Per combattere la guerra ai pesticidi, gli insetti trovano un valido alleato in alcuni batteri in grado di degradarne il principio attivo. La scoperta è di un’équipe di ricercatori giapponesi dell’Istituto nazionale per la tecnologia e le scienze industriali, guidata da Yoshimoto Kikuchi, che ha studiato la resistenza a un comune insetticida,il Fenitrothion, indotta in un insetto dannoso delle leguminose, il Riptortus pedestris (a sinistra nell’immagine), dalla simbiosi con alcuni ceppi batterici del genere Burkholderia. I risultati sono stati pubblicati sui Proceedings of the Nationl Academy of Science e illustrano un meccanismo di resistenza mai descritto e che richiede tempi molto più brevi rispetto a quelli conosciuti finora.
Tra i batteri del terreno, come quello dello studio, sono normalmente presenti dei ceppi in grado di degradare le molecole dell’insetticida per utilizzarle come fonte di carbonio. La moltiplicazione di questi ceppi, che si limitano a poche unità nei terreni non trattati con i pesticidi, viene stimolata dall’esposizione frequente e intensiva all’insetticida fino a che questi batteri non arrivano a rappresentare l’80 per cento della popolazione presente. I microbi, poi, infettano gli insetti duranti le fasi di sviluppo giovanili permettendo loro di raggiungere più velocemente la fase adulta (e quindi di riprodursi prima e di più), di acquistare dimensioni maggiori rispetto agli individui non infetti e di diventare resistenti a quest’ultimo.
La relazione è talmente favorevole che, nella sperimentazione in vaso condotta dai ricercatori giapponesi, ben il 90 per cento degli insetti allevati sui terreni trattati con il pesticida aveva sviluppato la simbiosi con i ceppi detossificanti.
Secondo i ricercatori, il meccanismo di resistenza scoperto presenta alcune implicazioni pratiche non trascurabili potendo rendere inefficace l’uso degli insetticidi più diffusi. “Anzitutto il trattamento con l’insetticida arricchisce l’agrosistema dei batteri in grado di degradare la molecola stessa e predispone l’ambiente per lo sviluppo della resistenza negli insetti, anche in loro assenza”, spiega Kikuchi. “Gli insetti poi sarebbero in grado nell’arco di una sola generazione di sviluppare la resistenza con tempi molto più brevi rispetto a quelli conosciuti sino ad ora.”
Riferimenti: Pnas doi:10.1073/pnas.1200231109
Immagine: A sinistra adulto di Riptortus pedestris, a destra tratto intestinale dell’insetto colonizzato dal batterio simbionte Burkholderia. Credit immagine: Original paper.