Sembra aver dato risultati incoraggianti una delle prime sperimentazioni della terapia genica per l’anemia mediterranea (o beta-talassemia), una malattia genetica del sangue. In un articolo pubblicato su Nature, un gruppo di ricerca coordinato da Marina Gavazzano-Calvo dll’Università di Paris-Descartes, in Francia, riporta i dati di un test clinico condotto su un giovane: modificando i globuli rossi del paziente attraverso l’inserimento di geni funzionali, l’anemia si sarebbe arrestata.
La malattia consiste nell’incapacità di sintetizzare in modo corretto le beta-globine, componenti strutturali dell’emoglobina (la proteina dei globuli rossi del sangue cui si lega l’ossigeno). Questa incapacità causa la degenerazione dei globuli rossi stessi e la conseguente anemia. Questo tipo di anemia è causata da mutazioni in due geni localizzati sul cromosoma 11 ed è chiamata mediterranea perché si manifesta soprattutto nei paesi della nostra area (in Italia colpisce il 9-14 per cento della popolazione).
Attualmente, l’anemia si cura con trasfusioni e trapianti di midollo osseo, da cui provengono le cellule progenitrici dei globuli rossi (HSCs). Ma le trasfusioni devono essere frequenti, e i trapianti dipendono dalla disponibilità di un donatore. L’alternativa proposta da Gavazzano-Calvo è di puntare sulla terapia genica: inserire nel Dna delle HSCs geni che sintetizzino correttamente le beta-globine. In questo modo, il malato produrrebbe da sé la forma corretta dell’emoglobina. Il problema è trovare un buon vettore di Dna, cioè un organismo “equipaggiato” dei geni desiderati che penetri nelle HSCs, avviando la sintesi delle beta-globine. I primi test clinici si servivano dei retrovirus come vettori. Tuttavia, una volta integrati nel genoma cellulare, i virus attivavano anche la sintesi di oncogeni.
Nel nuovo studio, li ricercatori hanno scelto come vettore un lentivirus (tipo di retrovirus responsabile della trasmissione dell’HIV). La terapia, sperimentata su un diciottenne, ha dato risultati sorprendenti: i globuli rossi geneticamente modificati si sono riprodotti velocemente e, dopo 33 mesi, erano l’11 per cento del totale. Grazie a questo, il paziente ha abbandonato le trasfusioni da cui dipendeva dall’infanzia.
Va sottolineato, tuttavia, che i risultati definitivi sono incerti: i ricercatori avvertono che il lentivirus ha amplificato la sintesi di una proteina legata all’espressione di oncogeni. Anche se non è stata riscontrata alcuna malignità, solo il tempo e nuovi test clinici proveranno l’efficacia e soprattutto la sicurezza della nuova terapia.
Riferimenti: Nature doi:10.1038/nature09328
Sarebbe giusto che più pazienti, ma non solo quelli che hanno l’anemia mediterranea, si mettessssero a disposizione della scienza per studiare le malattie, se lo facessero più persone prima o poi si arriverà a capire perchè ci ammaliamo. Spero che gli Stati Europei diano i soldi per la ricerca delle malattie, ce ne sono di più di quelle che pensiamo.