Si chiama Id2 ed è una proteina molto pericolosa. La sua sovrapproduzione causa infatti il neuroblastoma, una forma aggressiva di tumore del sistema nervoso che colpisce i bambini sotto i 10 anni. Nell’ottobre 2000 sono stati due scienziati italiani, Antonio Iavarone e Anna Lasorella dell’Albert Einstein College of Medicine di New York, a individuare il gene che codifica per la proteina incriminata. Da allora gli studi sono andati avanti e i due ricercatori, in collaborazione con l’ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma, hanno calcolato la quantità di Id2 che, se presente nel tessuto malato, può determinare l’aggressività del tumore. Una scoperta importante, presentata sulle pagine di Cancer Research, perché può indicare la terapia a cui sottoporre il paziente: invasiva, se la presenza di Id2 è elevata, più leggera e con più possibilità di riuscita, se nel tessuto malato la proteina è quasi assente. Di tutto questo e delle tappe future della ricerca abbiamo parlato con lo stesso Antonio Iavarone.
Dottor Iavarone come è possibile misurare l’Id2? Si tratta di un test di facile esecuzione?
“La misurazione di Id2 sulle cellule tumorali può essere fatta attraverso un test immunoistochimico. Si tratta di analizzare le sezioni di tessuto che provengono dall’asportazione chirurgica del tumore e che vengono normalmente utilizzate a scopo diagnostico. Pertanto, questo test non richiede ulteriori manovre invasive rispetto a quelle a cui i pazienti devono comunque sottoporsi per scopi diagnostici e terapeutici. Il test si basa sulla determinazione dei livelli di Id2 nel tumore attraverso l’uso di anticorpi specifici anti-Id2, è molto semplice e ha un costo relativamente contenuto. Esso dovrebbe essere facilmente accessibile a tutti i centri clinici che curano bambini ammalati di neuroblastoma”.
Cosa indicano i livelli della proteina?
“La presenza di alti livelli della proteina Id2 nei bambini ammalati di neuroblastoma indica che ci troviamo di fronte a un tumore molto aggressivo nei confronti del quale sono perciò necessarie tutte le terapie più intense oggi a disposizione. In particolare, attraverso la misurazione di Id2, possiamo identificare un sottogruppo di piccoli pazienti con tumori altamente maligni (circa un terzo del totale) per i quali non esistevano, prima del nostro studio, parametri biologici che ne consentissero l’identificazione. D’altra parte, ai pazienti il cui tumore non produce Id2 possiamo dire che hanno ottime probabilità di guarigione”.
Come è avvenuto lo studio che ha condotto alla vostra scoperta?
“Questo studio rappresenta un esempio della cosiddetta “translational research” cioè della ricerca di base “pura” che produce importanti applicazioni per la clinica. Siamo sempre stati convinti che i migliori studi “di base” in campo oncologico debbano essere portati avanti a diretto contatto con ambienti clinici all’avanguardia. Questo era quello che avevamo provato a realizzare a Roma dove creammo un laboratorio di ricerca sui tumori del sistema nervoso dei bambini che non aveva nulla da invidiare ai migliori laboratori americani. Le nostre ricerche iniziarono lì. Purtroppo, fummo costretti ad abbandonare l’Italia per continuare liberamente i nostri studi negli Stati Uniti. Le continue interazioni tra buona ricerca e buona clinica generano fertili contaminazioni in entrambe le direzioni e sono l’ anticamera dei progressi più importanti sulle malattie gravi. Il nostro studio iniziò con esperimenti di biochimica e di genetica nei topi di laboratorio. Essi evidenziarono l’ importanza della proteina Id2 per la crescita incontrollata delle cellule tumorali nel sistema nervoso”.
Quali sono i prossimi passi della vostra ricerca sul neuroblastoma?
“Oggi, anche a seguito dei nostri primi studi pubblicati negli anni scorsi, c’è stata un’esplosione di interesse scientifico nei confronti delle proteine della famiglia Id che comprende, oltre a Id2, anche Id1, Id3 e Id4. Altri ricercatori, diretti da Robert Benezra del Memorial Sloan Kettering di New York, con cui collaboriamo, hanno scoperto che le proteine Id sono essenziali per lo sviluppo di nuovi vasi sanguigni (l’angiogenesi) all’interno del tumore. Insieme a loro, abbiamo contribuito alla creazione di una nuova azienda biotecnologica chiamata Angiogenex, il cui scopo principale è l’identificazione di molecole capaci di bloccare selettivamente l’azione delle proteine Id nei pazienti con tumori altamente maligni, come il neuroblastoma. L’idea di fondo è che quando tali sostanze saranno disponibili, potremmo riuscire,”con un colpo solo”, a bloccare la crescita incontrollata delle cellule tumorali attraverso il blocco di Id2, e nello stesso tempo, a contrastare l’angiogenesi tumorale attraverso il blocco delle altre proteine Id”.