Nuotano e vedono come pesci. Sono i bambini della tribù Moken, popolo semi-nomade stabilitosi nell’arcipelago tailandese di Burma, la cui sopravvivenza è da sempre strettamente legata al mare. Ottimi nuotatori, si immergono alla ricerca di cibo sul fondale dell’oceano, e sono in grado di mettere a fuoco sottacqua due volte più chiaramente rispetto ai bambini europei sfruttando le loro eccezionali capacità visive per raccogliere piccole conchiglie, molluschi e cetrioli di mare alla profondità di tre/quattro metri. È quanto afferma una ricerca condotta da un gruppo di ricercatori dell’Università di Lund in Svezia. Le prove, condotte nelle acque dell’arcipelago tailandese, hanno posto a confronto la visione subacquea di alcuni bambini indigeni di età compresa tra i 7 e i 14 anni e con quella di coetanei europei che si trovavano sul luogo per le vacanze. I primi hanno mostrato di poter distinguere oggetti di dimensioni inferiori a 1,5 millimetri, mentre i secondi faticavano a individuare sott’acqua oggetti di dimensioni inferiori ai 3 millimetri. Il risultato, dicono i ricercatori, può essere spiegato con la capacità dei bambini Moken di contrarre le pupille in maniera maggiore di quanto riscontrato negli europei. Fenomeno che si accompagnerebbe anche a un maggior potere di accomodamento delle lenti cristalline degli indigeni che riescono così a deviare la luce entrante e a mettere a fuoco le immagini sottacqua. Rimane ancora da chiarire se questa capacità abbia un’origine genetica o acquisita. (s.p.)