Avviluppata da un groviglio di plastica, ferita e soffocata fino alla morte, in alcuni casi, assieme ai propri cuccioli. E’ il destino di una foca su 500 sulle coste della Namibia. “Dall’inizio del 2021 abbiamo già districato oltre 600 foche in due sole colonie” dice Naudé Dreyer dell’associazione Ocean Conservation Namibia, che ha affiancato un gruppo di scienziati impegnati nello studio del problema, che rischia di compromettere seriamente la sopravvivenza di questa e di tante altre specie di animali marini negli oceani di tutto il mondo. Principale killer sono lenze e attrezzature da pesca abbandonati in mare, le famigerate reti fantasma.
Pinnipedi in trappola nelle reti fantasma
Non sorprende: secondo le nuove stime pubblicate nel Marine Pollution Bulletin, le reti fantasma rappresentano oltre il 50% dei rifiuti in mare, che sono in costante aumento. Si stima che ogni anno circa 640 mila tonnellate di attrezzature da pesca si accumulino nell’oceano.
A pagare duramente le conseguenze di questa vera e propria invasione di lenze e reti sono gli abitanti del mare, pesci e mammiferi di ogni dimensione. Ad oggi, esemplari di 344 specie marine (dagli uccelli alle balene) sono stati trovati “entangled” e, fra questi, i pinnipedi come le foche sono tra i più colpiti. Innanzitutto perchè sono animali di natura molto curiosi e giocosi – la maggior parte degli esemplari trovati impigliati, infatti, sono giovani – ma anche a causa della spessa pelliccia che li avvolge e li tiene caldi in mare, che si impiglia facilmente e impedisce loro di svincolarsi.
Lo studio sulle otarie orsine del Capo
Lo studio condotto da scienziati delle università della Namibia e del Sudafrica ha monitorato due colonie di otarie orsine del Capo (Arctocephalus pusillus pusillus) distanti 120 km fra loro da aprile 2018 a dicembre 2019. Le due colonie di Pelican Point e di Capo croce sono state sistematicamente fotografate e osservate mediante binocoli. Le scansioni fotografiche, in particolare, si sono rivelate molto utili per studiare anche quali fossero i rifiuti che arrecavano maggior danno.
Circa 366 esemplari sono stati trovati impigliati nelle reti, con un tasso che va dallo 0,15 allo 0,17 per cento in entrambe le zone visitate. Le foche rimangono impigliate soprattutto intorno al collo, ma può verificarsi anche su altre parti del corpo, causando ferite che possono risultare anche fatali. Grazie all’aiuto di Ocean Conservation Namibia, 191 otarie sono state salvate, ma alcune di queste (l’8% circa) hanno riportato ferite molto gravi.
“Una volta impigliate, queste foche affrontano un futuro molto doloroso e incerto: trovare cibo diventa più difficile e le ferite possono diventare profonde e debilitanti, fino a causare la morte in molti casi”, spiega Tess Gridley, co-direttrice del Namibia Dolphin Project e docente del Dipartimento di Botanica e Zoologia della Stellenbosch University.
Riferimenti: Marine Pollution Bulletin
Crediti immagini drive: Naude Dreyer
Crediti infografica: Curtis et al. 2021