È stato lanciato nello Spazio poco più di un anno fa. E sta già facendo più che egregiamente il proprio dovere. Parliamo dell’Interface Region Imaging Spectroscope, o, più familiarmente, Iris, il grande telescopio spaziale che la Nasa ha mandato in orbita attorno al Sole per studiarne in dettaglio l’atmosfera e farci comprendere meglio i suoi misteri. In particolare, Iris si sta occupando della cosiddetta regione dell’interfaccia, la zona tra la superficie solare – circa 6mila Kelvin – e la corona, che fluttua tra uno e due milioni di Kelvin (e può arrivare anche a 10 milioni di Kelvin durante le tempeste solari). Uno dei misteri dell’interfaccia sta nel fatto che in questa regione la temperatura subisce un innalzamento del tutto inaspettato, dal momento che ci si aspetterebbe che la stella diventasse sempre più fredda man mano che ci si allontana dal suo nucleo, il forno dove avviene la fusione dell’idrogeno.
Iris sta lavorando proprio su questo punto. Le prime osservazioni del telescopio hanno aiutato gli scienziati a determinare quanta energia sia trasferita attraverso la regione dell’interfaccia verso l’esterno della corona solare, e come avvenga tale trasferimento. Un’analisi del genere era possibile solo dallo Spazio, perché la regione dell’interfaccia emette quasi soltanto luce ultravioletta, non visibile dalla Terra. I risultati di Iris sono stati analizzati da cinque équipe di scienziati e sono stati pubblicati sulla rivista Science.
Iris è dotato di un telescopio a ultravioletti e di uno spettrografo. Il primo cattura l’1% della luce solare, elabora l’immagine e invia le informazioni allo spettrografo, che divide la luce nelle diverse lunghezze d’onda che la compongono e ne genera, per l’appunto, lo spettro. Tramite questi strumenti, lo strumento della Nasa è in grado di tracciare le differenze di temperatura nell’atmosfera solare e la velocità, la densità e la turbolenza delle particelle di plasma, lo stato della materia di cui sono composte le stelle.
Bart De Pontieu e colleghi, grazie ai dati di Iris, hanno scoperto che nella cromosfera solare avvengono dei movimenti di torsione mai osservati finora, che potrebbero spiegare la produzione del surplus energetico. L’équipe di Viggo Hantseen, invece, ha confermato l’esistenza di loop magnetici che finora erano stati solo ipotizzati da diversi modelli teorici. Hui Tan e colleghi hanno studiato l’attività della corona solare, scoprendo dei getti di plasma e particelle solari scaraventate nello Spazio ad altissima velocità dalla stella. Nelle regioni più attive del Sole, Hardi Peter ha trovato sacche di plasma molto caldo incorporato in aree a temperatura più bassa, una differenza che crea“bombe” di plasma con energie molto alte. Paola Testa e colleghi, infine, hanno analizzato i fattori responsabili dell’esistenza dei loop magnetici di cui sopra, scoprendo un processo stellare che accelera le particelle a energie estremamente alte e che, nelle ipotesi degli scienziati, si verifica molto frequentemente in tutto l’Universo. Ma questo è solo l’inizio: siamo certi che Iris ha in serbo ancora parecchi segreti da svelare.
Riferimenti: Science doi:10.1126/science.1255711
Credits immagine: IRIS: LMSAL, NASA. Courtesy Bart De Pontieu, Lockheed Martin Solar & Astrophysics Laboratory
Via: Wired.it