La dislessia non è uguale per tutti. E per chi parla la lingua di Dante e Petrarca le probabilità di soffrire di questo disturbo sono minori. Infatti, sebbene le basi neurologiche di questo disturbo siano universali, i problemi funzionali si manifestano in modo diverso a seconda che l’ortografia della lingua nativa sia più o meno regolare. E, buon per noi, l’ortografia dell’italiano è tra le più regolari in circolazione. Lo ha dimostrato un’équipe internazionale di neuropsicologi guidata da Eraldo Paulesu, dell’Università di Milano Bicocca.
La dislessia non è considerata una malattia, ma una difficoltà di apprendimento della scrittura, della lettura, della pronuncia o del calcolo. È associata a carenze di memoria a breve termine e generalmente viene individuata in età scolare, in conseguenza delle difficoltà di alfabetizzazione del bambino. L’origine della dislessia è probabilmente genetica, mentre alla base delle difficoltà nella lettura sembra essere un’anormalità celebrale che impedisce di associare correttamente i suoni alle parole.
Secondo le stime, il 4 per cento della popolazione mondiale è affetto da dislessia. “Tuttavia”, osserva Paulesu, “l’incidenza sembra maggiore nei paesi che hanno un sistema di scrittura più complesso o irregolare, come quelli di lingua inglese. Nei bambini italiani di 10 anni, per esempio, la percentuale di casi riscontrati è la metà di quella evidenziata nei bambini statunitensi”. Il team di ricercatori italo-britannico ha studiato le cause di questa discrepanza esaminando un gruppo di 36 studenti universitari dislessici di lingue diverse. I risultati dei test di memoria fonologica a breve termine sono stati tutti ugualmente scadenti, ma nelle prove di lettura i dislessici italiani hanno commesso meno errori dei dislessici inglesi e francesi.
Per determinare se questa disparità avesse basi neurologiche, i ricercatori hanno fatto ricorso alla tomografia a emissione di positroni (Pet), una tecnica che permette di monitorare l’attività neurale visualizzando i flussi di sangue nelle diverse regioni cerebrali. Maggiore è l’attività di una certa zona del cervello, maggiore sarà l’afflusso di sangue, e l’area verrà quindi evidenziata dalla Pet. Ferruccio Fazio all’Istituto scientifico San Raffaele di Milano ha osservato che tutti i volontari, a prescindere dalla loro lingua madre, mostravano una ridotta attività del lobo temporale sinistro durante la lettura. La dislessia, pertanto, sembra avere una base neurologica universale.
I migliori risultati ottenuti dai nostri connazionali nei test di lettura potrebbero essere spiegati dal fatto che l’inglese e il francese, sebbene per ragioni diverse, hanno ortografie più complesse dell’italiano. La relazione tra rappresentazione grafica delle lettere e il suono delle parole inglesi, in particolare, è spesso ambigua, al punto che in molti casi si può leggere correttamente un termine solo se già si conosce la sua pronuncia. In italiano, al contrario, lo stesso gruppo di lettere rappresenta quasi sempre lo stesso suono in modo univoco, rendendo la lingua scritta logica e facile da leggere. “E’ come giocare su una scacchiera 8×8, in cui le pedine, oltre a muoversi in orizzontale e verticale, possono muoversi anche in diagonale, oppure giocare su una scacchiera 4×4, in cui le pedine possono muoversi solo avanti o indietro”, spiega Paulesu.
Influendo sull’abilità di lettura, la complessità dell’ortografia determina anche la gravità dei sintomi. Al punto che con lingue “facili”, come appunto l’italiano, essi potrebbero risultare spesso nascosti. “L’incidenza della dislessia in Italia potrebbe essere sottostimata”, sottolinea Paulesu, “perché molti casi non vengono diagnosticati. In un certo senso, i dislessici italiani sono più fortunati perché le loro difficoltà sono mitigate dalla regolarità dell’ortografia”. La ricerca, pubblicata sulla rivista Science del 16 marzo, è stata realizzata in collaborazione tra l’Università di Milano Bicocca, l’Istituto scientifico San Raffaele, il Cnr, l’Università di Parma, l’Istituto nazionale della sanità e della ricerca medica francese, l’Istituto di neuroscienze cognitive dell’università di Londra.
Ho da poco conseguito la laurea in scienze e tecniche psicologiche con una tesi sulle dislessie evolutive aspetti neurobiologici ed educazionali ed ho raccolto le indicazioni di studiosi statunitensi che ribadivano lo stesso concetto, su larga scala i dislessici italiani superano senza molti errori le prove di lettura, rispetto ai francesi e agli inglesi!