Le trivelle della compagnia petrolifera Audax Energy sono in azione al largo di Pantelleria. Proprio lì dove, dal 2007, è prevista la nascita del Santuario marino per i cetacei del Canale di Sicilia. Dopo tre anni dall’accordo tra Italia e Malta, non solo dell’area protetta non c’è traccia, ma nuove perforazioni mettono in pericolo la salute di tutto il Mediterraneo, anche a causa della natura geologica del fondale perforato.
I rischi
A confermare la pericolosità del sito è Rocco Savara dell’Istituto Nazionale di Vulcanologia e Geologia. “Stiamo parlando della zona più a rischio sismico d’Italia”, racconta il ricercatore: “Da Ustica, alle Eolie e dalle Eolie a Malta registriamo anche decine di terremoti al giorno. La gente non li avverte, ma ci sono”. Quello che ci si chiede è se quest’attività sismica possa danneggiare o meno le piattaforme. Non è chiaro: “Bisogna capire se le strutture utilizzate per le trivellazioni possono essere preparate adeguatamente per non subire danni”, avverte Savara.
A preoccupare molto esperti e ambientalisti è quello che accadrebbe al Mar Mediterraneo se si verificasse un incidente come quello della Deepwater Horizon nel Golfo del Messico. “Il Mediterraneo morirebbe”, commenta il ricercatore dell’Ingv: “È un mare malato da tempo e già provato duramente dagli scarichi e dal lavaggio delle petroliere. Un incidente in cui fosse disperso anche un decimo del petrolio sversato nel Golfo del Messico provocherebbe danni molto gravi, perché il Mediterraneo non ha una buona capacità di auto-rigenerazione”. Si tratta infatti di un bacino in costante deficit idrico: ha una temperatura molto elevata, entra acqua ma ne esce pochissima perché evapora e di conseguenza gli inquinanti si concentrano.
“Il pericolo di un incidente c’è sempre”, ribadisce Luigi Alcaro Coordinatore del Servizio emergenze ambientali in mare dell’Ispra (Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale), “soprattutto quando si effettua la prima perforazione, perché le misure di sicurezza vengono poste in un secondo momento. È importante che lo stato controlli che tutto venga fatto secondo quanto prescritto in fase di autorizzazione. Ma i controlli spesso rimangono sulla carta. Il Ministero delle attività produttive, che dà le prescrizioni, e il Ministero dell’ambiente dovrebbero verificare il rispetto delle delle misure di sicurezza”. Tuttavia, il rischio di rivivere l’incubo della Bp sarebbe remoto: “Le trivellazioni nel Mediterraneo vengono fatte dove il fondale è profondo al massimo 150- 200 metri”, spiega ancora Alcaro, “mentre i problemi della Bp erano sorti per l’enorme pressione dell’acqua alla profondità di 1.500 metri dove, tra l’altro, si può intervenire solo con strumentazione robotizzata estremamente costosa e con enormi difficoltà tecniche. Da noi, un’eventuale falla può essere riparata dai subacquei e non necessita tecnologie ad hoc”.
Le trivellazioni
La Audax, a quanto si legge sul sito della compagnia, ha cominciato le trivellazioni esplorative poco più di un mese fa, il 2 agosto scorso, a 13 miglia dall’isola siciliana. “Le concessioni alla società australiana sono state firmate dall’allora ministro Scajola, anche se in contrasto con il Ministero dell’Ambiente”, spiega Carmelo Nicoloso, coordinatore per la Sicilia e il Mezzogiorno del Comitato Parchi Italia. Proprio il Ministero dell’ambiente, lo scorso agosto, ha inasprito le norme in vigore: sono vietate le trivellazioni per ogni tipo di idrocarburi in Aree Marine Protette nazionali e regionali fino a una a 12 miglia dalla costa (distanza inferiore a quella dell’impianto australiano). Inoltre non sono permesse attività di ricerca ed estrazione di petrolio entro le 5 miglia dalla costa lungo l’intero perimetro nazionale. Tuttavia, le nuove norme non si applicano alle autorizzazioni già concesse: 66 per l’estrazione petrolifera offshore con pozzi già attivi più 24 per l’esplorazione offshore in Abruzzo, Marche, Puglia e nel Canale di Sicilia.
Il santuario mai realizzato
La situazione siciliana è poi complicata dal mistero del santuario dei cetacei. Il protocollo di intesa tra Italia, Malta e Tunisia per la formazione di questa area protetta era stato firmato dall’allora ministro dell’ambiente Alfonso Pecoraro Scanio il 20 novembre del 2007 e la legge del 29 novembre successivo concedeva al Ministero la somma di 20 milioni di euro per l’attuazione dei programmi di intervento per le aree potette, per la difesa del mare e per la tutela della biodiversità nel Canale di Sicilia. Da allora non se ne ha più traccia: “Sappiamo che anche la Tunisia ha firmato e che avrebbe dovuto farlo anche Malta, ma che fine abbia fatto l’accordo e cosa sia successo dei soldi – se sono stati stanziati o meno ed eventualmente per cosa siano stati utilizzati – non se ne ha idea”, denuncia Nicosio. Anche dal Ministero dell’Ambiente tutto tace. Chi non tace sono invece quei siculi che, dopo tante proteste culminate nel “No trivella day” lo scorso 25 agosto proprio a Pantelleria, hanno costituito la rete dei Comitati Notriv Siciliani.
La piattaforma petrolifera ulilizzata dall’ADX sul sito “Lambouka-1” a poco più 13 miglia da Pantelleria in acque tunisine, ha iniziato le sue trivellazioni di ricerca u un fondale di 600 metri raggiungendo la profondità massima di 2786 metri, ecindividuando due due zone idonee allo sfruttamento. Lo riporta nei suoi ultimi comunicati settimanali sull’andamento dei lavori la stessa società, la quale, terminate le operazioni di ricerca, è ora in fase di smobilitazione in attesa di decidere in merito alle successive operazioni di sfruttamento dei giacimenti rinvenuti.