Lo sviluppo globale è uno sviluppo per pochi eletti, ovvero per pochi ricchi? Al Millennium Round di Seattle, dove i paesi appartenenti al WTO (World Trade Organization) si sono riuniti nel dicembre scorso per decidere i destini del mercato mondiale di qui ai prossimianni, la protesta coordinata a livello internazionale ha drammaticamente riportato alla luce i problemi connessi con l’idea di uno sviluppo globale. In primo luogo, l’esigenza di uno sviluppo economico accessibile a tutti, e fondato su valori più solidi del solo profitto. Mentre i Grandi della Terra continuano a portare avanti politiche finalizzate innanzitutto ad accrescere capitali già ingenti, nascono sempre più numerose iniziative private che guardano a realtà economiche più piccole e alla possibilità di un loro effettivo sviluppo.
E’ il caso di Banca Etica, sorta in Italia nel marzo scorso, diversi anni dopo la nascita della capostipite Grameen Bank (http://www.grameen-info-org) in Bangladesh e delle varie esperienze europee in Svizzera, Germania, Olanda. Banca Etica ha sede a Padova ed è guidata da Fabio Salviato, ex dirigente della azienda ottica Safilo ed ex presidente del Ctm-mag, una grande cooperativa per il finanziamento di attività non-profit. Galileo lo ha intervistato.
Dottor Salviato, come definirebbe Banca Etica?
Mi piace parlare di Banca Etica come di una banca “portatrice di senso”, cioè in grado di restituire significato ai concetti di credito e risparmio. Le banche tradizionali, infatti, tendono da un lato a dar credito solo a chi è in grado di fornire garanzie consistenti, gratificando le imprese e i soggetti economicamente già forti, ed escludendo i piccoli e i poveri. Dall’altro impiegano i soldi dei risparmiatori in investimenti non sempre trasparenti, a volte al limite della legalità. Banca Etica spezza questa catena legata esclusivamente alla ricerca del massimo profitto, dando credito a tutti i soggetti deboli, nel mondo industrializzato e altrove. Si rivolge insomma a tutti coloro che non hanno accesso alle tradizionali attività finanziarie, mettendo al primo posto un valore economico in qualche modo nuovo: la massimizzazione dell’utilità sociale.
Quale ruolo possono avere le banche etiche nel sviluppo economico dei paesi del Sud del mondo?
Per i PVS le banche etiche sono una vera “bombola d’ossigeno”. Le iniziative a sostegno dei paesi più poveri permettono a molte famiglie di superare il problema della sussistenza, e contemporaneamente le “educano” ad essere imprenditori di se stessi. Ad esempio Banca Etica destina il 45 per cento della sua raccolta a sostenere iniziative a favore dei paesi in via di sviluppo, per esempio alcuni progetti di ONG, le botteghe del Commercio equo e solidale o le cosiddette banche-villaggio. L’obiettivo è di sollevare dallo sfruttamento e dalla povertà assoluta e “convertire” alla cultura dell’intraprendenza. Due ingredienti importanti per affrancarsi dalla fame e della miseria.
Una finanza etica, appunto. Ma quali sono i suoi principi-chiave?
Innanzitutto, restituire il senso originario al concetto di credito: dare e ricevere fiducia. La finanza tradizionale ha dimenticato il valore della fiducia. Invece, dare fiducia anche ad un soggetto economicamente svantaggiato conferisce al risparmio una valenza etica, e quindi un valore aggiunto: quello di garantire una crescita dignitosa a tutti i membri di una comunità. Dall’ultimo rapporto Istat, sappiamo che almeno 7.000.000 di persone in Italia vivono al di sotto della soglia di povertà. Nel mondo sono 2 miliardi. Tutte questa gente, attualmente, non ha accesso ad alcun tipo di finanziamento bancario, e quindi è destinata a rimanere povera. La Banca Etica, dando credito al Terzo Settore, aiuta concretamente le fasce più deboli della popolazione o finanzia con i microcrediti attività agricole necessarie alla sopravvivenza nei PVS. Dall’altro lato, promuove la gestione etica di impresa, mirando al miglioramento economico della piccola azienda a conduzione familiare fino alla grande struttura imprenditoriale. Ma con una unica finalità: favorire la crescita di una società rispettosa dell’ambiente, della dignità di ogni essere umano, delle culture dei singoli paesi.
Si può quindi definire Banca Etica la banca del Terzo Settore?
Sicuramente Banca Etica nasce per sostenere il Terzo Settore, ma questa è una definizione semplicistica, per due motivi. Innanzitutto, perché dietro alla formula “Terzo Settore” c’è una varietà di iniziative imprenditoriali, accomunate dai valori del volontariato e del no-profit che, non lo dimentichiamo, realizza un fatturato pari al 2 per cento del Pil italiano e conta 53.000 imprese con oltre 320.000 occupati. Si tratta soprattutto di cooperative e associazioni impegnate nei più diversi settori del sociale (assistenza agli anziani, assistenza sociale e sanitaria), di Organizzazioni non governative (progetti di sviluppo, commercio equo e solidale), fino alle associazioni ambientaliste.In secondo luogo, la definizione è riduttiva perché Banca Etica è aperta a tutti, anche agli imprenditori “profit”, disposti ad amministrare la loro azienda secondo i parametri della finanza etica.
Quali strumenti usa Banca Etica per rimanere fedele ai principi che si è data ?
Consapevoli di quanto sia facile allontanarsi dalla linea scelta all’inizio di questa esperienza, abbiamo previsto nel nostro statuto alcuni organi ad hoc, con il compito di mantenere intatte le caratteristiche della banca, sia a livello dirigenziale, che nei rapporti col pubblico. In particolare abbiamo istituito un Comitato etico, con funzione consultiva e propositiva, il quale controlla che lo sviluppi della banca si attui nel rispetto dei criteri di eticità, come per esempio quello della massimizzazione dell’utilità sociale. Il comitato è composto di cinque individui di riconosciuto profilo etico e morale, e ha funzione consultiva e propositiva. Nei rapporti con la clientela è per noi indispensabile la “Certificazione Etica”, uno strumento attraverso il quale Banca Etica controlla costantemente l’eticità dei suoi clienti: così ogni nostro potenziale cliente, per ottenere un finanziamento, deve dimostrare di seguire criteri di eticità nella conduzione della sua impresa, sia essa profit o non profit.
Quali sono, se ve ne sono, i freni all’espansione di una cultura economica “etica”?
Nonostante i successi riportati da Banca Etica nei suoi primi mesi di attività, le difficoltà sono tante, e sono quasi tutte di tipo culturale. I valori della finanza etica sono ancora troppo lontani dalla nostra cultura, dai valori che guidano le scelte degli imprenditori, e anche dalle istituzioni politiche. Innanzitutto, pochi risparmiatori sono a conoscenza di iniziative come la nostra, pur avvertendo sempre più il bisogno di sapere come vengono impiegati i loro soldi. In secondo luogo, gli imprenditori non sono abituati a considerare il fatto che un’iniziativa commerciale rispettosa dell’ambiente e dei lavoratori ha un sicuro guadagno in termini di immagine e di qualità del prodotto. La politica, infine, dovrebbe essere più sensibile ai cambiamenti della società, dando più spazio al terzo Settore e a iniziative come Banca Etica, soprattutto in una fase come quella attuale, in cui aumentano i bisogni delle fasce più deboli della popolazione e lo Stato può spendere per loro sempre meno denari.
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