Combattere la pigrizia fa bene, anche ai pesci

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(Foto: Università di Ferrara)

La pigrizia non sempre paga, anzi, neanche quando parliamo di pesci. Uno studio condotto dall’Università di Ferrara rivela che gli zebrafish possono essere sì dei pigroni, ma in determinate situazioni non conviene affatto. In natura infatti, risparmiare energia è vantaggioso, ma in cattività al contrario diventa fondamentale mantenere attivo il cervello, poiché l’impegno mentale giova al benessere. La ricerca, pubblicata su Applied Animal Behaviour Science, ha esplorato le capacità cognitive degli zebrafish, una specie modello utilizzata spesso per la ricerca in biologia comportamentale e potrebbe avere ripercussioni importanti per il benessere dei pesci negli allevamenti.

È intelligente, ma non si applica

Durante l’esperimento, i pesci sono stati sfidati a risolvere un puzzle (un puzzle feeder nello specifico, una sorta di gioco che rende accessibile solo con un determinato sforzo l’accesso al cibo, come da immagine) e hanno imparato rapidamente come farlo per ottenere la ricompensa. Tuttavia, quando hanno avuto libero accesso a cibo senza sforzo, quasi tutti hanno optato per la via più semplice, evitando di risolvere il rompicapo. “È interessante osservare che anche i pesci, come altre specie, preferiscano evitare sforzi inutili quando possibile,” ha affermato Tyrone Lucon-Xiccato dell’Università di Ferrara e coordinatore dello studio. “Sebbene siano in grado di apprendere e risolvere problemi complessi, preferiscono risparmiare energie se possono farlo.”

L’importanza dell’arricchimento cognitivo per il benessere animale

Dalla ricerca è emersa però una componente fondamentale per migliorare il benessere animale: l’arricchimento cognitivo, come ha aggiunto Elia Gatto, primo autore del lavoro. Questo concetto si riferisce a stimoli mentali che permettono agli animali di esercitare le proprie capacità cognitive attraverso sfide e compiti complessi, soprattutto quando vivono in ambienti confinati come gli allevamenti. L’idea alla base di questa pratica è che molti animali in cattività traggono beneficio dal coinvolgimento in attività che richiedono ingegno per ottenere una ricompensa. Questo approccio replica, in parte, le sfide che affronterebbero in natura per procacciarsi il cibo o orientarsi nel loro habitat. Quando sono sottoposti a queste sfide, gli animali si mostrano più stimolati e meno soggetti a stress rispetto a quelli che vivono in ambienti dove tutti i loro bisogni sono soddisfatti senza sforzo.

Per studiare questo comportamento nei pesci, i ricercatori hanno quindi suddiviso gli zebrafish in due gruppi: il primo aveva accesso libero al cibo, mentre l’altro poteva alimentarsi solo dopo aver risolto un rompicapo. Lo studio ha dimostrato che i pesci con il cervello più attivo mostravano un livello di stress significativamente inferiore rispetto ai loro simili che non erano stati sottoposti a sfide cognitive, come ha spiegato Chiara Varracchio, tra gli autori del paper. “Dopo 14 giorni, i pesci sottoposti al compito cognitivo hanno mostrato livelli di stress inferiori rispetto al gruppo di controllo, esibendo comportamenti più naturali e rilassati durante le nostre osservazioni. Questo ci porta a concludere che gli arricchimenti cognitivi migliorano il benessere dei pesci in cattività.”

Le possibili applicazioni dello studio

L’arricchimento cognitivo, già utilizzato per altre specie come cani, maiali e scimpanzé, si sta quindi rivelando una strategia efficace per migliorare le condizioni di vita degli animali in cattività, hanno ricordato gli autori, e studi come questo aprono nuove prospettive per applicarlo anche agli ambienti acquatici. “È importante proseguire in queste ricerche nonostante le difficoltà: i pesci sono gli animali vertebrati presenti in maggior numero nei nostri allevamenti e quindi sono quelli più colpiti dalle problematiche di benessere” conclude Cristiano Bertolucci, co-autore dello studio.

Immagine: Università di Ferrara