Una elaborazione grafica dell’Agenzia spaziale europea (Esa) mostra come appare la nostra galassia vicina, Andromeda (o M31), attraverso le lenti di uno stuolo di telescopi diversi. Da quelli terrestri, che guardano nella banda dello spettro visibile e ci restituiscono le stelle più brillanti in tutto il loro splendore, al telescopio spaziale Planck, che capta le più lunghe microonde, svelando le particelle di fredda polvere interstellare (appena poche decine di gradi sopra lo zero assoluto). Le radiazioni emesse dalle particelle più calde sono invece catturate dal telescopio spaziale Herschel, che guarda negli infrarossi, mostrando i luoghi della galassia in cui si stanno formando nuove stelle.
Ancora, gli occhi del XMM-Newton puntano al cuore di Andromeda e cercano nelle lunghezze d’onda inferiori a quelle della luce visibile, nei raggi X e ultravioletti. Attraverso i primi, XMM-Newton racconta la storia degli astri più vecchi, alla fine della loro vita o già esplosi (e visibili come nove); grazie ai secondi invece, mostra le stelle più giovani, che però, per via della loro grande massa, non sono destinate a vivere a lungo ed esploderanno presto in supernove. Di solito, la luce ultravioletta viene assorbita dalla polvere interstellare e emessa nuovamente come radiazione infrarossa; questo significa che le aree in cui i raggi ultravioletti sono osservati direttamente sono relativamente prive di polvere. Mettendo insieme i dati raccolti da tutti e quattro i tipi di telescopi, gli astronomi sono in grado di seguire l’intero ciclo di vita delle stelle.
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Fonte: Esa