Quando arrivò in Africa nel 1957, nessuno avrebbe immaginato come sarebbe andata a finire. Eppure, la sua passione per gli animali ha rivoluzionato il mondo degli studi etologici, nel metodo quanto nelle scoperte. Stiamo parlando di Jane Goodall, un’icona del mondo dell’etologia: donna in un’epoca storica in cui le donne non erano ben viste negli ambienti accademici, giovane in un paese ostile come l’Africa, priva di qualsiasi formazione specifica sull’argomento. Eppure, i suoi pionieristici studi sugli scimpanzé gettarono le basi per la futura ricerca sul comportamento animale.
Per premiare il lavoro di questa formidabile donna e il suo impegno in difesa dei diritti umani e animali, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha deciso di conferirle l’Onore al merito di Grande Ufficiale della Repubblica Italiana, uno dei più alti riconoscimenti concessi dal nostro Paese a personalità del mondo politico e culturale. L’onorificenza sarà consegnata questa sera (giovedì 24 novembre) a Villa Wolkonsky, residenza dell’ambasciatore britannico a Roma.
Per l’occasione, Jane Goodall sarà protagonista di una tre giorni di eventi e incontri organizzata tra Roma, Milano e Napoli dal Jane Goodall Institute Italia, l’associazione che in suo nome porta avanti progetti di cooperazione allo sviluppo, tutela dell’ambiente, educazione ambientale e interculturale sia in Italia sia in Africa. A Milano, presso Palazzo Serbelloni, è stata organizzata una mostra dedicata ai suoi 50 anni di ricerche sugli scimpanzé nel Parco Nazionale di Gombe in Tanzania, la sua patria adottiva nel lavoro come nella vita. Tutto iniziò da lì quando, arrivata su invito di un’amica, Jane Goodall conobbe Louis Leakey, il famoso paleontologo e antropologo che lei stessa ha definito “una leggenda vivente”.
“Uno dei suoi interessi era lo studio del comportamento dei mammiferi più vicini all’essere umano, a cominciare dagli scimpanzé, per derivare il percorso evolutivo umano, per capire come si potessero essere comportati i nostri predecessori. Per questo cercava un’assistente. Mi fece tantissime domande sull’Africa. Per Leakey avevo una qualità importante: ero informata, non ero un paleontologo di professione, il che assicurava una mente aperta. Il mio entusiasmo e la mia passione lo convinsero a propormi di collaborare con lui”, ha raccontato Jane. Così è iniziata l’avventura della Goodall, la prima a chiamare gli animali che studiava con nomi e non con numeri, senza per questo sacrificare il rigore dell’osservazione e della raccolta dati.
Le sue ricerche hanno svelato i segreti del mondo degli scimpanzé, dall’organizzazione sociale alla capacità di fabbricare e utilizzare utensili per procacciarsi il cibo, abilità sino ad allora considerata di esclusiva prerogativa umana. Per rivivere gli anni della sua vita africana, ecco una selezione delle fotografie esposte nella mostra di Milano. Si tratta delle immagini di archivio più preziose collezionate dal Jane Goodall Institute, che immortalano la scienziata nella foresta di Gombe all’inizio delle sue ricerche sugli scimpanzé. Una curiosità. Alcuni scatti portano la firma del primo marito della Goodall, Hugo van Lawick, padre della fotografia naturalistica scomparso nel 2002.
Via Wired.it