Il peso della povertà sulla nostra salute

salute
(Foto: Mufid Majnun su Unsplash)

Gli studi condotti nell’ambito del progetto Lifepath, finanziato dal programma Horizon Europe fin dal 2020 e coordinato da Paolo Vineis, che insegna Epidemiologia Ambientale all’Imperial College di Londra, si propongono di mettere in evidenza gli effetti delle disuguaglianze socioeconomiche sulla biologia della salute nel corso della vita. Una parte dei dati ottenuti sono presentati da Vineis e dal giornalista Luca Carra in questo volume, che propone un modello di integrazione tra i contributi delle scienze sociali e delle scienze naturali con l’obiettivo di progettare misure politiche che tutelino il benessere di tutti i cittadini. Seguendo i risultati della Commissione presieduta dall’epidemiologo di University College London Michael Marmot sui determinanti sociali di salute, gli autori considerano il modo in cui gli svantaggi sociali, geografici e occupazionali tolgano vita e salute alle persone, costrette a vivere in ambienti degradati senza le cure di cui hanno bisogno e cui avrebbero diritto.

Luca Carra, Paolo Vineis
Il capitale biologico. Le conseguenze sulla salute delle disuguaglianze sociali.
Codice edizioni, 2022
pp. 160, € 16,00

I dibattiti e la pubblicistica corrente propongono spesso soluzioni per ridurre la povertà, ma non si preoccupano della qualità della vita e delle differenze che si presentano lungo tutto il gradiente sociale. Limitandosi a questo tipo di interventi, si sottovaluta la relazione tra condizioni socio economiche, benessere e invecchiamento in salute. Non solo lo status economico, ma anche l’istruzione, la motivazione e l’interesse al proprio lavoro hanno effetti molto positivi sulla durata della vita e sulla qualità dell’invecchiamento. Al contrario fumare, mangiare male, fare poco moto, incubare stress… incidono per tutto il corso della vita sulle malattie croniche della popolazione che invecchia. Elaborati modelli matematici dimostrano infatti che già nella prima infanzia si determina la propensione degli adolescenti ad adottare comportamenti a rischio, generando negli adulti diseguaglianze nella suscettibilità a determinate malattie e nella stessa mortalità.

Gli autori considerano anche una interessante associazione tra durata della vita e posizione lavorativa. La mancanza di controllo sul proprio lavoro determina una maggiore incidenza di malattie cardiovascolari, probabilmente perché viene alterato l’equilibrio tra sforzo e ricompensa, dove la ricompensa consiste nella stima dei colleghi, nell’avanzamento in carriera e nello stipendio. Senza l’opportunità di imparare, senza la convinzione di “contare qualcosa”, senza un feedback su quello che si sta facendo è facile entrare in situazioni di stress: queste si traducono in malattia e mortalità precoce attraverso una serie di meccanismi fisiopatologici, dal maggiore rilascio di ormoni come adrenalina e cortisolo fino a marcatori di rischio cardiovascolare. Intervengono in questo, suggeriscono gli autori, meccanismi epigenetici, ossia quelli per cui, senza influenzare l’ereditarietà dei caratteri, le circostanze ambientali e sociali sono in grado di modificare l’assetto e il funzionamento dei geni.

Le situazioni di stress possono manifestarsi come disagio psichico e portare all’uso e all’abuso delle cosiddette droghe ricreative, fino al consumo illegale di potentissimi oppioidi. Così negli Stati Uniti nel 2016 sono stati proposti provvedimenti per arrestare l’onda della dipendenza di massa che porta milioni di persone a consumare, anche legalmente, antidolorifici e oppioidi. Disoccupazione e precariato sono, al tempo stesso, causa ed effetto di questa situazione, responsabile a sua volta dell’arricchimento delle case farmaceutiche per la vendita di questi farmaci, prima causa delle “morti per disperazione”.

Lo studio delle disuguaglianze di salute in una popolazione, sostengono gli autori, fa capire quanto sia illusorio attribuire ad una sola causa la diversa traiettoria della vita di ciascuno, ignorando l’intreccio di fattori genetici, ambientali e sociali. Non basta definire gli agenti causali di una malattia, per esempio sapere quali microrganismi la provocano; bisogna proporre interpretazioni multifattoriali considerando le componenti sociali e culturali oltre a quelle biologiche. Bisogna anche adottare punti di vista che includano l’intero arco della vita dei soggetti esaminati, in una prospettiva longitudinale. Un buon invecchiamento, infatti, dipende molto da come sono stati vissuti gli anni dell’infanzia e della gioventù e le modificazioni che ne conseguono vanno considerate come un flusso in costante mutamento, che varia a seconda della classe sociale.

L’adattamento dell’organismo alle diverse condizioni ambientali attraverso il proprio cambiamento è definito allostasi, ed è un processo che investe i vari sistemi fisiologici come il sistema immunitario, il sistema endocrino, il sistema nervoso. Lo studio di queste modificazioni funzionali permette di definire l’età biologica degli individui, spesso diversa dall’età cronologica calcolata in base al numero di anni vissuti. E si dimostra che lo scostamento tra queste due età, cioè l’accelerazione o la decelerazione nello stabilirsi delle differenze, è associato alla classe sociale. Ambiente di vita, alimentazione, fumo sono importanti fattori di rischio, e le loro conseguenze sono difficili da sradicare: i modelli longitudinali di invecchiamento (il costo di vivere) sviluppati da Lifepath permettono di capire come le esposizioni passate abbiano influito su quelle più recenti e permettono di misurare come queste, a loro volta, abbiano modificato le dinamiche biologiche.

Nelle conclusioni, gli autori propongono una teoria dell’incorporazione della dimensione sociale in quella biologica, capace di spiegare perché le disuguaglianze socio-economiche possono determinare conseguenze di salute. In molti Stati esiste già una gamma di opzioni politiche tese a ridurre le disuguaglianze e le loro conseguenze, mitigando la povertà e offrendo opportunità di servizi sanitari, controlli sulla crescita dei bambini e istruzione. Cruciale è il tema del lifelong learning, cioè dell’istruzione e formazione continua in particolare per le nuove tecnologie, uno strumento potentissimo per recidere il legame tra lo svantaggio socioeconomico e lo svantaggio di salute. E proprio il riconoscimento dei nessi di causalità entro reti di relazioni e interdipendenze complesse fino all’integrazione di un approccio misto naturale e sociale, è quello che gli autori di questo libro hanno cercato di descrivere.

Credits: Mufid Majnun su Unsplash