Ricostruire eventi lontanissimi nel tempo, come l’incontro tra Sapiens e Neanderthal, analizzando ossa rosicchiate, pietre più o meno lavorate o scheggiate, qualche dente e, se si è fortunati, qualche sepoltura, non è certo una impresa facile. Si ritiene che le più antiche tracce di primati risalgano a più di 60 milioni di anni fa, e poter ricostruire una cronologia degli eventi che si sono succeduti sul pianeta richiede anche il coordinamento tra reperti raccolti in luoghi diversi e spesso lontani tra loro. Non si riesce ad andare così indietro nel tempo ma Sahra Talamo, chimica all’Università di Bologna ed esperta in datazioni di reperti preistorici, ha sviluppato delle modernissime tecnologie che descrive con entusiasmo nel suo libro.
Incontri tra Sapiens e Neanderthal
Le prime tracce di Homo sapiens in Africa risalgono al Paleolitico, circa 300.000 anni fa, e intorno a 50.000 anni fa si immagina sia avvenuta la migrazione in Europa (out of Africa) seguita da una probabile interazione con i Neanderthal che da tempo vi si erano stanziati. Si può sapere con esattezza quando e come le due popolazioni hanno interagito e si sono reciprocamente influenzate? Quali scambi culturali possono essere intervenuti? Molte discipline scientifiche cooperano, ciascuna con le proprie tecnologie, per fare luce su eventi tanto antichi. Talamo descrive con precisione le sue ricerche di datazione basate sull’uso di alcuni isotopi come il 10 Be, Berillio ma soprattutto del radiocarbonio 14C, confrontato con la quantità di carbonio non radioattivo 12 C presente nei reperti. Conosciamo così le modalità con cui vengono preparati e analizzati i campioni e le specificità delle informazioni date dalla tecnica del radiocarbonio, applicata al collagene ricavato da ossa umane. Si può giungere così ad avere datazioni che concordano con i dati ottenuti dalle analisi genetiche, e in particolare con quelle sul DNA mitocondriale.
Una lunga convivenza tra Sapiens e Neanderthal
I risultati di queste analisi parlano di lunghi periodi di convivenza, in Europa, tra Homo sapiens e Neanderthal, tra i 50.000 e i 39.000 anni fa: le analisi genetiche dei reperti della grotta di Bacho Kiro dimostrano una notevole ibridazione tra le due popolazioni, e di queste si rilevano ancora oggi tracce nell’Asia orientale e nelle Americhe. Ma l’ibridazione tra Sapiens e Neanderthal non è stata solo genetica: gli scambi dal punto di vista culturale sono testimoniate da importanti similitudini tra diversi tipi di manufatti. Andando all’indietro nel tempo, gli errori di datazione diventano sempre maggiori, anche perché la quantità di radiocarbonio ambientale non si mantiene costante. Queste variazioni possono essere prodotte da eventi naturali che si verificano in atmosfera, e molte di queste sono ben note ai ricercatori che devono tenerne conto.
Gli strumenti di datazione
Nel laboratorio BRAHVO di Bologna, Talamo svolge le sue ricerche di datazione su materiali organici di provenienza diversa, attenta ad ogni contaminazione, cercando di preservare i reperti da cui prelevare i campioni da analizzare, utilizzando macchine e tecnologie all‘avanguardia. Ricerche di datazione in periodi più recenti sono state fatte in dendrocronologia, trovando correlazioni tra lo spessore delle cerchie annuali di alberi diversi. A volte si tratta di alberi coevi, dove il confronto è facile, altre volte si tratta di alberi detti flottanti, in cui non c’è sequenza temporale: da questi si ottengono cronologie frammentate, sperando sempre di trovare il materiale che possa completare le serie mancanti. Sono state quindi definite delle curve di calibrazione internazionali (INT-Cal), che sono diventate uno strumento importantissimo per mettere correlazioni tra dati raccolti in luoghi diversi da ricercatori che usano tecnologie specifiche. Alcuni esempi sono riportati nelle tavole conclusive del testo. Con questo prezioso strumento si possono confrontare i e standardizzare i diversi risultati e le curve più aggiornate permettono datazioni molto precise da 0 a 14.000 anni fa.
Le variazioni ambientali
Per andare più indietro, fino a 55.000 anni fa, la curva INT-Cal20 si basa su combinazione di misurazioni ottenuti con materiali assai diversificati; ma queste danno tuttavia notevoli incertezze sulle età calendario, quelle in cui si devono trasformare le età ottenute con il 14C. Probabilmente le nuove metodologie statistiche potranno dare datazioni più accurate per il Pleistocene, tenendo in debito conto sia le oscillazioni nel tempo della quantità di 14C sia altre variabili. I dati raccolti, oltre all’età cronologica, potranno dare informazioni preziose sulle variazioni ambientali, climatiche ed elettromagnetiche generate dalle condizioni solari che hanno modificato in vari periodi la nostra atmosfera.
Comprendere la storia dell’umanità
Il percorso scientifico di Talamo è descritto con vivacità e partecipazione. E’ interessante la descrizione della vita di laboratorio, la purificazione dei campioni, le attese della risposta delle macchine, le collaborazioni tra gruppi di studio diversi, la gioia dei risultati e l’attesa della pubblicazione ma anche l’amarezza delle critiche. Non mancano i racconti sulla ricerca dei materiali in situ, in grotte da lungo tempo disabitate in cui individuare lo strato di terriccio e residui corrispondente all’epoca su cui indagare, o in riva al mare sperando di trovare antichi tronchi ormai fossilizzati. La sfida culturale è sempre quella di contribuire alla scoperta di nuove informazioni e, come conclude l’autrice, a spingersi sempre più vicino alla comprensione della storia della specie umana sulla Terra.
Credits immagine: Clay Banks su Unsplash