Pioggia di metano su Titano

Nei deserti di Titano sta piovendo metano liquido. A rivelare questa preziosa informazione sulla meteorologia della luna più grande di Saturno è uno studio condotto dal Laboratorio di fisica applicata della Johns Hopkins University (Laurel, Maryland), cui hanno collaborato ricercatori del Dipartimento di fisica dell’Università Tor Vergata di Roma e dell’Istituto nazionale di astrofisica, guidati da Jonathan I. Lunine. La ricerca, pubblicata sull’ultimo numero di Science, si è basata sulle rilevazioni ottenute dalla sonda Cassini della Nasa, che dal 2004 orbita attorno a Saturno.

Titano è un satellite tra i più particolari del nostro sistema solare: oltre a essere più grande del pianeta Mercurio, è l’unica luna dotata di una densa atmosfera e sulla sua superficie sono presenti mari e fiumi formati da metano e altri idrocarburi. La temperatura di questo corpo celeste (-179 °C) e la sua pressione sono prossimi al punto triplo del metano: bastano quindi piccoli cambiamenti climatici per osservare le fasi solida, liquida e gassosa della sostanza. Ciò rende possibile un ciclo idrologico del metano simile a quello dell’acqua sulla Terra. 

A differenza del nostro pianeta, tuttavia, la regione equatoriale di Titano è caratterizzata da solchi fluviali ormai secchi. Per molto tempo i ricercatori si sono chiesti quando il satellite avesse conosciuto la sua ultima pioggia equatoriale. La risposta a questa domanda era ritenuta fondamentale per comprendere le origini delle regioni aride, che potevano essere il frutto di cambiamenti stagionali così come di un passato “umido”. Entrambe le possibilità erano valide poiché, in oltre sette anni, la sonda Cassini ha potuto osservare “solo” un quarto di anno di Titano (che corrisponde a 29,5 dei nostri anni), quello che va dalla fine dell’estate nel Polo Sud all’inizio della primavera del Polo Nord.

Adesso, grazie alle informazioni dallo spettrometro VIMS a bordo della sonda, sappiamo invece che eventi piovosi possono ancora verificarsi nella fascia equatoriale di Titano. Studiando i dati, infatti, i ricercatori hanno notato che il 27 settembre del 2010 una nuvola di metano è passata nella zona equatoriale. Subito dopo il suo passaggio, una superficie ampia oltre 500.000 chilometri quadrati ha assunto una colorazione più scura, per poi tornare del suo colore iniziale con il passare dei giorni. Così, dopo aver analizzato tutte le possibili cause (tra cui l’ipotesi di sostanze spostate da forti venti o flussi vulcanici), l’inscurimento della superficie e il suo ritorno alla normalità sono stati spiegati nel più intuitivo dei modi: con il bagnarsi e l’asciugarsi del terreno.

Come argomentato da Tetsuya Tokano, ricercatore presso l’Istituto di geofisica e meteorologia dell’Università di Colonia (Germania) in un articolo di accompagnamento allo studio, questi risultati suggeriscono un modello climatico in cui le piogge migrano da un polo all’altro nel corso dell’anno. In questo modo, è possibile spiegare i lunghi periodi di aridità finora osservati nella fascia equatoriale come dei semplici fenomeni stagionali.

Riferimento: DOI: 10.1126/science.1201063

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