Una convention in piena campagna elettorale rimandata (quella dei repubblicani a Tampa, in Florida), due satelliti costretti a rimanere a terra più del previsto e piattaforme petrolifere a rischio evacuazione. La tempesta tropicale Isaac non si è ancora trasformata in un vero e proprio uragano – lo farà, secondo le previsioni nelle prossime ore quando i venti potranno raggiungere velocità tra i 150 e i 180 km/h – ma ha già sconvolto il Centro America, dove nel Golfo del Messico prosegue verso nord minacciando di abbattersi sulle coste dalla notte di martedì. E mentre Florida, Alabama, Mississippie Louisiana hanno dichiarato lo stato di emergenza, la paura è che Isaac rifaccia rivivere il disastro dell’uragano Katrina che esattamente sette anni fa sconvolse New Orleans.
Per ora, come riporta il National Hurricane Center, la tempesta si muove dai pressi di Cuba verso Nord-Ovest, viaggiando a una velocità di circa 100 chilometri all’ora. Ma se i venti dovessero prendere maggiore forza, allora si potrebbe arrivare a parlare di un uragano (quando cioè verrà superata la soglia delle 74 miglia per ora, ovvero circa 120 km/h), di categoria 2 o addirittura 3 (in una scala da uno a 5). E allora le piogge, i venti e gli isolati tornado che accompagneranno l’approdo dell‘uragano – ossia l’arrivo sulla terraferma dall’acqua – potranno causare danni per ora solo immaginabili.
Dallo scoperchiamento di case ed edifici allo sradicamento degli alberi, all’interruzione della corrente elettrica, a inondazioni ed erosioni delle coste colpite dall’arrivo dell’uragano. A farne le spese potrebbe essere soprattutto la città di Mobile, in Alabama e di nuovo, dopo Katrina, New Orleans, che pur rimanendo fuori dalla possibile rotta di Isaac potrebbe vedere pesantemente danneggiate le proprie dighe.
E il rischio di danni alle infrastrutture potrebbe essere ancora maggiore, colpendo un punto centrale dell’approvvigionamento energetico Usa, quello legato al Golfo del Messico, responsabile del 23 per cento della produzione petrolifera statunitense e del 7 per cento di tutta la sua estrazione di gas naturale. Infatti è praticamente certo che la tempesta Isaac raggiungerà i siti di produzione (secondo quanto riportaScientific American la probabilità è del 95 per cento), tanto che alcune industrie petrolifere, tra cui la British Petroleum, hanno già evacuato le proprie piattaforme e altre hanno annunciato di farlo nelle prossime ore, come la Shell e la Anadarko Petroleum Corp. Secondo i calcoli il passaggio di Isaac nel Golfo del Messico potrebbe determinare una riduzione momentanea fino all’85 per cento della produzione petrolifera off-shore e del 68 per cento per quel che riguarda quella di gas naturale.
Certe, invece, sono le conseguenze spaziali già prodotte della tempesta. Per evitare infatti che le due sonde della missione della Nasa Radiation Belt Storm Probes (Rbsp) per lo studio della fascia di Van Allen venissero danneggiate dalle condizioni meteo, il loro lancio, previsto per il 24 agosto è stato rimandato a non prima del 30.
via wired.it
Credit immagine NASA GOES Project