Di sicuro sono radiazioni che non fanno paura a nessuno, anzi sono la gioia dei timpani: si tratta dell’energia proveniente dai decadimenti nucleari di migliaia di isotopi, messa per la prima volta al servizio della musica. Il compositore svedese Kristofer Hagbard, ideatore del progetto Radioactive Orchestra 2.0, ha infatti messo insieme una vera e propria band i cui componenti sono atomi e fotoni. Il singolare “gruppo” si è anche esibito dal vivo ottenendo un grande successo di pubblico.
L’artista scandinavo usa un piccolo campione di materiale debolmente radioattivo, solitamente uranio o cobalto, muovendolo velocemente in prossimità di uno spettrometro a raggi gamma, all’interno del quale è posto un cristallo di ioduro di sodio. Quando l’energia radiattiva colpisce il rivelatore, il cristallo produce un fascio colorato di luce visibile, che viene quindi “tradotto” in una nota musicale da un software computerizzato. In questo modo, Hagbard può creare velocemente loop, melodie e assoli, proprio come nella musica tradizionale: “Il nostro progetto dà una rappresentazione musicale di qualcosa che nell’Universo non possiamo vedere”, afferma orgoglioso. “È come suonare un pianoforte per fotoni: un nuovo strumento”.
Il progetto ha anche ambizioni scientifiche e didattiche. Tin Lundstroem, fisico presso la Ksu, società svedese specializzata in sicurezza nucleare, ne spiega i dettagli: “Il decadimento del cobalto 60 dà radiazioni con due livelli distinti di energia, 1.17 MeV e 1.33 MeC. Questi numeri vengono poi tradotti in colori diversi: i fasci con energia minore producono colori come blu e verde, mentre a energie maggiori corrispondono tonalità rosse. Possiamo capire meglio la natura dell’energia radioattiva attraverso la metafora musicale, e magari ammorbidire le paure della gente. Ogni secondo decadono nel nostro corpo circa 5000 nuclei, a causa degli isotopi radioattivi naturali come il potassio 40 o il carbonio 14. Ci arrivano anche radiazioni dallo spazio e dal suolo”.
Hagbard, focalizzato più sul lato artistico della vicenda, è fiducioso che il progetto catturerà l’attenzione di musicofili di tutto il mondo: “Il nostro obiettivo non è dire che le radiazioni non fanno male, ma provare a usare la scienza per creare nuove forme d’arte”.
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