Chiara Riganti ha 35 anni, una passione per la biochimica e un obiettivo ambizioso: scoprire i punti deboli delle cellule cancerose resistenti ai farmaci per disegnare in futuro delle terapie sempre più efficaci. Purtroppo, infatti, a seconda del tipo di tumore, una percentuale molto ampia che varia dal 40 al 70 per cento, resiste all’attacco dei chemioterapici, i farmaci che dovrebbero invece sconfiggerle. Queste cellule sviluppano dei meccanismi di sopravvivenza per cui da una parte sono capaci di difendersi impedendo alle molecole di entrare, dall’altra riescono a ributtare fuori gran parte dei medicinali che sono riusciti a entrare.
Una fortezza che a oggi appare inespugnabile. “A meno di non provare a ingannare queste cellule sfruttando i loro punti deboli”, spiega la ricercatrice che presenterà le sue ricerche in una conferenza al Festival della Scienza. Per farlo bisogna conoscerli, fare una ricognizione precisa delle porte che le cellule lasciano aperte per sopravvivere. Questo è quello che fa il gruppo di ricerca di Riganti all’Università di Torino che così ha scoperto un vero tallone di Achille: la fame di colesterolo delle cellule resistenti.
“Infatti, quanto più è resistente, tanto più un tumore ha bisogno di assumere dall’ambiente circostante colesterolo, che gli serve per proliferare ed attivare i meccanismi di resistenza ai farmaci”, va avanti Riganti. Come fa? Grazie ad alcuni sensori che si trovano sulla superficie delle sue cellule che catturano il colesterolo dal circolo sanguigno.
Da questa osservazione è nata l’idea: mascherare da colesterolo le molecole chemioterapiche così che vengano agganciate dai sensori presenti sulla superficie delle cellule tumorali e riuscire quindi a fiaccare la resistenza del tumore. Il cavallo di Troia messo a punto dal gruppo torinese funziona: i farmaci entrano di più e uccidono con maggior efficacia il tumore.
“Finora gli esperimenti sono stati condotti su linee cellulari, ma abbiamo visto che la fame di colesterolo è comune sia ad alcuni dei tumori solidi più diffusi sia alle leucemie”, sottolinea la ricercatrice. “Un dato che ci fa ben sperare”.
Il gruppo di ricerca ha cercato di risolvere anche il secondo problema: l’abilità delle cellule cancerose resistenti di disfarsi dei farmaci. “Abbiamo scoperto che aggiungendo una molecola di monossido di azoto al chemioterapico le porte in uscita si chiudevano”, spiega Riganti. Insomma, una volta entrato il cavallo di Troia lascia uscire il suo contenuto che da una parte uccide la cellula dall’altra impedisce al principio attivo di essere allontanato. Gli esperimenti con le linee cellulari hanno dato ancora una volta ragione ai ricercatori: con l’aggiunta del monossido di azoto l’efficacia della terapia diventa massima.
Il passo successivo sarà quello di testare queste strategie su modelli animali e disegnare insieme a dei farmacologi i cavalli di Troia più adeguati per entrare dentro le cellule. “La strada per arrivare alla formulazione di una terapia è molto lunga, nell’ordina di una decina d’anni, sempre che gli esperimenti successivi confermino i buoni risultati ottenuti finora”, conclude Riganti. In cassetto la ricercatrice ha comunque almeno altri 50 punti deboli delle cellule cancerose resistenti su cui lavorare e raggiungere così il suo obiettivo: riuscire a trovare un modo per ingannare e sconfiggere i tumori.
Credits immagine: crafty_dame/Flickr
La lettura di articoli di questo genere accresce il fascino che ha per me la ricerca scientica ma, soprattutto l’ammirazione per coloro che la praticano nonostante le difficoltà che tale ricerca incontra in Italia. GRAZIE!!!!!!
Una domanda: qual’è il meccanismo di trasporto/recettoriale che permetterebbe l’entrata di un complesso molecolare farmaco-colesterolo?mediazione recettoriale o trasporto (attivo-passivo che sia)?? sono uno studente:-) grazie
Possiamo dire che il meccanismo di entrata è un’endocitosi mediata da recettore: la particella di farmaco mascherato da colesterolo (una “simil-LDL”) si lega al recettore delle LDL. Questo legame innesca l’endocitosi del complesso “particella simil-LDL+recettore”, che viene internalizzato in vescicole della cellula specializzate nell’endocitosi (endosomi). Negli endosomi, la “simil-LDL” si stacca dal recettore e si diffonde nella cellula, liberando il farmaco; il recettore viene “riciclato”, ritorna in superficie ed è pronto ad iniziare un nuovo ciclo.