È prevista per oggi, 27 gennaio 2023, la riunione degli esperti dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per fare il punto sull’emergenza Covid-19 e decidere se consigliare al direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus di dichiararla ufficialmente conclusa. Le questioni da discutere sono molte e, soprattutto dopo il recente tsunami pandemico in Cina, non è detto che ci sarà una svolta. Qualsiasi sarà il verdetto, comunque, non segnerà la fine della nostra convivenza con Sars-Cov-2, che non cesserà da un giorno all’altro di essere una minaccia per la salute pubblica.
Arrivati ormai alla quattordicesima riunione del comitato di emergenza (c’è un meeting di revisione ogni tre mesi), gli esperti internazionali dell’Oms avranno da discutere sul fatto che la situazione epidemiologica attuale relativa alla diffusione di Sars-Cov-2, secondo quanto previsto dal Regolamento sanitario internazionale, soddisfi ancora del tutto i criteri per un Pheic (Public Health Emergency of International Concern), cioè la dichiarazione ufficiale di emergenza sanitaria pubblica di portata internazionale. La diffusione di Sars-Cov-2, infatti, non è più un evento grave e improvviso, e dopo tre anni il virus ha ormai ampiamente valicato i confini di tutti gli stati e le risposte dei governi nazionali si stanno via via riducendo.
La pandemia potrebbe durare altri 5 anni
La fine del Pheic è un’eventualità che è già sul tavolo di discussione degli esperti. Se ne era già parlato durante la precedente riunione del comitato d’emergenza a ottobre, complice l’allora situazione di relativa calma a livello globale, con tassi di contagio e di mortalità al ribasso. Ci sono da valutare tutti i possibili risvolti negativi. Se si concludesse, per esempio, l’Oms non avrebbe più la possibilità di emettere raccomandazioni (comunque temporanee e non vincolanti) su come i paesi dovrebbero rispondere all’emergenza di salute pubblica. Verrebbe meno la sua funzione di coordinamento internazionale.
Le recenti brutali riaperture in Cina e le loro possibili conseguenze potrebbero ora frenare gli esperti e portarli a confermare di nuovo l’emergenza sanitaria pubblica di portata internazionale per Covid-19. Pochi giorni fa, durante il briefing settimanale dell’Oms con la stampa, Ghebreyesus (che in quanto direttore generale dell’Oms è la persona che può ratificare la decisione) non sembrava trovare che questo fosse il momento giusto per dichiarare l’emergenza conclusa, proprio per via della nuova ripresa dei contagi e dei decessi (sottostimati) a livello globale, con la possibilità di veder emergere nuove varianti e sottovarianti.
“La pandemia non è finita: ci sono ancora migliaia di casi e migliaia di decessi a livello globale”, commenta a Wired Walter Ricciardi, docente di igiene e medicina preventiva all’Università Cattolica del Sacro Cuore e consigliere scientifico del Ministro della Salute per l’emergenza COVID-19 fino a settembre 2022, che spiega che prolungare la dichiarazione ufficiale di emergenza sanitaria pubblica di portata internazionale è un atto per continuare a tenere alto il livello di attenzione presso le autorità governative, che troppo spesso tendono a minimizzare e tendono a ridurre le misure di monitoraggio e di prevenzione. Il potere e gli strumenti dell’Oms hanno comunque dei limiti, in quanto le raccomandazioni non sono vincolanti. “Quello che è emerso chiaramente è che i regolamenti attuali sono insufficienti per far fronte a future minacce epidemiche globali”, conclude Ricciardi. “Servirebbe un trattato pandemico internazionale che vincoli legalmente i paesi membri. Se ne discute ormai da quasi due anni e dovrebbero esserci aggiornamenti durante la prossima World Health Assembly il prossimo maggio”.
Via: Wired.it
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