Terremoti asciutti

Terremoti. C’è chi spera di non doverli mai affrontare, chi ha dovuto subirne gli effetti, a volte drammatici, e chi li riproduce in laboratorio per capire come e perché avvengono. Soprattutto quando hanno l’ipocentro (il punto in cui si genera il sisma) là dove secondo i modelli teorici attuali non dovrebbe essere: al di sotto delle zone di subduzione, a profondità comprese tra i 100 e 650 chilometri. La maggior parte dei terremoti ha origine all’interno della crosta terrestre a profondità che vanno dai 60 ai 100 chilometri. Dove i materiali sono solidi e quando si rompono liberano energia sottoforma di onde sismiche. Al di sotto delle zone di subdzione i minerali sono sottoposti a pressioni e temperature che li rendono fluidi, e quindi non in grado di scatenare sommovimenti. Ma i sismi di profondità sono una realtà: nel 1994 in Bolivia a 600 chilometri sotto la superficie terrestre è stata registrata una scossa tellurica di magnitudo 8,3 della scala Richter, una potenza enorme che si è dissipata risalendo in superficie.Proprio di questi fenomeni inattesi si sono occupati David Dobson e i suoi colleghi dell’University College di Londra. “Capire come e perché avvengano i terremoti di profondità ci permette di migliorare le conoscenze riguardo il nostro pianeta”, spiega Dobson. Che sottolinea: “Sebbene la tettonica a zolle sia una teoria molto importante non capiamo ancora quali siano le forze che causano il movimento delle varie placche, fenomeno strettamente collegato al comportamento dei fluidi nelle zone di subduzione”. I ricercatori britannici erano convinti che alla base del fenomeno ci fosse una reazione di disidratazione dei minerali presenti in tali zone, dove si trova una pressione di circa 80 mila atmosfere e una temperatura di 900 gradi centigradi. Per confermare la loro teoria hanno simulato in laboratorio le stesse condizioni e analizzato il comportamento di un minerale di riferimento, il serpentino. E i risultati hanno dato loro ragione. “I risultati ci hanno mostrato che la teoria della disidratazione come fattore scatenante dei terremoti di profondità funziona”, dichiara Dobson. “Facendo disidratare il serpentino, il minerale inizia a fratturarsi perché non può sostenere la forte pressione. Origina quelli che noi chiamiamo piccoli eventi sismici, precursori dei grandi eventi, ovvero i terremoti di profondità. Sommovimenti scatenati dall’acqua rilasciata nella disidratazione che risale il materiale roccioso che circonda il serpentino. Si infila dentro le fessure, fratturandolo e dando origine ai terremoti di profondità”. I risultati ottenuti rendono i ricercatori ottimisti al punto di poter azzardare la capacità di prevedere eventi del genere. A dare ancora più fiducia ai ricercatori inglesi ci sono poi gli studi di un gruppo nipponico di geologi. Che ha riportato dei piccoli eventi sismici al di sotto del Giappone molto simili a quelli scoperti da Dobson, in un contesto naturale equivalente a quello creato in laboratorio.E la teoria della disidratazione potrebbe interessare anche alcuni tipi di terremoti che colpiscono l’Italia. Alcuni colleghi di Dobson ritengono che lo stesso meccanismo di disidratazione potrebbe essere responsabile di eventi sismici che hanno origine nella crosta terrestre. In particolare nelle zone vulcaniche dove il calore causerebbe la disidratazione del gesso scatenando meccanismi simili a quelli che avvengono a grandi profondità.

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