1940
Nella primavera di quest’anno viene fornita la conferma sperimentale che il processo di fissione prodotto da neutroni lenti riguarda soltanto l’isotopo raro U-235, presente in minime quantità insieme al più abbondante U-238. Alla Columbia Fermi riprende gli esperimenti sull’assorbimento e la diffusione dei neutroni da parte della grafite insieme all’analisi teorica della reazione a catena, un’estensione delle ricerche già eseguite in Italia sulla moderazione dei neutroni da parte delle sostanze idrogenate. I risultati di questo lavoro confermano non soltanto come la grafite sia la scelta più opportuna quale materiale per rallentare i neutroni, ma sono anche della massima importanza perché forniscono una prima base teorica delle tecniche per descrivere il comportamento dei neutroni all’interno di queste sostanze. Come ricorda Segrè, buona parte della nomenclatura della tecnologia nucleare viene sviluppata all’epoca. Il termine pila per il reattore nucleare, per esempio, deriva dall’inglese pile, e si riferisce alla catasta di blocchetti di grafite all’interno della quale viene inserito l’Uranio. Nel frattempo anche altre università stavano lavorando su problemi analoghi e Fermi, considerato il più grande esperto al mondo di fisica dei neutroni, fa ormai da consulente per problemi sia teorici che sperimentali.
Nel frattempo sotto la pressione dell’avanzata di Hitler in Europa Roosevelt istituisce il National Defense Research Commitee (NDRC) con il compito di coordinare le ricerche connesse con i problemi della difesa e organizzare la mobilitazione della comunità scientifica a scopi bellici. L’Uranium Committee viene posto sotto la sua giurisdizione e ne sono esclusi gli scienziati stranieri non naturalizzati come Fermi e Szilard.
1941
Fino all’estate 1941 le ricerche si focalizzano intorno alla possibilità di utilizzare la reazione a catena per la produzione di energia, piuttosto che per la produzione di un ordigno nucleare. A questo scopo Fermi prepara una relazione sui problemi relativi alla produzione di energia atomica e lo presenta all’Uranium Committee il 30 giugno 1941 (“Some Remarks on the Production of Energy by a Chain Reaction in Uranium” [Alcuni commenti sulla produzione di energia mediante reazione a catena in uranio]). E’ interessante notare che Fermi limita il discorso a una reazione a catena per l’Uranio naturale che è in questo momento l’unica forma di Uranio disponibile, in cui è prevalente l’U238 e nel quale l’isotopo fissionabile U235 è presente in minime tracce. La separazione di questo isotopo dall’U238 sembra ancora un’impresa irrealizzabile da un punto di vista tecnologico. L’altra via per realizzare la fissione veniva dalla scoperta fatta da Hahn e dalla Meitner i quali avevano dimostrato che l’U238 si trasforma in U239 per cattura di un neutrone decadendo dopo circa 23 minuti in un elemento che doveva avere numero atomico 93 e massa 239. Nell’estate del 1940 era stato identificato a Berkeley il primo elemento transuranico, poi chiamato nettunio (Np239) che a sua volta decade emettendo elettroni con un periodo di circa due giorni dando luogo a un isotopo di massa 239 dell’elemento di numero atomico 94, il Plutonio (Pu239). Nel dicembre del 1940 Fermi e Segrè discutono della possibilità che il plutonio, preparato in quantità sufficienti, possa essere utilizzato per studiarne le possibilità nucleari ed eventualmente essere utilizzato come esplosivo. In base alla teoria di Bohr e Wheeler sull’energia di legame dei nuclei pari e dispari, ritengono probabile che questo elemento, di peso atomico dispari come l’U235, possa dare luogo alla fissione se bombardato con neutroni lenti. Nel giro di pochi mesi Segrè e altri colleghi, insieme a un certo numero di esperti radiochimici, riescono a ottenere una certa quantità di Plutonio utilizzando il ciclotrone di Berkeley. Lo studio delle proprietà di questo nuovo elemento dimostra che può costituire un potenziale esplosivo nucleare. Il 1941 finisce con l’attacco dei giapponesi su Pearl Harbor, il 7 dicembre. L’entrata in guerra degli Stati Uniti determina la decisione di accelerare al massimo gli sforzi di ricerca per realizzare un ordigno nucleare sia sul piano finanziario sia sul piano scientifico e tecnico.
1942
In primavera Fermi si trasferisce a Chicago, insieme a Szilard e agli altri fisici della Columbia University, presso il Metallurgical Laboratory dove inizia la costruzione di un reattore nucleare a Uranio naturale e grafite di cui Fermi assume la direzione scientifica. Nel frattempo è costretto a partecipare a riunioni, a stendere relazioni, dare consigli su questioni tecniche, oltre a dirigere, con tatto, gli ingegneri che si scontrano con problemi del tutto nuovi. Invece di fare lui stesso gli esperimenti deve affidare tutto a collaboratori fidati, riservandosi solo l’analisi dei dati. Come racconta lui stesso, gli sembra di “fare fisica per telefono”. Vengono ripetuti su scala molto maggiore una serie di esperimenti cosiddetti “esponenziali” il cui scopo è quello di accertare la possibilità di una reazione a catena divergente in un sistema di uranio naturale e grafite se le sue dimensioni sono sufficientemente grandi. Per fare il test con una piccola struttura di prova Fermi inventa l’esperimento esponenziale, nel quale viene misurata la diminuzione esponenziale della densità dei neutroni in una colonna di uranio-grafite a base quadrata.
Nel mese di giugno il presidente Roosevelt decide di procedere con un programma su vasta scala finalizzato alla costruzione di bombe a fissione e affida all’esercito la direzione di quello che verrà chiamato il Progetto Manhattan. Fermi organizza una serie di seminari per lo staff dei fisici che lavorano a Chicago sulla fisica dei neutroni e sulla reazione a catena. Secondo la testimonianza di Anderson, questi seminari rappresentano straordinari esempi della sua abilità di insegnante. Fermi propone gli argomenti in forma chiara e semplice, in modo che tutti possano seguire. Grazie alla comprensione raggiunta attraverso queste lezioni il lavoro di gruppo prosegue al massimo delle sue possibilità. In ottobre le quantità di grafite e di ossido di Uranio cominciano ad avvicinarsi molto a quella necessaria per la costruzione di una pila destinata a raggiungere lo stato critico.
Il progetto iniziale è quello di montare la pila nella foresta delle Argonne, ma uno sciopero ne ritarda a tal punto la costruzione che Fermi propone di utilizzare lo spazio sottostante le gradinate dello stadio dell’Università di Chicago, al centro di una zona densamente abitata. Fermi è talmente sicuro di sé da riuscire a convincere Arthur Compton, responsabile per le ricerche sulla reazione a catena e il generale Leslie Groves, direttore del Progetto Manhattan. La decisione definitiva viene presa il 14 novembre. La mattina del 2 dicembre si decide di procedere al montaggio dell’ultimo strato di Uranio e grafite, il 57°, quello che in base ai risultati delle misure avrebbe reso critica la pila innescando la reazione a catena. Sbarre di legno avvolte in sottili fogli di Cadmio (un potente assorbitore di neutroni, come Fermi e il suo gruppo avevano scoperto a suo tempo) vengono inserite all’interno della pila per tenere sotto controllo la reazione. Fermi assume la direzione delle operazioni alla presenza di circa quaranta persone, quasi tutti scienziati del Metallurgical Laboratory.
Fermi ha predisposto una serie di operazioni per raggiungere la soglia critica gradualmente e in modo perfettamente controllabile. L’ultima barra di cadmio viene estratta pezzo dopo pezzo. Ogni volta si procede con la misura dell’aumento del flusso di neutroni. Fermi utilizza il regolo e i grafici per decidere le dimensioni del passo successivo, migliorando di volta in volta la sua capacità di previsione. Il processo converge rapidamente verso il punto critico e le sue capacità di previsione si fanno più accurate. Al momento di fare il passo finale Fermi è perfettamente sicuro che la pila raggiungerà la criticità. In effetti, una volta estratta completamente la barra la pila diventa critica: ha luogo la prima reazione a catena autosostenuta nella storia dell’uomo.
Leo Szilard, che tanto aveva fatto per spingere a utilizzare l’energia nucleare, commenta: “Questo è un giorno infausto per la storia dell’uomo”, mentre Fermi, nel rapporto mensile di dicembre (“Experimental Production of a divergent Chain Reaction” [Esperimento di produzione di una reazione a catena divergente]) che verrà declassificato soltanto dieci anni dopo, scrive semplicemente: “La struttura per la reazione a catena è stata completata il 2 dicembre e da allora ha continuato a funzionare in modo soddisfacente”.
1943
Ciò che più emoziona Fermi non sono tanto le possibilità aperte dal funzionamento della pila circa la produzione di energia nucleare e di ordigni atomici, obiettivi che molti altri si apprestano a perseguire, ma piuttosto le eccezionali possibilità offerte dalla pila in quanto nuovo e straordinario apparato sperimentale. La pila permette un’analisi della purezza dell’uranio, uno studio accurato del reticolo uranio-grafite, tutto lavoro per fisici: un nuovo apparato da calibrare, misure da eseguire, nuovi metodi da sviluppare, limiti da esplorare, nuovi effetti da osservare, risultati da interpretare.
Per un bel po’ di tempo Fermi ha troppo da fare per occuparsi di comitati. Dopo tre mesi le potenzialità della pila sono state esplorate in lungo e in largo. La pila di Chicago viene smontata e rimontata nel laboratorio delle Argonne. Anderson ricorda bene lo stile di lavoro di Fermi: “Egli cominciava con sicurezza le sue ricerche nella giusta direzione; eliminando gli elementi marginali e individuando subito quelli più importanti, riusciva a estrapolare l’essenza della questione […] il suo approccio alle cose era sempre il più semplice possibile, e non si impegnava mai in una costruzione più complessa o in misurazioni più precise di quanto non fosse strettamente necessario alla soluzione del problema che gli stava davanti”.
Del gruppo dei collaboratori di Fermi fa ormai parte, dalla primavera del 1942, anche Leona Woods, che nell’estate del 1943 sposa John Marshall, un membro dello stesso gruppo. Lei stessa racconta come fosse abitudine del gruppo andare ogni giorno, nel tardo pomeriggio, a fare una nuotata al lago Michigan. La domenica pomeriggio vanno tutti a fare un giro in bicicletta o passeggiano nei boschi. In queste occasioni Fermi ama molto dimostrare la sua grande resistenza fisica: la sua capacità di nuotare più lontano, di camminare più a lungo, di arrampicarsi più in alto stancandosi meno degli altri. In genere ci riesce. Nello stesso modo gli piace vincere a “freccette”, a “pulci” o a tennis, come generalmente accade. Queste qualità di allegria e mancanza di formalità, proprie del carattere di Fermi, insieme alla sua calma, facilitano il contatto tra lui e i membri giovani del laboratorio.
Dopo il successo della pila di Fermi vengono avviati due progetti paralleli per la produzione di materiali fissili: un impianto per la separazione dell’U-235 e la costruzione di reattori destinati alla produzione di plutonio.
1944
Fra il 1943 e il 1944 Fermi, Zinn, Marshall e altri fanno molti esperimenti di fisica pura con la pila delle Argonne, i cui risultati rimarranno tuttavia segreti fino a dopo la guerra. Questi esperimenti aprono un nuovo settore di ricerca in cui i neutroni vengono applicati allo studio dei problemi più diversi. Ancora una volta Fermi intuisce le potenzialità offerte dai neutroni e inizia lo studio dello stato solido. Nel corso di queste ricerche viene introdotta la cosiddetta “colonna termica”, un dispositivo a cui Fermi teneva particolarmente. Un blocco di grafite pura che, disposta alla sommità della pila, agisce come un selettore di velocità lasciando passare soltanto neutroni lentissimi, in modo da selezionare intensi fasci di neutroni di energia inferiore a quella termica, i cosiddetti “neutroni freddi”. I neutroni così filtrati hanno una lunghezza d’onda di de Broglie confrontabile con le distanze interatomiche delle sostanze cristalline e quindi possono essere utilizzati per osservare fenomeni di diffrazione. Questi effetti erano stati già osservati negli anni Trenta, ma erano molto modesti.
Ora Fermi dispone di fasci di neutroni ad alta intensità e molto collimati e li impiega inducendo effetti di interferenza in berillio, bismuto e zolfo. Insieme a Segrè Fermi progetta anche un selettore meccanico di velocità con il quale osserva la riflessione e la rifrazione dei neutroni. Con questi lavori Fermi dà così inizio a ricerche sistematiche sulle proprietà ottiche dei neutroni. Da questa serie di esperienze nasce il metodo di diffrazione a cristalli, che diventerà in seguito uno dei sistemi più efficaci nello studio della struttura dei cristalli.
Fermi si trova di nuovo nelle condizioni migliori per fare ricerca, la sua attività preferita, relativamente libero da problemi organizzativi che lo hanno occupato in precedenza. Ma le sue competenze sulla fisica dei neutroni e sulla conoscenza della pila sono assolutamente uniche e spesso viene chiamato a fare da “ancora di salvezza”, come racconta Arthur Compton, nei vari laboratori dove vengono prodotti i materiali fissili. Verso la fine dell’estate Fermi si trasferisce stabilmente a Los Alamos, nel New Mexico, dove in precedenza si era recato saltuariamente. Questi laboratori, dove sono in corso ricerche su problemi più strettamente connessi con la costruzione della bomba, costituiscono il centro principale di tutto il Progetto Manhattan.
1945
Nella primavera del 1945 più di duemila persone lavorano a Los Alamos. Sotto la direzione di Robert Oppenheimer, un brillante fisico teorico che aveva introdotto la meccanica quantistica negli Stati Uniti, i migliori fisici teorici e sperimentali si trovano ad affrontare e risolvere una serie di problemi fondamentali per il funzionamento di una bomba a fissione. Fermi ha il ruolo di superconsulente. Secondo la testimonianza di Segrè “Fermi funzionava come una specie di oracolo a cui ogni fisico con problemi difficili poteva rivolgersi e spesso ricevere aiuto”. Poco dopo il suo arrivo Fermi inizia a tenere lezioni su molti argomenti e verso la fine del 1945 svolgere un corso regolare di fisica dei neutroni. Durante il soggiorno a Los Alamos fa amicizia con John von Neumann, che ha un ruolo fondamentale nello sviluppo dei primi calcolatori elettronici. Entrambi condividono l’interesse per i computer. Fermi, da sempre un appassionato di calcoli numerici, nel suo lavoro ha dato costantemente un ruolo importante a questo tipo di applicazioni e quindi apprezza immediatamente le possibilità aperte dai nuovi strumenti.
A Los Alamos passa molte ore nella stanza dei computer per studiarli e sperimentarli. Il 16 luglio, ad Alamogordo viene fatta esplodere la prima bomba atomica della storia. Fermi ha un ruolo centrale nella supervisione di questo esperimento e nella successiva elaborazione dei dati. Fin dal mese di maggio il nuovo presidente Truman aveva creato una commissione presieduta dal ministro della guerra, l’Interim Committee, con il compito di affrontare la questione di un eventuale uso della bomba atomica.
L’Interim Committee era stato affiancato da una commissione scientifica composta da Oppenheimer, Fermi, Lawrence e Compton, i leader scientifici del progetto, che hanno il compito delicato di fornire consigli tecnici sull’uso dell’arma nucleare. Dopo la resa della Germania, avvenuta l’otto maggio di questo anno, gli scienziati impegnati nel Progetto Manhattan sono costretti a porsi concretamente l’interrogativo sull’utilità di un impiego militare degli ordigni nucleari in costruzione a Los Alamos. Nei giorni immediatamente successivi alla fine della guerra con la Germania la responsabilità di affrontare queste questioni era stata affidata da Arthur Compton a un Comitato formato da vari scienziati del Metallurgical Laboratory di Chicago, presieduto da James Franck, un valente fisico tedesco sfuggito alle persecuzioni naziste.
In data 11 giugno il Comitato aveva presentato un lungo memorandum nel quale si sconsigliava apertamente “l’uso delle bombe nucleari per un attacco precoce contro il Giappone” e si insisteva che fosse data una dimostrazione della bomba atomica ai capi giapponesi in una zona disabitata, prima di farne uso militare. Oltre a sottolineare il rischio di affrettare la corsa agli armamenti il Rapporto Franck metteva chiaramente in evidenza come la possibilità di generare un’”ondata di orrore e di repulsione” nel resto del mondo potesse superare “i vantaggi militari e il risparmio di vite americane ottenuti con l’impiego senza preavviso di bombe atomiche contro il Giappone”.
Il memorandum non aveva avuto alcun riscontro e quindi Szilard, che aveva fatto parte della commissione ed era fortemente convinto che l’uso della bomba atomica contro il Giappone potesse dare il via a una corsa agli armamenti, aveva fatto una serie di tentativi andati a vuoto per sensibilizzare le massime autorità dello Stato e gli altri scienziati, ma il processo decisionale era ormai inesorabilmente avviato verso l’impiego delle nuove armi nucleari. La sottocommissione scientifica dell’Interim Committee formata da Fermi, Oppenheimer, Lawrence e Compton non era persuasa che una dimostrazione avrebbe assicurato una rapida fine della guerra nel Pacifico. Alla fine di giugno i membri scrivono nel loro rapporto ufficiale all’Interim Committee: “Ci è stato chiesto di fornire un parere sull’impiego iniziale della nuova arma. […]. Le opinioni dei nostri colleghi scienziati non sono unanimi e vanno dalla proposta di un’applicazione puramente tecnica a quella di un’applicazione militare più adatta a indurre i Giapponesi alla resa. […] Non siamo in grado di proporre alcuna dimostrazione tecnica suscettibile di fare finire la guerra; non vediamo alcuna alternativa accettabile all’impiego militare diretto”. Il 6 e il 9 agosto una bomba all’uranio e una bomba al plutonio vengono sganciate rispettivamente sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki. Il 15 agosto cessano le ostilità.
1946
Già a partire dall’autunno del 1945 molti degli scienziati che avevano lavorato al Progetto Manhattan si mobilitano per sottrarre ai militari il programma statunitense di sviluppo dell’energia atomica e per indirizzare le ricerche sulla nuova fonte di energia verso scopi pacifici e socialmente utili. Viene fondata la Federation of Atomic Scientists, cui aderiscono molti dei partecipanti al Progetto Manhattan, con lo scopo principale di informare l’opinione pubblica sui problemi dell’energia atomica. Fermi non si iscrive a questa associazione, ma prende immediatamente posizione sulla questione dell’abolizione del segreto militare, una condizione che considera fondamentale per uno sviluppo della ricerca scientifica basato sulla libera circolazione di idee e risultati. Fermi afferma con forza anche la necessità di un “libero sviluppo delle applicazioni dell’energia nucleare al riparo dalla minaccia di un impiego militare delle nuove scoperte”. Questi obiettivi naturalmente suscitano la più totale ostilità dei militari e di importanti settori del mondo politico. Va sottolineato che Fermi sostiene la necessità che la produzione di armi resti sotto il controllo dei militari. Nel mese di maggio Fermi viene invitato a parlare in pubblico di energia atomica e sceglie come argomento le applicazioni pacifiche dell’energia atomica. Tra il 1944 e il 1945, fin dai primi stadi dello sviluppo dei reattori si era fortemente interessato alla possibilità di usarli per produrre energia, in particolare aveva subito considerato la produzione in un reattore di più materiale fissile di quanto ne fosse impiegato, cioè la possibilità di reattori autofertilizzanti. In una pila che utilizza uranio naturale questo significa produrre più plutonio rispetto all’ U235 consumato. Fermi è talmente convinto dell’importanza pratica di sviluppare reattori autofertilizzanti da incoraggiare Zinn, direttore del laboratorio di Argonne, a progettarne e a costruirne uno. Il primo impianto commerciale di questo tipo sarà chiamato “The Enrico Fermi Atomic Power Plant”. Dopo la fine della guerra Fermi si trasferisce all’Università di Chicago dove Compton vuole affidargli la direzione dell’Institute for Nuclear Studies, appena fondato insieme a quello di radiobiologia e a uno per lo studio dei metalli. Fermi vuole dedicarsi completamente alla ricerca e rifiuta la carica di direttore chiedendo a Samuel Allison, suo più stretto collaboratore, di occuparsi degli aspetti amministrativi.
Gli anni della guerra avevano contribuito alla nascita della cosiddetta big science, sia a livello finanziario, sia a livello scientifico e tecnologico, con la costruzione di grandi macchine come reattori nucleari e acceleratori di particelle, sia a livello organizzativo. E’ un modo completamente inedito di fare ricerca. Nel gennaio 1946 Fermi scrive a Edoardo Amaldi e Gian Carlo Wick (che dal 1939 occupa a Roma la cattedra di Fisica teorica lasciata da Fermi): “Dal gennaio io mi sono stabilito a Chicago, più o meno definitivamente. […] Sembra che avremo mezzi piuttosto illimitati e abbiamo cominciato ad usarli ordinando un betatrone da 100 MeV […]. Anche in America la situazione della fisica ha subito cambiamenti molto profondi per effetto della guerra. Alcuni sono per il meglio: ora che la gente si è convinta che con la fisica si possono fare le bombe atomiche tutti parlano con apparente indifferenza di cifre di vari milioni di dollari. Fa l’impressione che dal lato finanziario la maggiore difficoltà consisterà nell’immaginare abbastanza cose per cui spendere. D’altra parte ci aspettiamo che il numero degli studenti cresca considerevolmente […]”. Intorno a Fermi cominciano a radunarsi molti giovani studenti, borsisti e ricercatori provenienti da Los Alamos o altri laboratori. Chicago diventa la meta di un gran numero di giovani talenti che accorrono anche da paesi come la Cina, l’India e il Canada. Anche nel corso delle ricerche finalizzate al raggiungimento di obiettivi ben precisi, come nel caso della pila o addirittura a Los Alamos, Fermi crede fermamente nella necessità di mandare avanti in parallelo insegnamento e ricerca, fra i quali non fa una vera e propria distinzione. La sua forza è di rendere partecipi i più giovani del processo di ricerca nel momento stesso in cui lui stesso vi è impegnato in prima persona. Come ricorda Albert Wattenberg, uno dei primi allievi americani di Fermi alla Columbia: ”[…] voleva che i giovani membri del gruppo avessero una chiara comprensione di quello che stavano facendo. […] voleva che ognuno di noi capisse la successione delle misure che si accingeva a effettuare per stabilire un controllo quantitativo di una reazione nucleare a catena […] Riduceva al minimo le dimostrazioni e gli argomenti che potevano far deviare il flusso del ragionamento. Sapeva ciò che era importante e ciò che poteva venire trascurato[…]”. Chen Ning Yang, futuro premio Nobel, ricorda così le lezioni di Fermi a Chicago: “Per ogni argomento aveva l’abitudine tipica di cominciare sempre dall’inizio, faceva esempi semplici ed evitava per quanto possibile i formalismi. (Usava ripetere per scherzo che il formalismo complicato era per “gli alti prelati”). La semplicità dei suoi ragionamenti creava l’impressione di una totale mancanza di sforzo da parte sua. Ma quest’impressione è falsa: la semplicità era il risultato di un’accurata preparazione e di una ponderata valutazione delle possibili diverse alternative di esposizione”. Secondo la sua vecchia abitudine romana Fermi raccoglie nel suo studio, una o due volte la settimana, un piccolo gruppo di laureati a cui fa lezione in modo informale. Il tema viene proposto da lui stesso o da uno degli studenti. Gli argomenti sono i più svariati e la discussione viene mantenuta a un livello elementare. Dalla nuova scuola di fisica teorica fondata da Fermi a Chicago usciranno ricercatori come Owen Chamberlain (premio Nobel con Emilio Segrè per la scoperta dell’antiprotone), Jay Orear, Harold Agnew, Geoffrey Chew, Tsung Dao Lee e Chen Ning Yang (i quali condivideranno il premio Nobel per la scoperta della non conservazione della simmetria di parità nelle interazioni nucleari deboli). Nel frattempo Fermi si impegna di nuovo a fondo nelle ricerche.
1947
Fermi viene nominato commissario del General Advisory Committee (GAC), un comitato consultivo dell’Atomic Energy Commission, composto da otto scienziati e presieduto da Oppenheimer, che ha il compito di fornire pareri scientifici e tecnici sui programmi civili e militari per lo sviluppo dell’energia nucleare; terrà questa carica fino all’agosto del 1950. La sua presenza a Chicago influenza l’Atomic Energy Commission a scegliere un luogo vicino a questa città come sede permanente dell’Argonne National Laboratory. Uno degli interessi di Fermi riguarda l’uso dei fenomeni di interferenza ottenuti con neutroni per lo studio della struttura dei liquidi e dei solidi. Owen Chamberlain si laurea con lui proprio con una tesi su questi argomenti. I campi di ricerca aperti da Fermi in questo periodo, come ricorda Segrè, “si sono enormemente sviluppati col trascorrere degli anni e formano ora interi nuovi capitoli della fisica dei solidi e dei neutroni”. Ma nel frattempo l’attenzione di Fermi è di nuovo catturata dal problema dei mesoni. Alla fine del 1946 Edoardo Amaldi lo aveva messo al corrente di un importante esperimento effettuato a Roma da Marcello Conversi, Ettore Pancini, Oreste Piccioni, nel corso dell’anno precedente. I tre avevano trovato che il decadimento e l’assorbimento dei mesotroni avveniva con delle modalità molto diverse da quello che ci si aspettava in base all’ipotesi che queste potessero essere le particelle responsabili delle interazioni nucleari, secondo la teoria formulata dal fisico giapponese Hideki Yukawa nel 1935. Fermi si rende subito conto dell’importanza dei risultati dell’esperimento di Conversi Pancini e Piccioni e nel giro di pochi giorni, insieme a Edward Teller e Victor Weisskopf, completa un’analisi dettagliata del fenomeno giungendo alla conclusione che i mesotroni dei raggi cosmici non possono essere identificati con la particella di Yukawa, in quanto hanno un’interazione con i nuclei molto più debole (“The Decay of negative Mesotrons in Matter; The Capture of Negative Mesotrons in Matter” [Decadimento di mesotroni negativi nella materia; Cattura di mesotroni negativi nella materia]). I primi di giugno il risultato dell’esperimento e le sue implicazioni teoriche vengono discussi alla Conferenza di Shelter Island, avanzando importanti congetture. L’enigma viene definitivamente risolto pochi mesi dopo, a Bristol: Cesare Lattes, Giuseppe Occhialini e Cecil Frank Powell, utilizzando la tecnica delle emulsioni fotografiche esposte ai raggi cosmici ad alta quota, scoprono che il mesotrone osservato a livello del mare non è altro che il cosiddetto mesone m (o muone) prodotto del decadimento di una nuova particella, il mesone p (o pione) che è appunto il mesone postulato da Yukawa.
1948
L’origine dei raggi cosmici era un problema che aveva sempre attirato l’attenzione di Fermi. Nel 1948 lo svedese Hannes Alfvén, che si era sempre interessato dei fenomeni elettromagnetici su scala cosmica, è a Chicago, invitato da Edward Teller, che all’epoca sta ragionando sull’idea che le particelle dei raggi cosmici possano essere accelerate nel passare vicino al sole e vuole proseguire questo discorso con Alfvén. In questa occasione Fermi viene a conoscenza della probabile esistenza di campi magnetici relativamente intensi che attraversano la nostra galassia, e che devono necessariamente essere indotti e trascinati dal materiale interstellare ionizzato in movimento. In un articolo pubblicato nel 1949 (“On the Origin of the Cosmic Radiation” [Origine dei raggi cosmici]) Fermi utilizza appunto questo fenomeno per spiegare che il principale meccanismo di accelerazione consiste nell’interazione delle particelle dei raggi cosmici con i campi magnetici vaganti che occupano lo spazio interstellare. Queste stesse ipotesi verranno presentate da Fermi in una conferenza tenuta al Congresso Internazionale di Como sulla fisica dei raggi cosmici nel 1949, al suo primo rientro in Italia. I suoi rapporti con gli amici rimasti in Italia erano sempre stati molto stretti. Nel marzo del 1948 Amaldi gli chiede di intercedere presso il presidente del consiglio Alcide De Gasperi per appoggiare una richiesta di aumento degli stanziamenti per la ricerca scientifica in Italia. Dopo la partenza di Fermi, Amaldi si era accollato il duro compito della ricostruzione, mantenendo viva in Italia la tradizione di studi e ricerche avviata al tempo della scuola romana. Negli anni successivi diventerà il protagonista della riorganizzazione e della rinascita della fisica italiana. Nell’aprile del 1948 Fermi scrive ad Amaldi : “Da parecchi mesi ho dedicato quasi tutto il mio tempo a studiare fisica teorica. Non me ne occupavo da tanto tempo che stavo poco alla volta dimenticando quello che avevo saputo e non imparando nulla di nuovo”. Contemporaneamente lo informa dei progressi nel campo dell’elettrodinamica quantistica e dei primi mesoni prodotti artificialmente con gli acceleratori di Berkeley. Questo settore di ricerca si era espanso enormemente nel dopoguerra. Inizialmente il centro principale era stato Berkeley, dove nel novembre del 1946 era entrato in funzione il ciclotrone da 184 pollici e, l’anno successivo un elettrosincrotrone che accelerava elettroni e con il quale furono prodotti i primi mesoni per fotoproduzione. Anche alla Columbia University e a Rochester erano entrate in funzione altre macchine acceleratrici, anche se meno potenti, con le quali si producevano fasci di protoni da 200 MeV. Queste macchine aprivano nuovi orizzonti alla fisica delle particelle elementari. Fermi e gli altri fisici di Chicago erano impazienti di avere a disposizione un grande acceleratore. La costruzione di un sincrociclotrone da 170 pollici comincerà nel 1949 sotto la direzione di Herbert Anderson e John Marshall. Fermi seguirà molto da vicino questo lavoro e si occuperà di effettuare i calcoli del raggio dell’orbita del fascio emergente, usando un calcolatore grafico di sua invenzione. Prima dell’entrata in funzione di questa macchina Fermi decide appunto di dedicarsi agli studi teorici affrontando lo studio delle nuove teorie delle particelle elementari.
1949
Dopo la notizia dell’esplosione atomica sovietica, nelle alte sfere militari degli Stati Uniti si comincia a discutere la questione dell’elaborazione di un programma per la creazione della bomba all’idrogeno. Fermi e I. Rabi, che fanno parte del GAC esprimono la loro opinione: “Il fatto che la potenza distruttiva di questa arma non abbia limiti rende la sua stessa esistenza, nonché la capacità di costruirla, un pericolo per tutta l’umanità”. “Durante l’estate Fermi torna in Italia dopo quasi undici anni per partecipre alla conferenza di Como sui raggi cosmici; quindi tiene una serie di lezioni a Roma e a Milano, organizzate dall’Accademia dei Lincei e dalla Fondazione Donegani, dal titolo Conferenze di fisica atomica. E’ l’occasione per rivedere i vecchi amici e conoscere i giovani fisici della nuova generazione, che per la prima volta incontrano il leggendario Fermi. Alcuni degli argomenti trattati – particelle elementari, orbite nucleari, nuovi sviluppi del’elettrodinamica quantistica – costituiscono un forte stimolo nell’orientare gli interessi dei fisici italiani verso la fisica delle particelle. Sempre durante l’estate Fermi e Chen Ning Yang, scrivono insieme “Are Mesons elementary Particles?” [I mesoni sono particelle elementari?]. Nell’articolo Fermi e Yang suggeriscono che i pioni possano essere particelle composte formate dall’associazione di un nucleone con un antinucleone. Il modello sarà ripreso più tardi da Shoichi Sakata con un certo successo; naturalmente solo più tardi sarà soppiantato dal modello a quark. A Chicago Fermi partecipa attivamente a tutti i seminari e a moltissime discussioni, spesso gettando con una sola osservazione il seme di importanti futuri sviluppi, come ricorda, per esempio, Maria Goeppert Mayer nel suo classico lavoro sull’interazione spin-orbita negli shells nucleari, quando dice: “Ringrazio particolarmente Enrico Fermi per la sua osservazione “Ci sono indizi di un accoppiamento spin-orbita?”, che è all’origine di questo lavoro”.
1950
Negli anni 1949-1950 Fermi comincia a preparare se stesso e i suoi colleghi e studenti di Chicago agli esperimenti sulla fisica delle alte energie che molto presto sarebbero stati in grado di fare con il ciclotrone ancora in costruzione nell’Institute for Nuclear Studies e che sarebbe stato in grado di fornire fasci di mesoni. Una parte di queste lezioni appaiono nelle “Lezioni Donegani”; una versione più completa sarà più tardi pubblicata in volume con il titolo Elementary Particles [Particelle elementari]. Uno degli esempi di questo lavoro preparatorio è rappresentato dall’articolo “Angular Distribution of the Pions produced in high Energy Nuclear Collisions” [Distribuzione angolare dei pioni prodotti in collisioni nucleari di alta energia]) in cui Fermi confronta i risultati sperimentali con il modello teorico. Per fare queste valutazioni utilizza un metodo statistico. Questo tipo di eventi vengono osservati occasionalmente a livello di raggi cosmici, per il momento l’unica fonte di particelle di altissima energia; ci si aspettava che questi eventi potessero riprodursi in laboratorio disponendo di macchine sufficientemente grandi. Il modello di Fermi è estremamente semplificato e fornisce dei valori di riferimento con i quali fare i primi confronti con i risultati sperimentali che verranno trovati in seguito. E’ un buon modo per cominciare a capire se sta accadendo qualcosa al di fuori della statistica perché consente di ottenere almeno gli ordini di grandezza delle sezioni d’urto dei processi. La sua idea d’altra parte è che le teorie sui mesoni non sono in ogni caso corrette e allora perché prendersi la briga di calcolare qualsiasi cosa in modo esatto?
Il 27 gennaio 1950 Klaus Fuchs confessa di aver passato informazioni segrete sulle armi atomiche ai russi dal 1942 al 1949. Il 30 gennaio Fermi e gli altri commissari del GAC si riuniscono e giungono alla conclusione, di cui viene informato il Presidente Truman, che Fuchs poteva aver fornito ai sovietici informazioni segrete molto importanti anche sulla superbomba all’idrogeno, un progetto a cui si lavorava a Los Alamos fin dai tempi della realizzazione dell’atomica.
Il 31 gennaio Truman rende nota la decisione di procedere allo sviluppo della superbomba con la massima priorità. Fermi, che come membro del GAC si era battuto contro la realizzazione della bomba, è tra i primi a rimettersi al lavoro. Nell’estate di quest’anno lavora a Los Alamos dove effettua ricerche per la realizzazione della bomba all’idrogeno. Nel novembre 1951 gli Stati Uniti faranno esplodere la prima bomba all’idrogeno che libera un’energia quasi mille volte superiore a quella della bomba di Hiroshima. Nell’agosto del 1953 anche i sovietici faranno esplodere la loro prima superbomba seguita nel 1955 dalla prima vera e propria bomba trasportabile all’idrogeno.
1951
Finalmente entra in funzione il nuovo sincrociclotrone di Chicago che accelera protoni a 450 MeV con il quale si possono produrre un gran numero di pioni. La macchina era stata costruita con l’idea che Fermi ne sarebbe stato l’utente principale e nel momento in cui viene completata quest’ultimo passa una gran quantità del suo tempo familiarizzandosi con le sue operazioni, allineando i fasci di pioni e misurando la loro intensità ed energia.
Nella primavera del 1951 Fermi, insieme a un folto gruppo di studenti e allievi, riprende l’attività sperimentale. Negli ultimi tre anni di vita si concentrerà sull’interazione fra pioni e nucleoni (cioè protoni e neutroni) che costituisce il processo fondamentale delle cosiddette interazioni forti nella teoria di Yukawa. Il nuovo ciclotrone è l’occasione per organizzare una Conferenza internazionale di fisica nucleare e delle particelle elementari, tenuta dal 17 al 22 settembre a Chicago. Circa 200 scienziati vi prendono parte e 40 di loro provengono da paesi stranieri. Vengono riferiti alcuni risultati interessanti relativi ai primi esperimenti sulla diffusione dei pioni sui protoni dell’idrogeno liquido effettuati durante l’estate. Fermi fa il discorso iniziale sulle particelle elementari (“Fundamental Particles” [Particelle fondamentali]) e partecipa a tutte le discussioni. Il Convegno coincide quasi con il suo cinquantesimo compleanno, che viene festeggiato informalmente con alcuni dei suoi vecchi amici.
1952
Il lavoro principale effettuato con il sincrociclotrone da 450 MeV di Chicago consiste nello studio delle interazioni di pione-nucleone. I primi esperimenti misurano per la prima volta le collisioni di pioni positivi e negativi nell’idrogeno liquido. Più tardi viene studiata in dettaglio la distribuzione angolare dei pioni diffusi dall’idrogeno, un lavoro che assorbe molto tempo e a cui Fermi si dedica a lungo. Il primo articolo relativo a questo lavoro (“Total Cross Section of negative Pions in Hydrogen” [Sezione d’urto totale di pioni negativi in Idrogeno]) riguarda misure della sezione d’urto totale per pioni negativi nell’idrogeno e mostra che quest’ultima cresce rapidamente a partire dal basso valore trovato in precedenza da altri a 85 MeV. Molte teorie possibili sul mesone che erano state precedentemente avanzate, possono essere scartate a partire da questi dati. Con i pioni negativi, oltre allo scattering (diffusione per urto) elastico, nasce la possibilità di uno scattering con scambio di carica nel corso del quale il pione negativo si converte nel pione neutro, il protone in neutrone. Nell’articolo (“Ordinary and Exchange Scattering of Negative Pions by Hydrogen” [Diffusione con e senza scambio di carica di pioni negativi in Idrogeno]) è riportato un sorprendente risultato: quest’ultimo processo è circa due volte più frequente nel primo. L’articolo successivo (“Total Cross Section of Positive Pions in Hydrogen” [Sezione d’urto totale di pioni positivi in Idrogeno]) riserva una sorpresa ancora maggiore. La sezione d’urto per pioni positivi oltrepassa di gran lunga il massimo trovato per quelli negativi. Inizialmente questo risultato appare particolarmente strano, ma dopo aver letto il preprint di un articolo in cui Brückner mette in evidenza l’importanza dello “spin isotopico” (isospin), come viene allora chiamato, nelle interazioni pione-nucleone, Fermi riesce immediatamente a collegare i risultati con questo elemento essenziale.
L’isospin è il numero quantico interno il cui valore permette, per esempio, di considerare il protone e il neutrone come due stati della stessa particella, il nucleone. Fermi congettura che la reazione sia dominata dallo stato di isospin 3/2. Nel qual caso si arriva rapidamente, così come Fermi stesso fa, alla conclusione che i rapporti fra le sezioni d’urto devono essere 9 : 2 : 1 per lo scattering elastico del pione positivo, lo scambio di carica nello scattering e i processi elastici del pione negativo. Pochi mesi dopo, nel corso di un incontro a New York della American Physical Society, fa un annuncio importante che riguarda l’interazione pione-mesone per il quale ha una serie di risultati e ha trovato una spiegazione che implica un principio importante. Nell’interazione forte tra pione e nucleone si conserva lo spin isotopico. Così una vecchia idea, fino ad allora piuttosto trascurata, assume una nuova importanza. Intanto, è comparsa la prima “risonanza”, il primo stato eccitato del nucleone, quello che sarà poi chiamato N* e che farà pensare che i nucleoni abbiano una struttura. Questi esperimenti vengono seguiti con grande interesse dalla comunità dei fisici teorici dell’epoca perché da essi sembra poter venire la chiave per capire le forze nucleari. Si era ragionato molto sulla natura dell’interazione pione-protone; gli esperimenti avrebbero potuto mostrare quale delle molte teorie possibili avrebbe potuto avvicinarsi meglio alla verità.
Il problema aveva catturato l’attenzione del brillante giovane teorico americano Richard Feynman, che Fermi conosceva bene dai tempi di Los Alamos. Feynman scrive a Fermi una lettera che contiene alcune predizioni basate su differenti teorie per i mesoni e per le sezioni d’urto pione-nucleone. La risposta di Fermi mostra il suo modo di analizzare i risultati sperimentali e sottolinea l’importanza dell’evidenza sperimentale della conservazione dello spin isotopico. Questi esperimenti sono alla ribalta della fisica nucleare del momento e alla terza Conferenza Rochester sulla fisica nucleare delle alte energie l’uditorio è ansioso di ascoltare la relazione di Fermi.
Questi lavori di Fermi hanno dato inizio a un nuovo capitolo della fisica teorica e sperimentale. E’ impossibile avere un’idea globale di tutta la mole della sua attività teorica in base agli articoli pubblicati. Fermi seleziona rigidamente i suoi lavori, pubblicandone solo una parte molto esigua, ma i risultati non pubblicati vengono da lui trascritti in forma riassuntiva e conservati in numerosissimi quaderni che costituiscono quella che lui stesso chiama la sua “memoria artificiale”.
Il lavoro sperimentale sulle interazioni fra pioni e nucleoni riaccende l’interesse di Fermi per i computer, che cominciano a entrare in funzione proprio in questi anni. Fermi, con il suo spiccatissimo senso pratico e la sua intuizione, riconosce immediatamente le potenzialità dei computer per lo studio di problemi nell’ambito delle discipline fisiche, astrofisiche e della fisica classica.
Nicholas Metropolis, un fisico americano di origine greca ricorda le sue prime discussioni con Fermi nella sala computer a Los Alamos, dove Fermi passa l’estate del 1945: “Iniziammo a discutere le caratteristiche di alcuni calcolatori elettromeccanici utilizzati per i calcoli scientifici, ma ben presto egli tirò fuori dalla tasca un pezzo di carta sul quale “risultò” scritta una certa equazione, dopo di che mi chiese: “Come potremmo risolverla con la macchina?” Si trattava della formula semiempirica, da lui elaborata, delle masse atomiche. Dopo la domanda passò immediatamente all’azione […]. Per ogni fase del lavoro egli ascoltava il minimo delle spiegazioni dopo di che risolveva il problema impostato in maniera totalmente autonoma”. In particolare Fermi decide subito di utilizzare il MANIAC, uno dei più potenti calcolatori esistenti all’epoca appena costruito a Los Alamos per eseguire l’analisi del gran numero di dati sperimentali raccolti dal suo gruppo per i quali aveva fatto un’analisi preliminare dai risultati dello scattering dei pioni negativi nell’idrogeno con un calcolatore da tavolo Marchant.
L’analisi viene completata includendo i dati sperimentali sullo scattering dei pioni positivi ottenuti dai gruppi della Columbia e della Carnegie University. Al suo ritorno a Chicago Fermi è un esperto di analisi computazionale e pieno di entusiasmo per i calcolatori e tiene una serie di lezioni sull’uso e la programmazione dei computer. E’ in queste circostanze che si appassiona all’uso del metodo Monte Carlo che era stato inventato dai suoi colleghi e amici John von Neuman e Stanislaw Ulam. Infine bisogna ricordare che nell’estate del 1952, a quanto racconta Metropolis, Fermi si interessa alla possibilità di fare elettronicamente sia l’analisi che le misure delle tracce in emulsioni nucleari; nonostante il problema venga da lui formulato in modo molto preliminare, sono già chiare in queste premesse le linee di sviluppo che saranno seguite più tardi da altri.
1953
Fermi ha ormai raggiunto un enorme prestigio nella comunità dei fisici americani: all’inizio di quest’anno viene eletto presidente dell’American Physical Society. I suoi interessi nel campo dell’astrofisica sono accolti con grande favore dagli astrofisici e gli viene chiesto di tenere una importante conferenza per l’American Astronomical Society nella quale coglie l’occasione per riesaminare le sue precedenti idee sull’origine dei raggi cosmici alla luce dei successivi sviluppi delle conoscenze sull’intensità e il comportamento dei campi magnetici (“Galactic Magnetic Fields and the Origin of Cosmic Radiation” [Campi magnetici galattici e l’origine dei raggi cosmici]). E’ il primo “non astronomo” a meritare questo onore, di cui è particolarmente orgoglioso. Fermi fa un ultimo esperimento sullo scattering dei pioni; ha bisogno di più dati per l’analisi che vuole fare durante l’estate a Los Alamos e scrive l’ultimo articolo della sua vita di argomento sperimentale: “Scattering of Negative Pions by Hydrogen” [Diffusione di pioni negativi in Idrogeno]. L’estate successiva scrive, insieme a Metropolis e a E. F. Alei, “Phase shift analysis of the Scattering of Negative Pions by Hydrogen” [Analisi in fase della diffusione di pioni negativi in Idrogeno]. Questo metodo di analisi dei dati nel seguito diviene il metodo standard di elaborazione dei dati sperimentali per tutti i problemi di questo tipo.
Libero dal lavoro sperimentale Fermi considera la possibilità di lavorare insieme a Chandrasekhar su problemi di interesse astrofisico, in qualche modo correlati ai suoi precedenti interessi sull’origine dei raggi cosmici. La collaborazione con Chandrasekhar nasce in parte dal carattere dell’Institute of Nuclear Studies che cerca di estendere il ventaglio degli argomenti di interesse a campi diversi dalla fisica delle alte energie e delle particelle elementari. Fermi si adopera per incoraggiare e sostenere questa tendenza. Nell’articolo “Magnetic Fields in Spiral Arms” [Campi magnetici nei bracci di spirale] Fermi e Chandrasekhar fanno una stima del campo magnetico nei bracci di una galassia a spirale. Nel corso degli anni 1952-1953 Fermi e Chandrasekhar discutono regolarmente di astrofisica, il tutto confluisce in uno studio esteso della stabilità gravitazionale in presenza di un campo magnetico (“Problems of Gravitational Stability in the Presence of a Magnetic Field” [Problemi di stabilità gravitazionale in presenza di un campo magnetico]). Quest’ultimo lavoro dimostra, in qualche modo, la disponibilità di Fermi a risolvere qualsiasi tipo di problema fisico. Secondo la testimonianza dello stesso Chandrasekhar, la maggior parte dei problemi considerati derivano da suggerimenti di Fermi. Nell’estate del 1952, durante una delle sue frequenti visite a Los Alamos Fermi discute con il matematico Stanislaw Ulam il tipo di problemi che nel futuro si sarebbero potuti studiare per mezzo dei computer sfruttandone le potenzialità in via di sviluppo. Insieme decidono di fare una selezione di problemi da risolvere euristicamente per mezzo del computer nel tentativo di capire le proprietà delle soluzioni di problemi che non ammettono una forma analitica chiusa.
Questo approccio appare particolarmente opportuno per problemi che implicano il comportamento asintotico a lungo termine o “in grande” di sistemi fisici non lineari, per i quali non è possibile fare ricorso alle sole tecniche matematiche dell’analisi classica del XIX e XX secolo. Per fare uno studio dell’evoluzione temporale, su tempi lunghi, del sistema dinamico prescelto si calcolano gli spostamenti di ciascuno di questi punti materiali dividendo l’intero moto in brevi intervalli di tempo. Ciascun intervallo corrisponde a un passo nella computazione, e si prosegue iterando molte volte l’esecuzione dei calcoli per ciascun passo corrispondente agli intervalli successivi.
Per eseguire questo lavoro numerico con carta e matita occorrerebbero letteralmente migliaia di anni. John Pasta, un fisico arrivato da poco a Los Alamos, assiste Fermi e Ulam nel compito di elaborare un diagramma di flusso, di scrivere un programma e di farlo girare sul MANIAC. A quei tempi, non esistendo insiemi di istruzioni, programmi già pronti e procedure automatizzate (ciò che oggi chiamiamo software), l’impresa era enormemente più difficile di quanto non sia adesso. In una sola estate Fermi impara molto rapidamente come programmare i problemi sul calcolatore e non soltanto è in grado di progettarne le linee generali e costruire il cosiddetto diagramma di flusso, ma sa perfettamente effettuare lui stesso la vera e propria codificazione in ogni dettaglio, imparando una serie di piccoli trucchi.
Nel lavoro “Studies of non Linear Problems” [Studio di problemi non lineari] firmato congiuntamente da Fermi, J. Pasta e S. Ulam, ma pubblicato nel 1955, dopo la morte di Fermi, vengono presentati i risultati di questo primo tentativo. Queste ricerche sull’evoluzione dei sistemi non lineari rappresentano un lavoro pionieristico. A partire da quell’epoca una serie di persone hanno cominciato a occuparsi di problemi di natura analoga facendo interessanti analisi matematiche riguardanti e trovando risultati del tutto inaspettati; questi lavori hanno continuato a svilupparsi fino ad oggi con le ricerche di dinamica molecolare e le teorie del caos e della complessità.
1954
Nel corso di quest’anno la comunità scientifica americana è sconvolta da un grave processo: quello contro Julius Robert Oppenheimer (“Oppie”). Il 7 novembre 1953 il direttore esecutivo del Comitato congiunto del Congresso sull’Energia Atomica, William Liscum Borden scriveva al direttore della FBI, J. Edgard Hoover, una lettera in cui asseriva che “con tutta probabilità” Oppenheimer non solo era stato, ma continuava a essere un “agente” dell’Unione Sovietica. Immediatamente il Presidente Eisenhower aveva ordinato di escludere Oppenheimer dall’accesso ai segreti atomici e alla Atomic Energy Commission di chiarire il caso. Il processo comincia il 13 aprile del 1954 e l’accusatore è un tal avvocato Roger Robb, particolarmente violento. L’accusa è di “comunismo” e rientra perfettamente nella “caccia alle streghe” attivamente perseguita dal senatore del Wisconsin Joseph McCarthy (che ha poi dato il nome al cosiddetto “maccartismo”). Purtroppo gli scienziati chiamati a testimoniare si dividono in accusatori (in verità una minoranza) e difensori (la maggioranza). Tra i principali testimoni di accusa Edward Teller, Louis Alvarez e David Lawrence (che non testimoniò perché gravemente malato). Il processo tocca molti fatti privati e si conclude con un verdetto di condanna che non sarà mai revocato, anche se molti anni dopo John Kennedy assegnerà, e Lyndon Johnson consegnerà, a Oppenheimer il Premio Fermi (1963): Oppenheimer, ormai molto malato, all’epoca è direttore dell’Istitute for Advanced Studies di Princeton. Morirà il 18 febbraio 1967 dopo aver rifiutato la riapertura del processo. Anche Fermi testimonia, il 20 aprile 1954. Naturalmente difende la lealtà di Oppenheimer e la sua correttezza verso gli Stati Uniti; ma è particolarmente importante il suo commento sull’escalation nucleare: “La mia opinione all’epoca era che si dovesse mettere fuori legge la superbomba prima che fosse nata. Pensavo più o meno che sarebbe stato più facile mettere fuori legge, attraverso un qualche accordo internazionale, qualcosa che non esisteva”.
Fermi affronta di nuovo lo studio teorico delle collisioni pione-nucleone e nucleone-nucleone applicando i metodi statistici che aveva utilizzato in precedenza al caso della produzione multipla di pioni alle energie del cosmotrone di Brookhaven (fino a 2.5 BeV) (“Multiple Production of Pions in Pion-Nucleon Collisions; Multiple Production of Pions in Nucleon-Nucleon Collisions at Cosmotron Energies” [Produzione multipla di pioni in urti pione-nucleone; Produzione multipla di pioni in urti nucleone-nucleone all’energia del Cosmotrone]). Nel frattempo, in febbraio, riceve la visita di Emilio Segrè che lo mette al corrente dei risultati di alcuni esperimenti recenti sulla polarizzazione dei protoni diffusi effettuati dal suo gruppo a Berkeley. In precedenza si era tentato di fare esperimenti simili a Chicago con risultati negativi, risultati di cui i due avevano già discusso nel novembre dell’anno precedente.
I risultati ottenuti da Segrè suscitano l’interesse di Fermi che vuole subito controllare se l’accoppiamento spin-orbita, che riveste un ruolo fondamentale nel modello a shell, può anche rendere conto della polarizzazione nella diffusione ad alte energie. Il calcolo riportato nell’articolo “Polarization of high Energy Protons scattered by Nuclei” [Polarizzazione di protoni di alta energia diffusi da nuclei] viene effettuato da Fermi sulla sua lavagna dalle dieci della mattina fino a circa mezzogiorno. Segrè prende appunti che poi utilizza anche per scrivere l’articolo, che sarà completato in pochissimi giorni. Fermi ama molto la semplicità del metodo e dei risultati e ne parla poco dopo a Varenna (“Lectures on Pions and Nucleons” [Lezioni su pioni e nucleoni]). Questa è l’ultima volta in cui Segrè vede Fermi all’opera nel risolvere un problema nel suo tipico stile, a lui così familiare fin dai tempi di Roma. Durante l’estate Fermi torna in Italia per la seconda volta dalla fine della guerra. A Villa Monastero, a Varenna sul lago di Como, tiene un memorabile corso di lezioni sulla fisica dei pioni e dei nucleoni. Come ricorda Bernard Feld: “Qui c’era Fermi al massimo delle sue capacità, che metteva ordine e semplicità nella confusione, che scopriva connessioni tra fenomeni apparentemente non collegati; acume e saggezza fluivano dalle sue labbra, come al solito bianche di gesso, con la sua voce chiara e sonora”. Durante il soggiorno in Italia Fermi la sua salute peggiora rapidamente. Tornato negli Stati Uniti gli viene diagnosticato un cancro allo stomaco. Muore a Chicago il 28 novembre all’età di 53 anni. Negli ultimi giorni si dedica alla revisione delle note di un corso di lezioni di fisica nucleare; il volume incompiuto sarà pubblicato postumo con il titolo Nuclear Physics [Fisica nucleare] a cura di tre suoi allievi.