Sexting, il sesso al tempo degli smartphone

Si chiama sexting, neologismo derivato da sex (sesso) e texting (invio di sms): è lo scambio di foto e messaggi dal contenuto sessuale esplicito. E sta diventando una forma di sessualità a sé stante, come suggerisce uno studio pubblicato sulla rivista Pediatrics dai ricercatori della University of Texas Medical Branch (Utmb).

Jeff Temple, professore e psicologo presso la Utmb, ha condotto insieme ai suoi colleghi uno studio lungo sei anni, finanziato dal National Institutes of Health (Nih) e dal National Institute of Justice (Nij), su un gruppo di adolescenti statunitensi, chiamati periodicamente a compilare dei questionari anonimi sulle loro esperienze in fatto di sexting e sesso.

“Sappiamo che il sexting è abbastanza comune tra i ragazzi”, ha detto Temple. “Quello che non sappiamo, invece”, continua il professore, “è cosa venga prima, se il sexting o il contatto con il sesso reale”. Durante la loro indagine, gli scienziati hanno prestato particolare attenzione ai dati relativi al secondo e al terzo anno, ritenuti fondamentali per predire l’attività sessuale degli anni successivi. Dai dati è così emerso che chi ha fatto sexting durante il secondo anno si è dimostrato più attivo, anche nel mondo reale, nel giro di un anno.

I ragazzi che fanno sexting, però, non sono tutti uguali. Hye Choi Jeong, uno dei ricercatori, ha sottolineato la presenza di due tipologie di ragazzi che fanno sexting: il destinatario e il mittente. “Destinatari e mittenti non devono avere per forza lo stesso livello di comofort con la propria sessualità”, il ricercatore infatti spiega che, al contrario di chi la riceve, chi invia un’immagine sessualmente esplicita comunica una maggiore disponibilità a fare sesso anche nella realtà.

Riferimenti: Pediatrics doi: 10.1542/peds.2014-1974
Credits immagine: Pro Juventute/Flickr

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