Non più solo consumatori ma anche produttori e, perché no, “distributori” . È la nuova frontiera della produzione di energia elettrica che sta prendendo piede anche in Italia, seppur lentamente rispetto ad altri paesi europei. Parliamo della microgenerazione diffusa: singole abitazioni, gruppi di case o di industrie, terziario (ospedali, centri sportivi ecc), che adottano le fonti rinnovabili ottenendo il duplice vantaggio di risparmiare in bolletta e rendersi energeticamente autonomi. Non solo, anche di centrare l’obiettivo del 20-20-20 imposto dall’Unione europea, cioè il raggiungimento entro il 2020 del 20 per cento della produzione energetica da fonti rinnovabili, del miglioramento del 20 per cento dell’efficienza e del taglio del 20 per cento nelle emissioni di anidride carbonica. Che per l’Italia si traduce in una riduzione del 13 per cento di emissioni di C02 e l’aumento del 17 per cento dei consumi energetici da fonti rinnovabili rispetto al 2005.
La voce principale di questa rivoluzione è il solare fotovoltaico. Questa tecnologia permette di trasformare la radiazione solare in energia elettrica sfruttando le proprietà di alcuni materiali, tra cui il silicio, un elemento semiconduttore molto usato nei dispositivi elettronici. Gli impianti fotovoltaici sono cresciuti nel mondo in media al ritmo del 40 per cento all’anno negli ultimi cinque anni e, secondo le proiezioni dell’European Photovoltaic Industry Association (Epia), nel 2030 questa tecnologia arriverà a coprire il 9,4 per cento della produzione globale di elettricità. I dati di un recente studio di Photon Consulting dicono che l’Italia sarà il sesto mercato fotovoltaico entro la fine del decennio con una capacità installata di 1.500 MW, superato solo da Germania (6.508 MW), California (3.065), Nord America (1.780), Spagna (2.400) e Giappone (1.600). Ciò significa che entro il 2010 la capacità globale installata arriverà a 23 GW. Potenzialmente si stima che il fotovoltaico integrato negli edifici in Italia potrebbe produrre fino a circa 126 TWh/anno (il 38 per cento dei consumi elettrici relativi all’anno 2005 che sono stati pari a 329 TWh).
Un decisivo impulso a questo mercato in Italia è stato dato dal Conto Energia, istituito con decreto legge 387/2003 nel 2005 e modificato poi nel febbraio 2007, che introduce la possibilità di usufruire, una volta realizzato un impianto fotovoltaico, di incentivi che verranno erogati appunto in conto energia: il cittadino affronta autonomamente la spesa di installazione, salvo poi rientrare dell’investimento cedendo l’energia elettrica prodotta al Gestore dei Servizi Elettrici (Gse) a una tariffa agevolata. “Lo stato si impegna a riconoscere per 20 anni al proprietario di un impianto fotovoltaico delle tariffe che vanno da 0,36 euro a 0,49 euro per kWh a seconda dell’integrazione architettonica e della taglia dell’impianto”, spiega Luca Rubini, docente del dipartimento di Meccanica ed Aeronautica dell’Università “Sapienza” di Roma e consigliere di Ises Italia. “Queste tariffe si applicano a tutta l’energia prodotta, indipendentemente dalla sua vendita o consumo”.
Immaginiamo che un cittadino installi sulla propria abitazione un impianto da 3 kW parzialmente integrato architettonicamente: spenderà circa 20 mila euro e riceverà dal Gse un pagamento annuale di 0,44 euro per ogni kWh prodotto. Un impianto del genere produce 3500 kWh, quindi facendo il calcolo, l’utente riceverà 1540 euro l’anno. Cosa succede invece con la bolletta? Un cittadino, che in genere di giorno lavora, non può consumare l’energia che il suo impianto produce durante la giornata. Si crea quindi un esubero di energia, che l’utente può cedere alla rete e poi riprendere quando gli serve, per esempio quando torna a casa la sera. Questo meccanismo è definito “scambio sul posto” ed è praticato per gli impianti tra 1 e 20 kWp dimensionati in base ai consumi. In questo caso, la rete funge da serbatoio, dove l’utente può ‘appoggiare’ l’energia prodotta e riprenderla quando gli serve. Il distributore effettua un calcolo tra la quantità immessa in rete e quella prelevata in un anno: se il consumo è stato di 3500 kWh e l’impianto produce 3500 kWh, allora la bolletta si azzera. In poche parole, l’energia usata è gratuita, così oltre al guadagno dell’incentivo c’è il risparmio, che per un impianto del genere è 0,17 centesimi di euro per kWh. Nel caso in cui si consumi più di quanto si produce, si paga in bolletta la sola differenza. Se il saldo è positivo, invece, cioè la produzione è superiore al consumo, il distributore elettrico mette a credito per l’anno successivo l’energia in più (credito che vale per tre anni).
C’è anche una secondo meccanismo di connessione al distributore elettrico, definito “cessione alla rete” (vendita), consigliato per gli impianti superiori ai 20 kW, per esempio quelli di una grossa azienda. In questo caso, infatti, la produzione sarà sempre molto superiore al consumo e fare lo scambio sul posto significherebbe perdere la convenienza. Invece questa opzione permette di vendere tutto al gestore di rete (a un prezzo di circa 0,095 euro per kWh) o al mercato libero. In questo caso, quindi, oltre agli incentivi sull’energia prodotta e consumata, si ricava il guadagno della vendita dell’energia.
Qualunque sia il meccanismo scelto, sommando incentivi e il risparmio in bolletta (con lo scambio sul posto) o la vendita (con la cessione alla rete), considerando il costo iniziale di un impianto, dopo 8-13 anni è possibile recuperare l’investimento iniziale e da lì in poi guadagnarci. Sono molti, infatti, gli italiani che hanno fiutato la convenienza. Secondo i dati Gse, la potenza installata degli impianti fotovoltaici attraverso il Conto Energia ha raggiunto oltre 100 MW su tutto il territorio nazionale. Diecimila gli impianti entrati in esercizio, tra vecchio e nuovo conto energia, dei quali 4.836 sono di piccolo taglia (compresi tra 1 e 3 kW), 4.260 medi (compresi tra 3 e 20 kW) e 645 grandi (superiori a 20 kW). Le regioni con una maggiore potenza installata sono Lombardia (12 MW), Puglia (11 Mw) e Trentino Alto Adige (10 MW). Solo tre regioni, la Valle D’Aosta, il Molise e la Liguria, non hanno ancora installato la potenza di 1 MW. Da quanto è attivo il sistema il Gse ha riconosciuto 20 milioni di euro in incentivi.
“Il Conto Energia ha dato grande impulso al fotovoltaico, soprattutto nell’ultimo anno”, continua Rubini. “E’ vero che in Italia la produzione di elettricità da fonti rinnovabili non supera il 3 per cento e che il solare in questa percentuale conta solo lo 0,5 contro il 2,1 dell’eolico, ma è una tecnologia che sta prendendo piede. Grazie a queste produzioni in loco la rete elettrica si arricchisce e si potrebbe arrivare a coprire con le rinnovabili il 60 per cento del bisogno energetico delle utenze residenziali. E siccome il residenziale è un terzo del fabbisogno nazionale, con le rinnovabili si coprirebbe il 20 per cento dell’intero fabbisogno del paese”. Una possibilità quindi per cambiare il sistema attuale di approvvigionamento energetico, basato sui combustibili fossili, e abbattere le emissioni di CO2. Non solo: la microgenerazione alleggerisce anche la rete elettrica limitando il rischio di cali di tensione e black out.
Non mancano dei punti critici. Prima di tutto un problema di disponibilità di pannelli. “Gli investitori dell’industria del silicio non riescono a far fronte alla domanda che è superiore all’offerta, per questo i prezzi non scendono come invece potrebbero”, conclude Rubini. “Per non parlare della resistenza che troppo spesso il fotovoltaico ancora incontra nel nostro paese perché considerato impattante”. E poi le lungaggini burocratiche e una rete elettrica ancora instabile e non pronta a reggere la bidirezionalità della produzione. “Una volta installato l’impianto c’è il collaudo da parte della società e solo dopo si può fare richiesta al Gse per il riconoscimento degli incentivi. Ma a volte la società distributrice tarda a fare il collaudo”, spiega Mauro Gaggiotti della cooperativa EconomEtica. “Da quando si firma l’offerta a quando viene allacciato l’impianto possono passare dei mesi e il cittadino perde tempo utile per rientrare della spesa sostenuta attraverso il sistema degli incentivi”.