Sono più di un miliardo, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), i giovani di età compresa fra i 12 e i 35 anni che rischiano la perdita dell’udito a causa dell’esposizione a suoni eccessivamente forti. Parliamo ad esempio della musica ascoltata con le cuffie o gli auricolari a volume molto alto. Ma parliamo anche, più in generale, di persone di ogni età esposte a vari fattori di rischio, come l’assunzione di determinati medicinali che possono arrecare danni all’apparato uditivo, o che lavorano in ambienti estremamente rumorosi. Globalmente, le persone con problemi di udito sono più di un miliardo e mezzo – di cui 430 milioni soffrono di una forma disabilitante di perdita dell’udito – e l’OMS stima che entro il 2050 si possa raggiungere quota due miliardi e mezzo. Accorgersi per tempo di questo tipo di problema, dicono gli esperti, può fare la differenza sull’efficacia degli interventi riabilitativi e anche degli apparecchi acustici. Per questo motivo, l’OMS ha messo a disposizione una app gratuita per il controllo dell’udito: si chiama hearWHO, è fruibile da chiunque in autonomia ed è disponibile in inglese, spagnolo e cinese mandarino.
Problemi di udito: a quali segnali dovremmo fare caso
“Uno dei primi indizi di una possibile perdita dell’udito – spiega Shelly Chadha, direttore tecnico Ear and hearing care dell’OMS – si ha quando non si riesce a capire bene quello che le persone dicono in un luogo rumoroso, come un ristorante. Se si è in compagnia di amici e si deve continuare a chiedere loro di ripetere a causa del rumore di fondo, allora è il caso di iniziare a sospettare di avere problemi di udito”.
Altri indizi, prosegue l’esperta, potrebbero essere il fatto di sentire un continuo ronzio o fischio nelle orecchie, o ancora, il fatto che le persone ci dicano che tendiamo a parlare con un volume di voce piuttosto alto. “Se riscontrate uno qualsiasi di questi segnali – continua Chadha – è importante che ne prendiate nota e che vi sottoponiate a un controllo dell’udito il prima possibile. Potete anche controllare il vostro udito da soli, facendo un primo controllo con l‘applicazione gratuita dell’OMS, hearWHO”. La app può infatti essere un primo importante strumento di screening, da utilizzare per decidere se sia effettivamente il caso di sottoporsi a una visita specialistica.
Prevenire è fondamentale
A seconda di quale sia la causa scatenante, per esempio se ci viene diagnosticata un’infezione all’interno dell’orecchio, i problemi di udito possono essere curati tramite l’assunzione di farmaci o, in alcuni casi, con l’intervento chirurgico. Ma in molti altri casi, purtroppo, la perdita dell’udito non può essere curata definitivamente. “Ciò che si può fare – prosegue Chadha – è mettere le persone affette da ipoacusia nella condizione di poter comunicare meglio, attraverso l’uso di dispositivi come apparecchi acustici e impianti cocleari”. Ma affinché questi interventi siano efficaci, sottolinea l’esperta, è importante che vengano messi in atto il prima possibile: “A tal fine, è importante sottoporsi a controlli regolari dell’udito e osservare i segni di ipoacusia di cui ho già parlato”. E oltre al controllo regolare del nostro unico, ci sono dei semplici accorgimenti che possono risultare molto efficaci per prevenire questo tipo di problema. Uno fra tutti, evitare di ascoltare la musica a volume troppo alto (gli esperti suggeriscono di tenerlo sotto il 60% del volume massimo), specialmente quando lo facciamo attraverso cuffie o auricolari, il cui tempo di utilizzo andrebbe comunque limitato durante la giornata. Se facciamo uso di questi dispositivi per lavoro, ad esempio, evitiamo di utilizzarli anche nel tempo libero e, soprattutto, concediamo delle pause alle nostre orecchie, passando ad esempio di tanto in tanto all’impiego di casse esterne. Altra buona norma è quella di indossare dei tappi per le orecchie quando frequentiamo luoghi o locali molto rumorosi. “Questo semplici consigli – conclude Chadha – possono effettivamente essere d’aiuto e assicurarci di sentire bene oggi e di continuare anche a farlo nel corso della nostra vita”.
Photo by Sharon Waldron on Unsplash