Batteri prêt-à-porter

La vostra maglietta preferita puzza? Niente paura: presto non ci sarà più bisogno di lavarla, basterà indossarla. Grazie infatti a batteri geneticamente modificati che vivono e si riproducono nelle fibre dei tessuti, nutrendosi del sudore e delle proteine che causano i cattivi odori, fra qualche anno avremo vestiti autopulenti. Non solo. Altri batteri potrebbero sintetizzare sostanze impermeabili o rivestimenti protettivi per estendere la vita dei tessuti. E’ la promessa di Alex Fowler, ricercatore dell’Università del Massachusetts a Dartmouth e autore dell’ultima bizzarra applicazione delle biotecnologie.

“I vestiti sono un ambiente ideale per i microrganismi”, spiega Fowler. “Sono fatti con materiali biocompatibili e non presentano alcuna tossicità per le cellule; inoltre basta indossarli perché diventino una ricca fonte di calore e nutrienti organici”. Ironia della sorte, mentre negli ultimi anni l’industria tessile ha speso miliardi per sviluppare fibre contenenti ioni argento o altre sostanze battericide, il problema di Fowler è riuscire a convincere i batteri a crescere sulle fibre dei tessuti. Il ricercatore americano, insieme ai suoi collaboratori, ha dovuto sviluppare un sistema basato su una pompa a vuoto in grado di sparare piccole gocce di gelatina contenenti i batteri direttamente all’interno delle fibre.

Per il momento l’équipe di Fowler sta studiando il comportamento di un ceppo innocuo del batterio Escherichia coli. Il microrganismo è stato geneticamente modificato per produrre una proteina fluorescente che lo rende luminoso quando è in fase di crescita. In questo modo i ricercatori possono seguire lo sviluppo della colonia e capire quanto a lungo i microrganismi riescono a sopravvivere sulle fibre. Si è così scoperto che quando le riserve di cibo si esauriscono, i batteri entrano in una fase di quiescenza che dura alcune settimane. Fowler spera di poter ripristinare l’attività batterica semplicemente imbevendo le fibre in opportuni nutrienti. Così, quando avremo una maglietta abitata da ceppi batterici che si nutrono del sudore umano e delle proteine che causano i cattivi odori, basterà indossarla per risvegliare i germi quiescenti. E alla fine, promette Fowler, non sarà più necessario pulire i vestiti, basterà nutrirli.

“Per indossare la prima maglietta autopulente”, spiega Fowler, “dovremo aspettare ancora qualche anno. Stiamo cercando di sviluppare un tessuto che permetta di incorporare al suo interno batteri vivi, preservando le loro funzionalità il più a lungo possibile. Se i nostri sforzi avranno successo, costruire batteri geneticamente modificati ghiotti del sudore umano sarà il prossimo traguardo. Il problema più difficile sarà riuscire a controllare la crescita batterica in modo tale che la colonia non esaurisca troppo in fretta i nutrienti di cui dispone. Nonostante i primi risultati siano incoraggianti, siamo ancora nella fase iniziale di un progetto ambizioso iniziato soltanto un anno fa”.

Resta da chiedersi se il mercato, sempre scettico nei confronti delle biotecnologie, sia pronto per i vestiti di batteri transgenici. “L’opinione pubblica si è dimostrata benevola nei confronti della nostra idea”, assicura Fowler. “La maggior parte delle persone sembra capire che i microrganismi sono una parte importante del mondo biologico e che esistono migliaia di batteri innocui che vivono in simbiosi con noi. Modificare i batteri per utilizzarli in modo utile sembra sensato alla maggior parte degli americani. Anche l’Adidas si è dimostrata interessata a una collaborazione: vogliono sviluppare la nostra tecnologia per liberare le scarpe da ginnastica dai cattivi odori”.

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