Crescono i contagi da Covid-19 nel mese di marzo 2022 in Italia e, dopo un mese di febbraio più “tranquillo”, l’epidemia ha ripreso forza. Lo mostra il conteggio giornaliero dei positivi e lo confermano anche gli ultimi dati del monitoraggio settimanale sul coronavirus, condotto dall’Istituto superiore di sanità (Iss) e dal ministero della Salute.
Torna a salire l’incidenza dei nuovi casi ogni 100mila abitanti, che dal 3 al 10 marzo passa da 433 a 510 su 100mila. C’è dunque un’inversione del trend, rispetto al periodo subito precedente, in cui la curva era in discesa, secondo l’Iss e il ministero, anche se per fortuna questo non si riflette attualmente in un aumento dei ricoverati.
I segni di Covid-19 si “vedono” nel cervello
Più casi ma meno ricoveri
Il tasso di positività, ovvero il rapporto fra la percentuale delle persone contagiate sul numero totale di quelle testate, aumenta, in un andamento in costante crescita, dall’8,8% del 2 marzo al 14,8 del 13 marzo. In generale, se il 2 marzo i positivi accertati erano circa 36mila su oltre 415mila tamponi effettuati, mentre il 9 marzo saliamo a circa 48,5mila su quasi 433mila test. Aumenta anche l’indice Rt – un parametro spesso utilizzato durante tutta la pandemia – attestandosi da 0,75 a 0,83, ancora sotto la soglia epidemia, il livello di attenzione. Come vengono scoperti oggi i contagi? Il documento dell’Iss rende noto che la percentuale dei casi rilevati tramite il tracciamento o a causa della comparsa di sintomi è in lieve aumento, mentre diminuiscono un po’ i pazienti scoperti per caso, nell’ambito di attività di screening.
Il rapporto evidenzia che nella prima settimana di marzo sale la trasmissibilità e l’incidenza della malattia, anche se le ospedalizzazioni non ne hanno risentito. La percentuale di letti in terapia intensiva occupati da pazienti Covid è del 6,2% nella data dell’8 marzo, contro il 7,4% del giorno 1 marzo. Dunque continua la discesa, per quanto riguarda i ricoveri, non seguendo l’andamento dei contagi.
Come interpretare i dati dell’epidemia
Gli attuali risultati riguardano un periodo ancora molto limitato e bisognerà attendere tempo per comprendere quale potrà essere l’evoluzione futura. Serviranno 7-10 giorni, afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe (che si occupa della promozione della ricerca e dell’analisi dei dati in sanità), “per capire se la risalita della curva dei nuovi casi è un semplice rimbalzo o l’inizio di una nuova ondata”. L’incremento dei casi è ragionevolmente dovuto a diversi elementi, come chiarisce Cartabellotta. Fra questi, il rilassamento delle misure e della soglia di attenzione, la diffusione della più contagiosa variante omicron 2, il calo nel tempo della protezione del vaccino. La copertura vaccinale è elevata, come ricorda l’Iss, e questo aiuta sempre più nel tempo, a ridurre i casi gravi di Covid-19 e i ricoveri.
Cosa è successo prima
Dopo l’ondata invernale, a partire dalla terza settimana di gennaio 2022 l’Istituto superiore di sanità e il ministero della Salute iniziano a segnalare un’incidenza settimanale dei casi in diminuzione, anche se ancora molto elevata. Già nella prima settimana di febbraio i contagi, ormai tutti dovuti alla variante omicron, stanno calando e il trend si conferma, come emerge dai dati Iss, anche nel periodo successivo. Si abbassano l’incidenza dei nuovi positivi e i ricoveri.
Fra gli strumenti che mitigano l’epidemia c’è l’alta copertura vaccinale, il sostegno fornito dal richiamo e la recente guarigione di numerosi pazienti già colpiti da omicron. In quella fase le autorità ricordano la necessità di continuare a mantenere le misure di protezione, fra cui l’uso delle mascherine e il distanziamento.
L’allentamento delle restrizioni
La conclusione dello stato d’emergenza è prevista per il 31 marzo 2022 e l’obbligo vaccinale per gli over 50 rimarrà in vigore fino al 15 giugno. Il governo sta discutendo l’allentamento delle altre misure, fra cui il green pass. Dall’11 febbraio è caduto l’obbligo di utilizzare la mascherina all’aperto, ma necessario comunque tenerla con sé e indossarla all’occorrenza, in presenza di assembramenti. Resta invece l’obbligo al chiuso e per ora, anche considerando la risalita dei casi, non sappiamo quando questa regola cadrà. A questo proposito il presidente della Fondazione Gimbe Cartabellotta ricorda che la circolazione del virus è ancora elevata e che, a prescindere dalla scadenza dello stato d’emergenza, sarebbe del tutto irragionevole pensare di abbandonare le mascherine al chiuso.
Via Wired.it