La terza settimana, dedicata agli esperimenti di biologia marina, è stata quella che ci ha dato più soddisfazioni. Non che di esperimenti non se ne siano compiuti anche prima e dopo, ma durante questi sette giorni sono stati prelevati i campioni più importanti ed è avvenuta la scoperta di nuovi siti, dove in futuro poter eseguire altri esperimenti.
Monika Bright, professoressa dell’Università di Vienna, è la giovane responsabile di due tipi di esperimenti. Nel primo vengono raccolti e studiati campioni di specie meiobentiche (organismi le cui dimensioni variano tra 32 micron e 1 millimetro). Questa è la quarta volta che Monika viene a studiare organismi di questa zona, ed è quindi una veterana di queste popolazioni. Ma questa volta la ricercatrice è interessata a osservare quali siano state le conseguenze su questi organismi dell’esplosione vulcanica avvenuta una decina di mesi fa. Per farlo ha prelevato campioni da superfici naturali, in genere lava, in varie località della dorale est-pacifica, dove sono diverse sia la composizione chimica dei fondali e sia le temperature, e da superfici artificiali, che in genere consistono in “trappole” per questi microorganismi. Si tratta di semplici spugne di plastica per pulire le pentole di metallo: gli interstizi costituiscono una comoda tana per organismi come l’Alvinella pompejana, la Riftia pachyptila, la Tevnia jerichonana.
Nel secondo esperimento, la Bright e le sue tre dottorande, Sabine Gollner, Sigrid Katz e Bettina Pflugfelder, vogliono studiare i processi di infezione e la crescita delle cellule infette nella Riftia pachyptila (i famosi vermi giganti). I campioni prelevati quotidianamente dalle braccia di Alvin vengono messi sotto formalina o composti chimici simili che ne consentono la conservazione e verranno studiati a fondo al ritorno in Austria, nel laboratorio della Bright e da alcuni genetisti, sempre dell’Università di Vienna. È quindi ancora troppo presto, per poter stabilire quali siano i risultati di questa ricerca. Per il momento, l’unica scoperta degna di nota è che l’eruzione vulcanica, sebbene abbia ucciso quasi tutta la fauna locale, non ha però prevenuto la ricrescita di nuovi organismi. Inoltre, Monika e io abbiamo trovato, durante la nostra immersione due nuovi siti contigui dove sono presenti una sorta di materassi bianchi, strutture formate da batteri capaci di utilizzare i composti chimici emessi dai geyser idrotermali per produrre composti organici o cibo. Si tratta quindi di centri potenziali per la creazione e lo sviluppo di nuove popolazioni idrotermali, e potrebbero essere utili come sedi di nuovi esperimenti. Monika ha scelto per loro il nomignolo di “2in1”, perché si tratta di due siti separati solamente da una sorta di muretto di lava.
Lauren Mullineaux del Whoi e le sue tre collaboratrici, la dottoranda Carly Strasser e le ricercatrici Stace Beaulieu e Irene Garcia Berdeal, invece, studiano la distribuzione verticale e trasversale delle larve di varie specie in specifiche località della dorsale est-pacifica e la loro variazione temporale. Un esperimento che viene eseguito in due modi: nel primo caso, grazie a delle pompe che, calate dalla nave e posizionate immediatamente sopra il fondale marino dal sottomarino durante le sue operazioni diurne, catturano le larve. Operazione che viene ripetuta in diversi siti della dorsale e che permette di ottenere informazioni su un periodo temporale di 24 ore. Nel secondo caso, invece, per avere informazioni riguarda a periodi più lunghi, delle specie di “sandwhich” – dove le larve si depositano – vengono rilasciati costantemente, durante diverse spedizioni. Mentre eravamo lì, il gruppo di ricerca ha prelevato dei sandwich che erano stati lasciati sul fondo dell’oceano il giugno precedente, ma ne ha anche lasciati degli altri che verranno prelevati durante la seconda parte di questa spedizione, che si terrà dall’11 dicembre 2006 al 5 di gennaio 2007.
Durante questa prima fase di Ladder, oltre agli scienziati che hanno progettato la spedizione, due giovani scienziate sono state invitate a prendere parte della spedizione come ospiti. Infatti, la nave Atlantis è abbastanza grande da contenere sei laboratori, e si è pensato che ci fosse abbastanza spazio per poter dare la possibilità a queste due giovani ricercatrici di poter compiere esperimenti, dovendo pagare solo le spese di spedizione degli strumenti e quelle personali e non, come per tutti gli altri, anche quelli esorbitanti di “affitto” dell’Atlantis e di immersione di Alvin.
È così che Florence Pradillon, post-doc dell’Università Pierre e Marie Curie di Parigi ha potuto compiere le sue ricerche sugli stadi iniziali e lo sviluppo di uno degli organismi pionieri delle comunità delle sorgenti idrotermali, l’Alvinella pompejana. Lo scopo è quello di capire come la variazione di parametri fisico-chimici possa influire sulla vita embrionica e sullo stadio larvale dell’Alvinella. E che conseguenze ciò potrebbe avere sulla dispersione delle larve e sulla successiva colonizzazione di altri siti.
Infine, Shannon Williamson, ricercatrice del J. Craig Venter Institute, incinta di cinque mesi al momento della partenza, nonché moglie di Gavin Eppard, uno dei piloti dell’Alvin, ha iniziato un progetto particolarmente ambizioso: analizzare e archiviare grandi volumi d’acqua diffusa nelle sorgenti idrotermali grazie a un campionatore posto su una sorta di ascensore ancorato sui fondali marini dall’Alvin. L’acqua raccolta è stata filtrarla attraverso una successione di filtri che via via hanno ridotto la dimensione delle particelle contenute nei campioni, fino a un minimo di 0.1 micron. In questo modo, il campione finale dovrebbe essere sufficiente ad analizzare completamente la sequenza del Dna delle varie specie di procarioti e virus collezionati. Una volta tornata al J. Craig Venter Institute, Shannon prevedere di tradurre e catalogare almeno 20.000 sequenze di Dna, che saranno assemblate nei laboratori Celera. Un obiettivo che si raggiungerà dopo la nascita di Ethan, il bambino di Shannon e Gavin, che dovrebbe vedere la luce agli inizi di febbraio.