La storia dei dei virus è scritta nel genoma dei loro ospiti. Studiando il Dna di alcuni uccelli passeriformi, i biologi Cédric Feschotte e Clément Gilbert dell’Università del Texas (Usa) hanno trovato traccia del primo virus che infettò il fegato dei vertebrati. Appartiene alla stessa famiglia di quello che causa l’epatite B ed è “vecchio” almeno 19 milioni di anni. La scoperta, su PLoS Biology, retrodata la comparsa di questa classe di virus, che sino ad oggi si collocava intorno a qualche migliaia di anni fa.
L’unico modo per tracciare il cammino evolutivo di questi microrganismi, poiché mutano rapidamente e non lasciano fossili, è proprio studiare il codice genetico dei loro ospiti. Per replicarsi, infatti, i virus dei vertebrati hanno bisogno di integrare il loro genoma a quello delle cellule somatiche – cioè tutte tranne quelle destinate a formare gli spermatozoi e gli ovociti (dette germinali) – degli organismi che infettano. Talvolta, però, capita che i virus si inseriscano nel Dna di queste cellule destinate alla riproduzione, dove rimangono silenti, trasmettendosi da una generazione all’altra. In questo modo, diventano “fossili molecolari” da cui i ricercatori possono trarre informazioni sulla loro età ed evoluzione.
Andando alla ricerca di queste tracce molecolari all’interno del Dna di cinque specie di passeriformi, i ricercatori si sono imbattuti in sequenze genetiche simili a quelle del moderno virus dell’epatite B. Appartengono al più antico epadnavirus (virus a Dna che attacca il fegato) mai ritrovato in alcun organismo vivente. La cosa sorprendente, affermano i ricercatori, è che questo fossile assomiglia molto ai moderni epadnavirus: una conferma del fatto che i virus si evolvono lentamente perché ben adattati ai loro ospiti.
Riferimenti: PLoS Biology doi:10.1371/journal.pbio.1000495