Malattie cardiovascolari, tumori, demenze, obesità e quindi diabete. I meccanismi dell’infiammazione sono il trait d’union di tutte le malattie croniche. Un processo silente e costante quello dell’infiammazione che lavora dietro le quinte per anni per poi manifestarsi con disturbi anche gravi. “La risposta infiammatoria non è di per sé negativa e anzi è il modo in cui l’organismo risponde a un insulto che gli viene dall’esterno”, ha detto Berry Sears, presidente dell’Inflammation Research Foundation di Boston durante il suo intervento al convegno Science in Nutrition organizzato il 14 e 15 marzo a Milano dalla Fondazione Paolo Sorbini. “Il problema è quando questo meccanismo non si riesce a bloccare, quando non riusciamo più a spegnere il bottone”.
A impedire lo switch off dell’infiammazione è un insieme di fattori: prima di tutto un’alimentazione squilibrata, ricca di acidi grassi omega 6, il fumo, la sedentarietà, lo stress. Tutti elementi su cui è possibile intervenire, prima di tutto rivoluzionando il modo in cui guardiamo al cibo. “Oggi sappiamo che quello che mangiamo è in grado di controllare l’espressione genica: il cibo sono migliaia di molecole che agiscono come un cocktail di ormoni”, ha affermato Giovanni Scapagnini, associato dell’Istituto di Scienze Neurologiche del CNR di Catania e dell’Università del Molise. “Per questo non dobbiamo più pensare alla quantità dei macronutrienti ma alla loro qualità, e in particolare dobbiamo stare attenti a limitare i cibi con alto indice glicemico, a consumare polifenoli, sostanze in grado di accendere la longevità cellulare, e gli omega-3, acidi grassi capaci di spegnere l’infiammazione”. Tre mosse a cui si aggiunge quella dell’attività fisica: 30 minuti tutti i giorni o 3 volte a settimana 1 ora di esercizio lieve-moderato sono sufficienti ad aiutare l’organismo a mantenersi in buona salute.
La potente azione antinfiammatoria di un’alimentazione equilibrata è oggetto di molti studi in tutto il mondo. Non solo agisce in fase di prevenzione, permettendo di perdere peso, ma si dimostra uno strumento importante anche nella cura delle malattie a base infiammatoria. “Una dieta con un buon contenuto proteico, con carboidrati a basso indice glicemico e con integrazione di acidi grassi polinsaturi omega-3 si è dimostrata in grado di controllare il metabolismo e i parametri infiammatori nei pazienti affetti da diabete di tipo 2”, ha dichiarato Thomas Stulnig dell’Università di Vienna che al convegno ha presentato i dati del suo studio. “Nei 30 pazienti seguiti per 6 mesi l’intervento dietetico ha ridotto significativamente le variazioni dell’emoglobina glicata, parametro primario nel diabete, ha migliorato il controllo glicemico, la circonferenza della vita e l’infiammazione silente nei pazienti in sovrappeso o obesi con diabete di tipo 2”, ha concluso Stulnig.
“Curare i sintomi è un approccio ormai superato, si deve guardare alla prevenzione considerando il nostro organismo nel suo insieme per garantirgli salute e benessere, perché correre ai ripari quando i disturbi si manifestano, può essere già troppo tardi”, ha sottolineato Enzo Nisoli, presidente della Società Italiana Obesità. “Lo stesso processo di invecchiamento altro non è che una malattia alla cui base c’è l’infiammazione silente”.
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