solforosa chiaramente visibile dallo spazio, in un territorio che appare devastato, senza alberi e con alte concentrazioni di metalli pesanti.

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